27 Luglio 2024 - 03:41

La CGE boccia la tassa dei 500 mln, ma con riserva

La Corte di Giustizia boccia la tassa dei 500 milioni, che il Governo nel 2015 aveva addossato al settore degli apparecchi da intrattenimento, anche se poi affida al giudice nazionale

22 Settembre 2022

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La Corte di Giustizia boccia la tassa dei 500 milioni, che il Governo nel 2015 aveva addossato al settore degli apparecchi da intrattenimento, anche se poi affida al giudice nazionale il compito di stabilire se il prelievo abbia effettivamente pregiudicato gli interessi dei concessionari. I giudici comunitari – che oggi hanno emesso la sentenza – riconoscono infatti che uno Stato non può imporre restrizioni alla libertà di stabilimento “sulla scorta di obiettivi fondati esclusivamente su considerazioni attinenti al miglioramento delle finanze pubbliche”.

Spetta però al giudice nazionale il compito di dimostrare che la tassa dei 500 milioni “comporta una restrizione della libertà garantita dal medesimo articolo 49 TFUE”.

Secondo la Corte inoltre non viene violato il principio del legittimo affidamento in sé, il Governo infatti può adottare “una normativa nazionale che riduca temporaneamente, durante la vigenza di convenzioni di concessione concluse tra delle società e l’amministrazione dello Stato membro di cui trattasi, il compenso dei concessionari pattuito nelle suddette convenzioni”. Tuttavia è necessario riconoscere ai concessionari “il tempo necessario per adeguarsi a questa nuova situazione”, “tenuto conto dell’ampiezza dell’impatto di tale riduzione sulla redditività degli investimenti effettuati dai concessionari, nonché dell’eventuale carattere improvviso e imprevedibile di tale misura”. Anche su questo la questione torna ai giudici italiani.

La tassa dei 500 milioni venne appunto introdotta con la legge di Stabilità del 2015, con il solo obiettivo di colmare un buco di bilancio. Si trattava di un prelievo straordinario di 500 milioni l’anno, che la filiera delle slot e delle vlt avrebbe dovuto pagare per tre anni. La tassa tuttavia era congegnata male, ricadeva sui concessionari che poi avrebbero dovuto dividerne il peso con gli altri soggetti della filiera. I criteri di riparto tuttavia non erano stati stabiliti. Insomma per lungo tempo il prelievo non venne pagato, i vari operatori intentarono dei ricorsi amministrativi criticando la misura, e spesso si fecero causa tra di loro per capire come dovevano dividere il prelievo. Visti tutti i problemi, il Governo abrogò la tassa per il 2016 e il 2017 (e optò per un aumento del Preu), per risolvere i problemi sul 2015 invece adottò una norma interpretativa che appunto stabiliva i criteri di riparto.

 

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Fonte immagine: CORTE DI GIUSTIZIA DELL' UNIONE EUROPEA CJEU CURIA