02 Maggio 2024 - 19:26

Giochi online. Gioacchini (Giocondabet): “Serve una riforma chiara che tuteli il ‘made in Italy’”

Con la delega fiscale approvata e l’attesa per i primi decreti attuativi che saranno chiamati a riordinare il settore del gioco, dalla filiera si solleva la voce di molti operatori

23 Ottobre 2023

Print Friendly, PDF & Email

Con la delega fiscale approvata e l’attesa per i primi decreti attuativi che saranno chiamati a riordinare il settore del gioco, dalla filiera si solleva la voce di molti operatori che chiedono che la riforma sia coraggiosa, chiara e uniforme per l’intero territorio nazionale.

Se a questo aggiungiamo l’attesa per i bandi di gara, non possiamo non evidenziare anche la preoccupazione di molte aziende in relazione ai costi di partecipazione che le nuove concessioni potrebbero avere. In primis quella degli operatori del settore del gioco online le cui licenze potrebbero essere messe a bando prima di tutti gli altri giochi. Ne discutiamo con uno degli imprenditori del settore, Paolo Gioacchini, presidente di Giocondabet.

“Gli imprenditori del gioco, sia quelli impegnati su una verticale di gioco ‘terrestre’ che quelli che offrono più prodotti (come nel caso del gruppo di aziende che ha creato Giocondabet), si aspettano soprattutto una cosa dalla riforma: chiarezza. In tutti i settori merceologici – spiega Gioacchini – l’imprenditore è chiamato ad investire continuamente per mantenere ad alti livelli la sua azienda sul mercato. In quello dei giochi, connotato da una continua innovazione tecnologica, è ancora più importante. L’imprenditore del gaming, pur consapevole del rischio di impresa, negli ultimi anni è stato sempre chiamato a prendere decisioni più sulle proprie esperienze e sensazioni che variabili ponderate. Questa, che dovrebbe essere un’eccezione, negli anni è diventata una costante, creando non poche difficoltà. Una riforma più volte annunciata ma mai realizzata, leggi emanate da enti territoriali che sono ostacoli (a volte insormontabili) all’esercizio dell’attività di impresa, mancanza di un contratto collettivo nazionale specifico per i lavoratori del settore, dubbi sull’esercizio di alcune verticali di gioco, difficoltà di accesso al credito e diversi altri fattori fanno sì che l’imprenditore corretto e lungimirante faccia fatica a programmare gli investimenti e, paradossalmente, si creano spazi per tutti quei soggetti che nella confusione e nelle difficoltà delle norme danno sfogo alla loro fantasia con prodotti palesemente illegali o che si ‘insinuano’ tra le interpretazioni di norme poco chiare.

Il tutto con buona pace dei soggetti che tutti vorremmo tutelare: i giocatori problematici e le così dette fasce deboli (giovani e anziani in primis). Una riforma complessiva corretta ed equilibrata è, pertanto, auspicabile per tutti i soggetti che compongono la filiera (giocatori compresi)”.

Inevitabilmente il cuore della questione per il mercato online saranno i bandi di gara e come verranno realizzati...

“Sono anni che nel settore si utilizza la parola RIORDINO ma se vogliamo dare un senso pieno e compiuto a questa parola le gare, almeno per i giochi più diffusi, andrebbero equiparate.

Una gara fatta prima rispetto alle altre non porterebbe quella chiarezza auspicata e necessaria, pertanto il primo suggerimento non può che essere una proroga onerosa come già fatto per altri giochi (il bingo lo è in proroga da 10 anni, le scommesse da 6 e gli apparecchi da 2). Questo intervento consentirebbe allo Stato di indire le gare sui giochi tutte assieme dando così, per la prima volta nella storia del settore, un contesto di regole chiaro e complessivo.

Ma se i costi per accedere alle gare fossero troppo alti?

“… si avrebbe l’estromissione di fatto della stragrande maggioranza di aziende italiane a beneficio di una manciata di grandi aziende (quasi tutte multinazionali con capitali stranieri).

Analizzando il mercato italiano, la sua storia e le sue particolarità è facile ipotizzare un conseguente forte ritorno dell’illegale perché la domanda di gioco verrebbe soddisfatta da tanti operatori che, non potendo usufruire di una concessione statale (identificabile con il .it), utilizzerebbero strumenti ‘diversi’ (.com) che sfuggirebbero ad ogni controllo e tassazione.

Di pari importanza sarebbe il contraccolpo occupazionale. A luglio scorso la CGIA di Mestre ha stimato 1600-1700 lavoratori nei 53 concessionari GAD italiani che sarebbero a fortissimo rischio…

Soluzioni alternative che possano riqualificare l’offerta, garantire maggiori entrate erariali, mantenere tutti gli attuali occupati, soddisfare la domanda di gioco e tutelare le aziende ‘made in Italy’, ci sono eccome. Penso ad esempio ad un costo della licenza vicina a quella che vediamo ancora scritta nella legge 160 del 27.12.2019 con una variazione della componente variabile annuale che, essendo proporzionata alle performance del concessionario, sarebbe anche in linea con quanto previsto dall’art. 53 della Costituzione che sancisce: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita’ contributiva”. Togliendo anche il numero massimo di concessioni assegnabili, lo Stato, sia in sede di gara che nel corso dei 9 anni, incasserebbe molto di più rispetto a quanto raccoglierebbe se i parametri rimanessero quelli letti negli articoli di stampa.

Spero solo che chi sarà chiamato a indire i bandi possa tenere conto suggerimenti come questi o simili che, sono certo, arriveranno anche da parte di molte associazioni di categoria”.

 

Leggi l’intervista integrale a Paolo Gioacchini su PressGiochi MAG

 

PressGiochi