01 Maggio 2024 - 21:36

Il distanziometro arriva alla CGE, ma è quello spagnolo…

Avv. Sbordoni: “Ci sono molte differenze rispetto all’Italia, ma i principi enunciati dalla Corte varranno ovunque”

27 Novembre 2023

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La Corte di Giustizia europea dovrà decidere se il distanziometro rispetta i principi comunitari, purtroppo però non si tratta di un distanziometro italiano, ma di uno spagnolo. La notizia – che abbiamo riportato alcune settimane fa e approfondito nell’ultima edizione di PressGiochi MAG – però basta a riaccendere le speranze anche qui da noi, vista la scia di polemiche che da anni provoca la restrizione. Anche perché i giudici spagnoli – per la cronaca il Tribunal Superior de Justicia de la Comunidad Valenciana – hanno preso una posizione molto netta contro il distanziometro locale.

La restrizione è entrata in vigore nel 2021, da allora le sale da gioco devono rispettare una distanza minima di 500 metri le une dalle altre, e di 850 metri dalle scuole. La tagliola si applica solamente agli esercizi degli operatori privati – essenzialmente agenzie di scommesse e sale slot – e non a quelli che commercializzano lotterie e altri prodotti, come la Quinela, che vengono gestiti direttamente dallo Stato. In Spagna, poi, non si usano le liste chilometriche di luoghi sensibili a cui siamo abituati noi, e questo porta a dire che gli obiettivi siano essenzialmente due: evitare una concentrazione eccessiva di sale in determinate aree e tutelare i minori.

I giudici spagnoli però esprimono dubbi su diversi aspetti, a iniziare dal fatto che il diverso trattamento riservato a giochi pubblici e privati possa diventare una restrizione illegittimamente alla concorrenza. Il distanziometro non solo rappresenta un vantaggio immediato per i prodotti ‘pubblici’, ma si traduce anche in un beneficio economico per le casse erariali, visto che questi prodotti sono più redditizi per lo Stato. Gli operatori privati invece subiscono un danno ingente, tanto che in alcuni casi rischiano di chiudere. Il Tribunale Superiore oltretutto schiva fin da subito una possibile argomentazione in difesa del distanziometro, e lo fa citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia. Richiama infatti una sentenza emessa nei confronti dell’Italia per ricordare che una restrizione non può tutelare un interesse pubblico – la riduzione dell’offerta di gioco – quando allo stesso tempo spinge i giocatori a acquistare biglietti delle lotterie o altri giochi gestiti dallo Stato.

I giudici valenciani, inoltre, hanno da ridire anche sulla tutela dei minori. Ritengono infatti che ci siano misure – molto meno onerose per gli operatori – che permetterebbero di raggiungere gli stessi obiettivi. Ad esempio, basterebbe impedire in maniera efficace ai più giovani di entrare in una sala da gioco.

Bisogna sottolineare che il percorso di fronte ai giudici comunitari è appena all’inizio, e ci vorrà del tempo per arrivare a una sentenza, di norma sono un paio di anni. Poi, ovviamente, occorrerà vedere cosa deciderà la CGE, e se alcuni dei principi che enuncerà si potranno applicare anche alle vicende nostrane. PressGiochi ne discute con l’avv. Stefano Sordoni, avvocato esperto di gaming e segretario generale dell’UTIS.

Avvocato, che significato assume questo rinvio?

Volendo fare un’analisi ad ampio raggio, sembra che finalmente si sia presa coscienza della realtà dei fatti. Negli anni scorsi, abbiamo assistito a un’ondata di copia e incolla su distanze e luoghi sensibili che ha girato per l’Europa, perché anche altri Paesi hanno fatto un uso opportunistico di quelle disposizioni. Adesso tutto questo si sta ridimensionando, a sarebbe riduttivo dire che sia cambiato il vento politico. A mio avviso si è capito che quelle misure sono troppo scollegate dalla realtà e si sta seguendo un approccio più pragmatico. Il rinvio in ogni caso è il primo passaggio, speriamo che adesso la Corte di Giustizia possa decidere di conseguenza.

La sentenza potrebbe influire anche sulle misure italiane?

Resta sempre una decisione della Corte di Giustizia. Le sentenze che emette sui casi italiani hanno peso anche per altri Paesi, lo stesso varrà per questa. È un orientamento dai giudici europei, e non ha valore semplicemente a livello nazionale.

Una differenza tra il caso spagnolo e le misure italiane, è che il distanziometro spagnolo punta principalmente a tutelare i minori, visto che adotta come luoghi sensibili solamente le scuole. In Italia, invece l’obiettivo è di tutelare tutti i giocatori e le liste dei luoghi sensibili sono molto più estese…

No, non sono d’accordo. Non si può dire che da noi si punti a tutelare qualunque giocatore. Da noi si punta a includere il maggior numero possibile di luoghi sensibili, senza alcuna vera motivazione. Ci sono i soliti esempi triti e ritriti del cimitero o della fermata dell’autobus, che è come dire che l’attesa dell’autobus possa provocare un incontrollabile impulso a giocare. A me un ragionamento del genere sembra un’offesa all’intelligenza.

I giudici spagnoli, poi, calcano molto la mano sul fatto che il distanziometro colpisca solo i giochi affidati a operatori privati e finisca quindi per avvantaggiare quelli gestiti direttamente dallo Stato. Da noi non c’è questa distinzione, anche se alla fine si crea comunque un vantaggio per alcuni prodotti. È determinate questa differenza?

Sì, questa differenza c’è. Ma il problema fondamentale è molto più pratico, ovvero che il distanziometro dovrebbe garantire dei risultati che nella realtà dei fatti non è in grado di ottenere. Perché non riesce minimamente a limitare l’afflusso dei giocatori potenziali, né tanto meno di quelli a rischio. Sotto questo profilo, il distanziometro è completamente inutile. Ha solo creato una burocrazia di risulta che ha ripercussioni enormi prima di tutto per gli operatori. Ma anche per i giocatori, perché si crea una confusione enorme. E infine si rivela costosissima anche per lo Stato. Perché ha appesantito incredibilmente l’operato della pubblica amministrazione, e perché ha dato vita a un contenzioso che va avanti da anni nei Tar di tutta Italia e di fronte al Consiglio di Stato.

Nonostante tutto, però, i nostri giudici non sono mai arrivati a chiedere l’intervento della Corte di Giustizia, e hanno sempre difeso le scelte dei legislatori regionali…

Purtroppo a volte è più facile negare che esista un problema, soprattutto quando è molto delicato, piuttosto che farsene carico. Magari poi l’orientamento cambia, quando anche a livello politico matura una consapevolezza diversa sulla questione. E in effetti si ha sempre la sensazione che queste sentenze siano un po’ ondivaghe, non poggino su solide basi giuridiche.

A proposito della consapevolezza a livello politico, il governo italiano sta lavorando al riordino, potrebbe arrivare a una soluzione in tempi più rapidi che non la Corte di Giustizia?

Bisogna sottolineare che già la legge delega ha definito nei dettagli quali temi debbano essere affrontati, e ha fornito anche delle indicazioni specifiche. Il governo adesso sta avanzando a passi veloci. Certo, le cose fatte di fretta lasciano sempre un po’ perplessi. Ma le scelte ponderate che ci portiamo appresso abbiamo visto che risultati hanno prodotto. In questo caso magari la velocità potrebbe essere la strada giusta.

 

Gioel Rigido – PressGiochi MAG

Fonte immagine: CORTE DI GIUSTIZIA DELL' UNIONE EUROPEA CJEU CURIA