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Scommesse. Sbordoni: “Ancora l’Italia alla Corte di Giustizia”

Pastorino (Sts): “La tabaccheria è uno dei luoghi più professionali dove proporre gioco”   Con sentenza pubblicata la scorsa settimana (8 settembre 2016), la Corte di Giustizia Europea (sez. II)

15 Settembre 2016

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Pastorino (Sts): “La tabaccheria è uno dei luoghi più professionali dove proporre gioco”

 

Con sentenza pubblicata la scorsa settimana (8 settembre 2016), la Corte di Giustizia Europea (sez. II) è tornata sul tema del sistema concessorio italiano. Per la seconda volta sul banco degli imputati il bando MONTI, con i Giudici europei chiamati dal Tribunale di Reggio Calabria a decidere sulle seguenti questioni pregiudiziali:

«1) [Se l’articolo] 49 TFUE, nonché i principi di parità di trattamento e di effettività debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo che preveda l’indizione di una nuova gara (così come regolamentata dall’art.[10, comma 9-]octies [del decreto legge del 2012]) per il rilascio di concessioni avent[e] clausole di esclusione dal bando per la mancanza del requisito di capacità economico-finanziaria in ragione dell’assenza di criteri alternativi rispetto a due referenze bancarie provenienti da due istituti finanziari differenti.

2) Se l’articolo 47 della direttiva 2004/18 (…) debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale in materia di giochi d’azzardo che preveda l’indizione di una nuova gara (così come regolamentata dall’art.[10, comma 9-]octies [del decreto legge del 2012]) per il rilascio di concessioni [avente clausole di esclusione dal bando per la mancanza del requisito] di capacità economico-finanziaria in ragione dell’assenza di documenti e scelte alternative così come previste dalla normativa sovranazionale».

 

Nell’analizzare la questione, – spiega l’avvocato Stefano Sbordoni – la Corte di Giustizia afferma in maniera chiara – non soggetta ad interpretazioni maldestre o faziose, come spesso è accaduto in questi anni – che gli Stati membri sono liberi di fissare gli obiettivi della loro politica in materia di giochi d’azzardo e, laddove sia necessario, di definire con precisione il livello di tutela perseguito.

 

Occorre quindi valutare se una restrizione come quella in esame nel procedimento principale (=clausole di esclusione dal bando per la mancanza del requisito di capacità economico-finanziaria in ragione dell’assenza di criteri alternativi rispetto a due referenze bancarie provenienti da due istituti finanziari differenti) possa essere ammessa a titolo di misura derogatoria, per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica, espressamente previsti dagli articoli 51 e 52 TFUE, applicabili anche in materia di libera prestazione di servizi ai sensi dell’articolo 62 TFUE, o se essa possa essere giustificata, conformemente alla giurisprudenza della Corte, da motivi imperativi di interesse generale.

Una premessa fondamentale che viene spesso ripetuta nella sentenza in esame è che il settore del gioco pubblico non è armonizzato a livello europeo, in quanto non esistono delle regole comuni che debbano essere applicate. Forse un primo timido tentativo può essere individuato nel progetto di liquidità francese da poco diventato legge.

 

Tornando all’analisi della pronuncia dell’8 settembre occorre rilevare come il governo italiano, nel corso della propria difesa, abbia sostenuto che la disposizione restrittiva contestata sarebbe giustificata, nel perseguimento dell’obiettivo di lotta alla criminalità legata ai giochi d’azzardo, da: 1) l’interesse a garantire la continuità dell’attività legale di raccolta di scommesse, al fine di arginare lo sviluppo di un’attività illegale parallela, e 2) l’interesse di tutelare i consumatori. Pertanto, sarebbe stato – e di fatto ancora lo è – indispensabile che le capacità economiche e finanziarie dei titolari delle concessioni potessero consentire e garantire agli stessi di svolgere in modo duraturo la propria attività sul mercato.

 

La stessa Corte ha già dichiarato che l’obiettivo di lotta contro la criminalità legata ai giochi d’azzardo è idoneo a giustificare le restrizioni delle libertà fondamentali derivanti da una normativa restrittiva (cfr sentenze del 12 settembre 2013, Biasci e a., C 660/11 e C 8/12, del 28 gennaio 2016, Laezza, C 375/14, EU:C:2016:60).

In ragione di ciò, l’obbligo di fornire dichiarazioni provenienti da due istituti bancari è manifestamente atto a garantire che l’operatore economico possegga una capacità economica e finanziaria che gli consenta di far fronte agli obblighi che egli potrebbe contrarre nei confronti dello Stato e dei consumatori delle scommesse. A tal riguardo la stessa Corte rileva che il requisito della disponibilità di un capitale sociale di una certa entità può rivelarsi utile al fine di garantire una siffatta capacità economica e finanziaria.

L’Avvocato Generale nelle proprie conclusioni ha sostenuto che il requisito imposto agli offerenti costituiti da meno di due anni, e i cui ricavi complessivi relativi all’attività di operatore di gioco fossero inferiori a due milioni di euro nel corso degli ultimi due esercizi, e cioè fornire idonee dichiarazioni rilasciate da almeno due istituti bancari, non risultava eccedere quanto necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito. Quindi, sebbene sia compito del giudice del rinvio stabilire se le restrizioni del bando Monti possano soddisfare i requisiti di proporzionalità – in linea con la giurisprudenza della stessa Corte – la misura prevista nell’ultimo bando delle scommesse sembra aver passato il vaglio della Corte di Giustizia.

Chissà – conclude Sbordoni – se in virtù anche di questa sentenza si è definitivamente chiusa l’era dei rinvii alla Corte di Giustizia sulla solidità del sistema concessorio che si è aperta con il caso Zenatti passando per i casi Gambelli e Planica (forse quelli più famosi). Quello che purtroppo è evidente è l’avvio di una nuova era i cui campi di battaglia oggi sono i nostri Tar ma anche e soprattutto la Corte Costituzionale. E sebbene la Corte Europea abbia definitivamente sancito – per buona pace di tutti – la legittimità del sistema concessorio italiano dovrà quanto prima prendersi la briga di risolvere, in base ai principi che ha già più volte ribadito, la questione stato-regioni, visto che l’auspicata conferenza unificata sembra essere destinata a non vedere la luce.

 

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