27 Luglio 2024 - 07:32

Freni (MEF): “Giochi, la riduzione dell’illegalità contribuirà a ridurre i disturbi da gioco”

“Dobbiamo garantire che il comparto del gioco viva e prosperi nella legalità e nella tutela del cittadino a 360 gradi e da qui l’attenzione particolare alla distorsione ludopatica. Non possiamo

11 Marzo 2022

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“Dobbiamo garantire che il comparto del gioco viva e prosperi nella legalità e nella tutela del cittadino a 360 gradi e da qui l’attenzione particolare alla distorsione ludopatica. Non possiamo però nemmeno immaginare che ogni Regione possa avere una legge radicalmente diversa rispetto ad un’altra e che ogni Comune possa fissare distanze diverse dai luoghi sensibili per la collocazione di punti gioco. Dobbiamo pensare a un impatto regolatorio omogeneo… Gli accordi del 2017 siglati in Conferenza Stato-Regioni” saranno “un punto di partenza: con il ministro Gelmini valuteremo al momento debito i punti di approdo e sottoporremo alla Conferenza Stato-Regioni una proposta che discuteremo poi in sede di Conferenza unificata. È chiaro inoltre che deve esserci – sono d’accordo – la libertà del Comune, della Provincia e della Regione di tutelare i propri cittadini da qualsiasi distorsione, tra cui il disturbo da gioco d’azzardo. Tuttavia, lo Stato deve comunque garantire un’omogeneità della normativa a livello nazionale, il che non vuol dire eliminare il potere dei Comuni e delle Regioni”.

Così il sottosegretario con delega ai giochi Federico Freni in occasione dell’audizione tenuta presso la Commissione di inchiesta sul gioco illegale e sulle disfunzioni del gioco pubblico il cui documento è stato oggi pubblicato in maniera integrale.



Riportiamo quindi la relazione del Sottosegretario di seguito:

“Nel giro di assestamento che abbiamo fatto un dato è emerso con ineludibile chiarezza: se c’è un cancro che sta corrompendo il mondo del gioco e che da esso va estirpato è quello dell’illegalità. Tutte le linee di riforma che si possono immaginare sul gioco non possono quindi prescindere dalla valutazione compiuta del fenomeno e degli strumenti a disposizione del Parlamento e del Governo per estirparlo.

Insieme all’illegalità considero ovviamente anche la ludopatia, perché se l’illegalità è un problema manifesto, la ludopatia, quanto meno nella sua formulazione immediata, è forse meno evidente ma è un problema altrettanto grave che, a differenza dell’illegalità, non attiene alla qualità della regolazione, ma alla qualità della vita dei giocatori. È un tema, dunque, che tutti noi dobbiamo considerare seriamente, alla pari di quello dell’illegalità, nell’elaborazione di linee di sviluppo e di tendenza della normativa che possano garantire al contempo al settore del gioco, ai giocatori e allo Stato la tutela di tre cardini:

  • al settore del gioco una regolazione omogenea;
  • ai giocatori un gioco sicuro, esente anche da derive ludopatiche;
  • allo Stato, infine, un flusso di entrate erariali analogo a quello attuale.

Questi sono i tre punti di partenza che credo debbano informare qualsiasi tipo di regolazione.

Devo dire che lo stato dell’arte oggi non è particolarmente felice sotto nessuno dei tre punti di vista. Forse l’unico profilo al quale si può guardare con cauto ottimismo è quello del gettito erariale, visto che il gettito che deriva dal comparto è molto alto e in tendenziale crescita. Ad uno sguardo superficiale ciò potrebbe indicare un particolare stato di salute del settore; in realtà non è così. Il gettito erariale è in tendenziale crescita, ma questo non indica uno stato di salute del comparto, bensì una propensione crescente al gioco da parte dei cittadini, a fronte della quale dobbiamo pensare che abbiamo il dovere non solo di aumentare il livello di qualità della regolazione, ma anche di aumentare la soglia di vigilanza di tutte quelle distorsioni – tutte le derive, appunto, verso l’illegalità e la ludopatia – che pregiudicano la sana fruizione e il sano svolgimento del gioco.

