03 Maggio 2024 - 13:25

Lo sfortunato numero 13 e gli scheletri danzanti

Aumenti, aumenti, aumenti! Lo Stato “gargarozzone” non la smette di mungere il nostro settore, ormai alla disperazione per l’esorbitante pressione fiscale a cui è sottoposto. Siccome nemmeno il più incompetente

31 Luglio 2023

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Aumenti, aumenti, aumenti! Lo Stato “gargarozzone” non la smette di mungere il nostro settore, ormai alla disperazione per l’esorbitante pressione fiscale a cui è sottoposto. Siccome nemmeno il più incompetente dei ragionieri potrebbe avallare l’ipotesi di incrementare ulteriormente Preu, prelievi sulle vincite, canoni di concessione e quant’altro, se non a costo di portare l’industria al collasso, è sin troppo evidente, anzi, assolutamente certo, che Meloni&c. stanno elaborando la manovra fiscale in chiave esclusivamente punitiva, di modo che restino in gioco, alla fine, solo pochi e colossali imprenditori (quasi tutti esteri).

Ci ha fatto sorridere amaramente il titolo di un articolo sulla Delega fiscale apparso in questi giorni su una importante testata specializzata estera: “Lo sfortunato numero 13”, che sarebbe poi il numero dell’articolo che tratta il settore dei giochi.

La percezione che il famoso riordino dei giochi in Italia altro non è che il tentativo di creare un oligopolio per rendere tutto più facilmente controllabile è giunta anche alla tribù degli Scheletri Danzanti in Papua Nuova Guinea, che è pronta ad offrire ai nostri poveri operatori il proprio look funereo a titolo di cortesia. Anzi, qualcuno dice che fra di loro si siano già collocati diversi gestori di apparecchi.

Ma la cosa che fa davvero rabbia è che il governo (con la g mini-mini minuscola) maschera la nuona stroncata in corso con la necessità di finanziare i piani regionali di contrasto alle ludopatie, che a sua volta rientra nel disegno più ampio di riformare il SSN applicandogli “un diverso modello di sviluppo e di cura, dentro una nuova idea di sostenibilità, non soltanto economica”, e individuando “nuove forme di finanziamento delle nuove e mutate esigenze di cura e di assistenza, nell’ottica delle dinamiche di crescita della spesa sanitaria”. Un bel politichese di quelli confezionati ad arte per aguzzare la mente degli interpreti.

A questo punto, le care associazioni di settore dovrebbero smetterla di sventagliare ottimismo e consensi, e di sprizzare fiducia da tutti i pori, stringendo i pugni e poi sbatterli sui tavoli, per dire: “adesso basta, non vi sopportiamo più!” E così affermare che per finanziare le Regioni in quest’ottica, lo Stato deve continuare a togliersi qualcosa di suo (in aggiunta ai 50 milioni annui per il Fondo istituito nel 2015) senza farne cadere le conseguenze sulla filiera e sui giocatori.

Nel 2022 l’erario ha introitato dai giochi qualcosa come 11,2 miliardi di euro, +28% rispetto all’anno precedente; quei 50 milioni corrispondono dunque allo 0,45%, perciò anche se si andasse al raddoppio di quella cifra, non morirebbe proprio nessuno.

Il nuovo governo, che ha costruito il suo programma elettorale anche parlando di riforme al sostegno delle imprese, per quanto riguarda l’industria del gioco sta andando proprio in direzione opposta. A forza di  mungere e gargarozzare, finirà col mandare all’aria un sistema che, ancora oggi, è riconosciuto un’eccellenza in campo internazionale.

