Simon Planzer, avvocato a Zurigo, specializzato nelle legislazioni europee del gaming. È anche docente universitario di questa stessa materia. Lei ha partecipato a un dibattito sul divieto di pubblicità del
Simon Planzer, avvocato a Zurigo, specializzato nelle legislazioni europee del gaming. È anche docente universitario di questa stessa materia.
Lei ha partecipato a un dibattito sul divieto di pubblicità del gioco d’azzardo. L’Italia è stato il primo Paese in Europa a decidere per un divieto del genere e adesso altri stanno copiando. Questo vuol dire che quella italiana è stata un’esperienza di successo?
“Innanzitutto, io vorrei fare un omaggio all’Italia perché è quella che ha iniziato nel modo giusto. È stata la prima in Europa a prendere l’iniziativa e regolamentare il gioco a livello nazionale. E penso che abbia dimostrato di avere successo per molti anni. Poi dovremmo sottolineare che si trattava di uno specifico governo che ha introdotto il divieto di pubblicità e gli altri Paesi europei, dal mio punto di vista, hanno seguito l’esempio perché a volte in politica l’idea che una soluzione rapida risolva un problema è molto popolare. Ma dobbiamo farci due domande che riguardano questo divieto di pubblicità. Primo: ha avuto realmente un impatto positivo sulla dipendenza da gioco in Italia? E si è mai provato a misurarlo?
Secondo: che effetto ha avuto sulla canalizzazione oggi? Sono cresciuti i giocatori che scelgono il black market o continuano a giocare con gli operatori autorizzati? Penso che queste due domande siano importanti”.
Lei sa che tanti Paesi stanno copiando le norme italiane. Nella prima fase, la regolamentazione ha dato un impulso all’attività degli operatori aumentando la competitività e la tutela dei giocatori; ma perché adesso stanno copiando anche il divieto di pubblicità?
“Si tratta di una dinamica simile a un pendolo che nella storia alcune volte va da una parte e dopo un po’, magari dopo anni o decenni, va dalla parte opposta. Quindi, alcuni Paesi hanno pensato che questa è una bella soluzione rapida. Ma penso che sempre più non ci sia una soluzione semplice. E vedremo che, a un certo punto, il pendolo tornerà indietro. Non ho dubbi. Perché in fin dei conti, quello che importa di più nella politica nazionale è anche il denaro. Se incrementano il gioco irregolare, avranno meno introiti per lo Stato. E la questione sta diventando decisiva per cambiare qualcosa”.
A parte la questione del divieto di pubblicità, lei è un avvocato specializzato in regolamentazione europea del gioco. Riesce a immaginare che in un prossimo futuro, o anche più in là, avremo una regolamentazione europea del settore?
“Se n’è parlato molto per decenni. E capisco che per gli operatori del settore sarebbe molto auspicabile avere un’armonizzazione delle norme europee sul gioco. Penso, però, che non si realizzerà a breve. Semplicemente perché non è una priorità nell’agenda della Commissione europea. E comunque, gli Stati membri hanno sempre fatto molta resistenza”.
PressGiochi