Dal punto di vista strettamente normativo, il settore soffre un’impostazione, che risale al 2016, di continue proroghe delle concessioni, fino ad oggi fondamentalmente annuali, con la sostanziale impossibilità di svolgere le gare per il rinnovo delle concessioni. A questo sistema vorremmo porre fine, per due ragioni: innanzitutto, continuare con il sistema delle proroghe, con cadenza annuale, non garantisce la celebrazione di gare. Celebrare una gara in materia di gioco non è qualcosa di semplice: c’è un’attività amministrativa molto strutturata dietro, che coinvolge più soggetti (dal MEF all’Agenzia delle dogane e dei monopoli); c’è il parere obbligatorio del Consiglio di Stato sul bando di gara; c’è lo svolgimento della gara; c’è da considerare una fisiologica fase di contenzioso. In altri termini, una gara nel settore del gioco non porta via mai meno di un anno e mezzo. È inimmaginabile, a legislazione vigente, pensare che, bandita la gara, la si possa aggiudicare in tempi brevi.

D’altro canto, bandire le gare è per noi garanzia di presidio della concorrenza – e mi sembra qualcosa di ineludibile per tutti – e di aggiudicazione di quella procedura a condizioni di mercato, che equivalgono a condizioni migliorative per lo Stato. Lo svolgimento delle gare è dunque certamente nel primario interesse dello Stato.

Dobbiamo inoltre considerare che la pandemia ci ha lasciato un terreno bombardato. Immaginate di volere entrare in una casa bombardata dopo la guerra: magari i muri maestri sono rimasti in piedi, ma certamente la camera da letto non sarà accogliente come quando l’avete lasciata. Prima di entrare in camera da letto allora – quindi prima di celebrare le gare – dobbiamo ricostruire la casa, o quanto meno consentire alla casa di essere accogliente per poter dormire tranquilli. Continuando con la nostra metafora, consentire alla casa di essere accogliente vuol dire garantire al settore un livello di qualità della regolazione adeguato non dico agli standard americani o inglesi, che sono molto più alti dei nostri, ma agli standard europei, ed un sistema di regolazione adeguato agli standard europei non è quello che abbiamo attualmente.

Il nostro sistema di regolazione del gioco è eterogeneo e frastagliato, parte da competenze nazionali e arriva a competenze regionali e finanche comunali. Il sistema è improntato alla tutela del giocatore rispetto a fenomeni distorsivi come quelli della ludopatia, così come è improntato certamente alla tutela delle entrate erariali. Tuttavia, per come immaginato fino ad oggi, il sistema concessorio ha dimostrato in questi anni tutta la sua fragilità che è stata aggravata dalla pandemia. Le statistiche, infatti, ci dicono che in pandemia il gioco è aumentato; ad aumentare, però, non è stato il gioco sano ma quello illegale e questo non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo concederlo.

Il senso della nostra attività, infatti – nostra come Ministero e vostra come Commissione -, è quello di garantire che il comparto viva e prosperi nella legalità e nella tutela del cittadino a 360 gradi e da qui l’attenzione particolare alla distorsione ludopatica. Non possiamo però nemmeno immaginare che ogni Regione possa avere una legge radicalmente diversa rispetto ad un’altra e che ogni Comune possa fissare distanze diverse dai luoghi sensibili per la collocazione di punti gioco. Dobbiamo pensare a un impatto regolatorio omogeneo.

Dovremo trovare in Conferenza Stato-Regioni una quadra che consenta agli operatori del gioco di pianificare l’attività secondo parametri omogenei, il che non vuol dire che sia più giusta la legge regionale lombarda, piemontese, veneta o del Lazio o che si debba preferire l’uno o l’altro modello. Certo è, però, che lo Stato deve garantire al sistema gioco una regolazione omogenea; e qui torno al discorso della qualità della regolazione. Sta a noi trovare la quadratura tra i modelli, ma non possiamo certamente consentire che ci siano Regioni o Comuni in cui il gioco viene gestito in modo radicalmente diverso rispetto ad altri, anche perché credo che non vogliamo creare delle enclave del gioco, delle città-gioco come Las Vegas, desertificando il resto del territorio nazionale.

Questo sarà un tema che andrà valutato compiutamente dal Parlamento nella prima occasione utile che, per quanto mi riguarda, sarà quella del confronto sulla legge delega. Come sapete, ormai da molti anni tra i collegati (inattuati) alla legge di bilancio c’è la legge delega sul riassetto del gioco. Quest’anno vorremmo riuscire a portare all’attenzione del Consiglio dei ministri – e quindi all’attenzione del Parlamento in un momento successivo – come collegato alla legge di bilancio una legge delega di riassetto del sistema del gioco. Vorremmo finalmente mettere un punto per riassestare completamente questo mondo e, come mi è capitato di dire in un’altra occasione, la linea guida è un po’ quella delle autostrade. Mi sembra pacifico che in autostrada ci andiamo tutti, anche se ci sono gli incidenti stradali; anzi, la mortalità negli incidenti che si verificano in autostrada è certamente superiore alla mortalità di quelli che avvengono in città. Potremmo quindi dire serenamente che in autostrada si rischia di morire, ma non per questo penseremmo di chiudere le autostrade. Semplicemente abbiamo creato un sistema di regole (dai limiti di velocità agli airbag, all’obbligo di attivare la freccia per spostarsi di corsia e via discorrendo) che ci consente di evitare di morire in incidenti autostradali, anzi, che ci consentirebbe in astratto, ove fosse applicato alla perfezione, di evitare incidenti in autostrada.