A quanto pare, anche in questa circostanza i nostri governanti sono andati in giro a scopiazzare le idee degli altri. Nel caso specifico la Gran Bretagna. Nel White Paper che porterà alla revisione del Gambling Act (pubblicato in aprile) è stato previsto un prelievo obbligatorio a carico degli operatori a favore della GB Gambling Commission (GC), per finanziare la ricerca, l’istruzione e il trattamento (RET) per i danni causati dal gioco d’azzardo. Come sappiamo, così già è. Attualmente, infatti, il Codice di responsabilità sociale della GC prescrive che “I licenziatari devono versare un contributo finanziario annuale a una o più organizzazioni approvate dalla GC e che tra loro forniscono o sostengono la ricerca sulla prevenzione e il trattamento dei danni legati al gioco d’azzardo, gli approcci alla prevenzione dei danni e il trattamento delle persone danneggiate dal gioco d’azzardo.” L’organizzazione indipendente Gamble Aware, che collabora a stretto contatto di gomito con le istituzioni nazionali ed è supportata dall’industria, chiede agli operatori a tutti i livelli di versare lo 0,1% dei rispettivi rendimenti annuali (GGR – differenziale fra incassi e pagamenti in vincite) e a quelli che hanno un GGR inferiore a 250.000 sterline di donare un minimo di £250. In realtà, è ben noto che sono soprattutto le donazioni a finanziare l’ente che, a sua volta, sostiene altre organizzazioni dedite al contrasto e alla cura del gioco patologico, come GamCare e il National Gambling Support Network.

Non c’è motivo di ritenere che queste misure – assolutamente sostenibili – saranno inasprite dal nuovo Gambling Act. Si tratta soltanto di rafforzare i principi di una obbligatorietà che diventerà effettiva, a pena di sanzioni.

Il vantaggio dei britannici è che dalle loro parti non è mai transitato un personaggio alla Bassanini, che, come riaffermato recentemente dal sottosegretario Gemmato, con la riforma del Titolo V della Costituzione che ha regionalizzato la Sanità, ne ha provocato il male peggiore dei tanti che la affliggono. Ben lontano dall’auspicato decentramento democratico e priva di una efficace guida politica per la svolta manageriale che si sarebbe voluta dare con l’istituzione del SSN nel ‘78, questo sistema ha avuto l’effetto di irrigidire il vincolo di bilancio delle Regioni rispetto alla spesa sanitaria, in quanto ha trasferito loro la responsabilità di far fronte con risorse proprie a eventuali eccessi di spesa oltre ai trasferimenti statali, in cambio di più ampie competenze sull’organizzazione e sul funzionamento dei servizi. Ecco perché, in fatto di patologie da gioco, le Regioni hanno preso il sopravvento sino al punto da pregiudicare la famosa “riserva statale” sul settore. A fronte di ciò, gli Enti territoriali, tranne alcuni casi, hanno stentato parecchio a darsi una programmazione e una organizzazione tali da provocare numerose “incertezze attuative” nella gestione del Fondo per il gioco d’azzardo patologico, istituito dalla Legge di Stabilità 2016 (articolo 1, comma 946).

Non vogliamo tenerla lunga su questo. Chi ha un po’ di pazienza potrà leggersi il documento pubblicato dalla Corte dei Conti il 30 dicembre 2021, che mette in evidenza tutte le criticità emerse in questi anni, tra cui quella per cui “non sia ancora definito un sistema di verifica, ex ante e ex post, dell’efficacia della misura intrapresa, non solo in termini di risultati raggiunti, ma anche di coerenza con i presupposti di fondo esplicitati dalla normativa di base, in considerazione delle differenti iniziative assunte dalle Regioni in merito all’utilizzo delle risorse statali.” Per dirla più chiara, le Regioni hanno legiferato a capocchia senza nemmeno preoccuparsi di verificare i risultati ottenuti, ovviamente oltre a quello espressamente dichiarato ma non previsto dalle norme nazionali, di stroncare l’attività di raccolta del gioco soprattutto attraverso gli apparecchi.

E adesso vogliamo dar loro più soldi per contrastare le ludopatie, togliendogli ai loro odiati antagonisti? Andiamo in Papua Nuova Guinea: gli Scheletri Danzanti ci aspettano a braccia aperte!

 

Marco Cerigioni – PressGiochi