Rimanendo nella metafora, non si tratta di chiudere l’autostrada, ma di costruire regole che ci consentano di spostarci con tranquillità. È pacifico che in autostrada si muore, così come è pacifico che nel mondo del gioco c’è un grande tasso di illegalità e che ci sia un grave problema di ludopatia, ma la soluzione non è chiudere il comparto o demonizzarlo, ma regolarlo in modo fermo, definito e, aggiungo, definitivo. La soluzione è mettere fine a regolazioni episodiche che durano l’espace d’un matin per dare soddisfazione a questo o a quell’operatore. L’obiettivo è una regolazione che sia finalmente stabile e che consenta agli operatori – anche stranieri – di accedere al mercato italiano in condizioni di parità e di stabilità, perché chi viene a lavorare in Italia in un qualsiasi mercato, compreso quello del gioco, deve poter contare su un assetto regolatorio definito che non sia all’arbitrio annuale del legislatore, com’è oggi.

Tutto questo, contenuto in una legge delega alla quale, ripeto, il MEF sta lavorando e che speriamo possa essere pronta entro il mese di novembre, si dovrà unire a un sistema di proroghe, perché svolgere delle gare in attesa della sistemazione della materia sarebbe poco opportuno. Fare delle gare oggi, in attesa di riorganizzare il sistema, comporterebbe una perdita di gettito, perché il riassetto sarà ovviamente a condizioni più vantaggiose per lo Stato e dunque celebrare una gara oggi porterebbe un’entrata erariale inferiore.

La gara correrebbe inoltre il rischio di andare deserta, perché nessun operatore vorrebbe partecipare sapendo che il settore è prossimo ad un riordinamento complessivo e che quindi la gara potrebbe non rispecchiare più l’assetto del sistema. Infine, impostare un discorso simile vorrebbe dire comunque garantire delle proroghe che consentano di fondare il sistema di riassetto. Personalmente sono dell’idea che la proroga migliore sarebbe biennale o triennale, ma credo che ciò non sarà possibile per esigenze di bilancio. Il bilancio dello Stato è concepito infatti in modo tale per cui una proroga poliennale risulta particolarmente complicata. Stiamo ragionando, insieme alla Ragioneria generale dello Stato e agli Uffici legislativi, su come immaginare un sistema di proroghe per i prossimi anni. Certo è – e concludo – che proroghe vi saranno, ma che le proroghe, credo per la prima volta, non saranno più fini a loro stesse, né saranno più funzionali a concedere una boccata d’ossigeno per poi tornare sott’acqua, ma saranno funzionali a garantire il riordino. Per questo vorremmo far partire la legge delega prima delle proroghe e condizionare in qualche modo la proroga al riassetto del sistema. La proroga in quanto tale, infatti, non è utile a nessuno: né all’operatore, né allo Stato, né al mercato.

Vi è poi un tema sensibilissimo di affidamenti bancari per quanto riguarda gli operatori, i quali, con concessione in scadenza al 31 dicembre, si trovano il 20 novembre con la banca che gli chiede se al 1° gennaio saranno concessionari. Essendo la concessione in scadenza e non essendo prorogata, in base alle regole bancarie dal 1° gennaio quell’operatore per l’istituto di credito sarà il signor nessuno per quanto riguarda questo tipo di attività. Quindi anche la pianificazione degli affidamenti bancari per gli operatori è risultata molto complicata, proprio in ragione dell’incertezza circa la durata delle proroghe. Sia chiaro che ci sono concessioni in scadenza al 2025 o al 2028; ovviamente non sono quelle che intendiamo prorogare, perché non hanno bisogno di essere prorogate. Ci sono però concessioni scadute al 30 giugno di quest’anno. Come sapete, l’articolo 103 del cosiddetto decreto Cura Italia prevede che tutti i rapporti concessori in essere che scadono durante lo stato di emergenza sono automaticamente prorogati sino al novantesimo giorno successivo alla cessazione dello stato di emergenza stesso. Ciò vuol dire che, se lo stato d’emergenza finisce il 31 dicembre, tutti i rapporti concessori che scadono durante lo stato di emergenza scadranno il 31 marzo. Il sistema delle proroghe dunque sta andando avanti. Tutto ciò che scadeva a giugno scadrà il 31 marzo. Se sarà prorogato lo stato d’emergenza – non lo so, lo vedremo – ci sarà un’ulteriore proroga derivante da questa norma, ma questo è un problema di cassa. In ogni caso possiamo e dobbiamo fondare un sistema che non garantisca più proroghe fini a se stesse, ma proroghe strutturalmente funzionali al riordino del settore”.

Il Sottosegretario Freni ha quindi risposto alle domande degli esponenti della Commissione:

“Lo Stato – e il settore del gioco non fa eccezione – prima tutela il cittadino e poi, in maniera accessoria, le entrate erariali. È ovvio, quindi, che anche nel settore del gioco non potrà esserci nessuna distorsione rispetto a questo paradigma. Tutte le normative che improntano e impronteranno il settore del gioco sono e saranno dirette alla tutela del cittadino.

Mi scuso anche con il senatore Endrizzi, ma pensavo che disturbo da gioco d’azzardo e ludopatia si potessero riassumere in un unico concetto. Sarò dunque più preciso e parlerò di disturbo da gioco d’azzardo e non quindi di ludopatia, che è un’approssimazione verbale per sintetizzare nel discorso. Prendo comunque volentieri atto dell’osservazione, cercando di essere più preciso quando ne parlerò anche in prossime occasioni pubbliche.

Detto questo, terminerei su quanto affermato dal senatore Mantero per poi proseguire seguendo l’ordine degli interventi. Come abbiamo detto, non ci sono e non ci saranno mai prima le entrate; ci sarà sempre solo e prima il cittadino. Quanto al fatto che il gioco sano non esista, mi permetto di avere delle riserve visto che, come peraltro è stato detto, si tratta di concessioni dello Stato e assumere che una concessione dello Stato sia per il suo solo oggetto malsana vorrebbe dire pensare di abolire il regime concessorio; in ogni caso, non essendo norme alla cui elaborazione ho partecipato, mi limito a prendere atto dello stato dell’arte. Esistono certamente delle gravi distorsioni – ed è stato detto – alle quali bisogna fare fronte seriamente, senza trincerarsi dietro inutili arcaicismi o paraventi di forma. Ripeto, alle distorsioni bisogna fare fronte, ma ciò non significa – per tornare all’esempio – che l’autostrada vada chiusa o il vino buttato.

Riprendo ora l’intervento del Presidente, rispondendo anche a tutti coloro che hanno citato gli accordi del 2017 siglati in Conferenza Stato-Regioni. È scontato che quello deve essere un punto di partenza e lo sarà: con il ministro Gelmini valuteremo al momento debito i punti di approdo e sottoporremo alla Conferenza Stato-Regioni una proposta che discuteremo poi in sede di Conferenza unificata. È chiaro inoltre che deve esserci – sono d’accordo – la libertà del Comune, della Provincia e della Regione di tutelare i propri cittadini da qualsiasi distorsione, tra cui il disturbo da gioco d’azzardo. Tuttavia, lo Stato deve comunque garantire un’omogeneità della normativa a livello nazionale, il che non vuol dire eliminare il potere dei Comuni e delle Regioni, ma inserirlo in una cornice più stabile di quella attuale. I livelli di regolazione e normativi saranno ovviamente garantiti, ma in una cornice che abbia la funzione di assicurarne la stabilità.

La senatrice Minuto ha parlato giustamente della necessità di fare uscire il gioco dal limbo dell’incertezza. Sono d’accordo con lei. Il focus sul disturbo da gioco d’azzardo esiste. Senatrice, lei ha fatto riferimento ai 70 milioni di euro giocati nel corso dell’estate, ma sono molti di più. Il gioco produce un gettito erariale per quasi 17 miliardi l’anno, quindi 70 milioni di euro sono una briciola rispetto al vero impatto del sistema. Sono sicuramente numeri molto alti, dei quali tuttavia non dobbiamo stupirci.

Di certo – e faccio qui un discorso di sistema sul disturbo da gioco d’azzardo – non possiamo ignorare che esistono distorsioni alle quali seriamente, con l’ausilio di questa Commissione, dobbiamo porre strutturale rimedio. Non possiamo portare a casa una normativa di riordino del sistema senza aver tenuto nell’adeguata sacrosanta considerazione tutte le distorsioni che toccano il disturbo da gioco d’azzardo, ma questo non vuol dire rinunciare per ciò solo a regolare il sistema.

Il senatore Pittella, ma non è stato il solo, ha fatto riferimento alla tutela di quanti – e penso appunto alle sale Bingo – siano stati più colpiti dalla pandemia. È pacifico che quello del gioco è un comparto ad alto impatto di gettito – lo abbiamo detto – ma anche quei settori del gioco per i quali così non è (penso al Bingo, che ha un impatto di gettito realmente modesto), si caratterizzano tuttavia per un alto impatto occupazionale. Non c’è dubbio che il Bingo, o comunque il settore del gioco in presenza, sia stato quello più penalizzato dalle norme a tutela della salute nel periodo pandemico.

Attualmente, l’idea allo studio è quella di consentire a questo settore delle proroghe non onerose, così da permettere la compensazione del periodo di chiusura: bisogna infatti considerare che tutti i concessionari del Bingo hanno continuato a pagare il canone concessorio per tutto il tempo della chiusura, per cui dovrà esserci certamente una compensazione. Saranno difficili compensazioni diverse sul PREU, ad esempio, perché problemi di cassa lo renderebbero complicato, ma certamente – e questo posso dirlo senza tema di smentita – nel riassetto e nel sistema delle proroghe si terrà in debita considerazione il fatto che alcune attività come il Bingo sono state chiuse e hanno subito un danno diverso rispetto ad altre.

Quanto ai dati sul gioco illegale, c’è stato un interessante report del centro studi dell’Università LUISS che ha indagato sul gioco illegale – che, se non vado errato, è stato presentato nel mese di luglio di quest’anno e che è stato fonte, tra l’altro, della mia preparazione a questa audizione – che mette in luce come il gioco illegale sia tendenzialmente in aumento. Tuttavia, quando parlo di aumento del gioco illegale, mi riferisco ad un aumento rispetto agli standard nazionali. In Italia abbiamo un’incidenza del gioco illegale che è la più bassa d’Europa; nel resto d’Europa, infatti, il fenomeno del gioco illegale è immensamente superiore.

Noi abbiamo un sistema di controlli telematici, diretti e virtuosi effettuati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli – rispondo così anche ad una delle domande del senatore De Bertoldi – che tutta Europa ci invidia e che consentono in tempo reale di staccare la macchinetta dal sistema e di non consentire più a quella macchinetta di funzionare. Il nostro sistema di verifiche informatiche rispetto al comparto del gioco è tra i più evoluti in Europa. Noi vogliamo potenziare questo sistema nell’ottica di garantire il miglioramento delle condizioni.

Quando parlo di gioco illegale, non mi riferisco soltanto a chi espone al pubblico una macchinetta non registrata presso l’Agenzia delle dogane e dei monopoli e fa giocare; io parlo anche di chi non paga le tasse in Italia, perché per me è gioco illegale anche quello di chi non paga le tasse nel nostro Paese e toglie anche solo un centesimo dalle tasche dei cittadini. Se qualcuno apre una concessione on line – che oggi costa molto poco, troppo poco per quanto mi riguarda, al punto che, se facessimo una colletta, forse con pochi soldi potremmo aprire noi una concessione on line – e si crea 20, 30, 40 o anche 60 skin per concessionario e poi rimbalza su Malta e non paga le tasse in Italia, anche questo per me è gioco illegale, anche se la concessione originaria è legale. Gioco illegale non è soltanto quello di chi attacca la macchinetta al di fuori dei canali dell’Agenzia, sottraendola al controllo e non pagando le tasse. Gioco illegale è quello di chiunque non rispetti tutte le regole che ci sono per il sistema di gioco. Il nostro impegno non può essere circoscritto solo alla punta dell’iceberg; noi dobbiamo andare in profondità, se vogliamo intaccare il problema. Sono convinto infatti – e così chiudo sul fenomeno distorsivo del gioco d’azzardo – che, risolvendo alla radice il problema dell’illegalità del fenomeno, contribuiremo in modo sostanziale a limare tutti i disturbi che derivano dal gioco, perché le statistiche ci dicono che tanto maggiore è l’utilizzo di sistemi non legali di gioco, tanto più grande è l’attrazione di soggetti affetti da questo disturbo. In un sistema ideale, nel quale in assoluto potrebbe non esistere gioco illegale, sarebbero drasticamente ridotti – intendo dell’80 per cento, questo almeno dicono le statistiche – tutti i disturbi da gioco. Dovendo agire a 360 gradi, dobbiamo concentrarci quindi su tutto ciò che è illegalità.

Continuerei su questo punto, perché mi appassiona, ma devo andare avanti, perché ci sono tante altre domande.

Senatore De Bertoldi, lei ha chiesto dei tempi delle proroghe: le proroghe ci saranno, probabilmente saranno annuali o biennali, entro il 31 dicembre, nel contenitore normativo che il Ministro riterrà più opportuno. Non mi esporrò, invece, sulla questione del divieto di pubblicità, perché altrimenti non uscirò vivo, quindi non dirò nulla su questo.

Quanto al fatto di coinvolgere gli operatori nel disturbo da gioco d’azzardo, senza ombra di dubbio; come sempre accade, infatti, le battaglie si vincono se si gioca tutti insieme. Gli operatori non possono pensare di disinteressarsi al contrasto a tutti i disturbi da gioco; anche loro saranno chiamati a dare il loro contributo, tutti. È ovvio che in alcuni settori – penso ancora una volta al Bingo – l’incidenza della ludopatia è minima, perché comunque c’è un presidio fisico, c’è un controllo, mentre altri sono più esposti, come quello del gioco on line: se devo giocare on line a casa mia, ovviamente ho molti meno presidi di tutela. Ciascuno dunque per proprio modo e per proprio conto sarà chiamato a dare il proprio contributo. Non ci sarà segmento di questo comparto – e per segmento intendo anche la Commissione ovviamente, che ritengo parte integrante del comparto – che non sarà chiamato a dare il proprio contributo nella riforma strutturale del settore.

Sul discorso dei ristori per quanto riguarda il Bingo ho già risposto. Quanto agli altri settori, ci sarà qualcosa, ma dobbiamo fare i conti con le esigenze di cassa e francamente, dovendo ristorare qualcuno, preferiremmo dare a chi è stato chiuso e non a chi è stato aperto e ha potuto lavorare, di certo con volumi minori, ma ha comunque potuto proseguire l’attività.

Riguardo ai tempi che ci saranno tra la fase regolatoria e le gare, senatore Cangini, auspicherei che fossero realmente brevi. Per quanto mi riguarda, la fase regolatoria potrebbe chiudersi nel primo semestre del 2022 e le gare essere bandite tranquillamente entro il 2022. Poi, come abbiamo detto in apertura, bandire la gara è un conto, aggiudicarla è altra cosa, perché ci sono dei tempi tecnici e fisiologici. In ogni caso, questo dovrebbe essere il timing che ovviamente, come ben sapete, non è nella stretta disponibilità del Governo, che si fa parte diligente nel proporre la norma, ma i tempi e le modalità di approvazione della norma sono poi rimessi alla sovrana volontà del Parlamento. In ogni caso, calcolando come giorno zero l’approvazione della legge delega, il Governo si impegna in cinque-sei mesi ad adottare i decreti legislativi e dal giorno uno – perciò dall’approvazione del decreto legislativo – credo che le gare si possano bandire in tempi ragionevolmente brevi. Peraltro, con l’Agenzia delle dogane e dei monopoli stiamo mettendo su un sistema per consentire tutto questo. Se vi dovessi dire che cosa vorrei trovare sotto l’albero di Natale del 2022, mi piacerebbe avere le gare bandite: scriverò a Babbo Natale e vedremo se mi esaudirà.

Da ultimo, senatore Lannutti, lo Stato non asseconda il gioco illegale. Lo Stato combatte e combatterà sempre il gioco illegale, così come combatte tutte le distorsioni dal modello legale, perché qualsiasi distorsione che devii il modello da quello che lo Stato ha scelto deve essere combattuta con eguale vigore, ovviamente con maggiore attenzione a quelle distorsioni che pregiudicano la salute dei cittadini, e questo mi sembra scontato.

Quanto al fatto che io conosca il gioco perché sono stato socio di Medugno e di Lauteri, senatore Lannutti, conosco sicuramente Gigi Medugno, che mi ha formato. Magari fossi stato suo socio; ho lasciato il suo studio nel 2015. Lui si occupava di gioco; io non sono mai stato suo socio; non mi sono mai occupato di gioco. Lo conosco, ripeto. Sono onorato di dire che è stato mio maestro e non vedo che cosa ci sia da nascondere”.

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