27 Luglio 2024 - 03:29

Dr. Barra (CRI): “Le distanze non funzionano, contro la ludopatia serve la terapia”

“Cosa vuole che siano 500 metri per chi soffre di dipendenza? Questa è una mentalità da ragionieri e burocrati. Il demone del gioco d’azzardo non conta i metri… Una distanza

27 Maggio 2024

Print Friendly, PDF & Email

“Cosa vuole che siano 500 metri per chi soffre di dipendenza? Questa è una mentalità da ragionieri e burocrati. Il demone del gioco d’azzardo non conta i metri… Una distanza non rappresenta un ostacolo per chi ha la dipendenza, può sicuramente rappresentarlo per chi gioca in maniera normale e sociale”.

Ad affermarlo è Massimo Barra, Presidente emerito della Croce Rossa Italiana nell’intervista rilasciata a PressGiochi MAG. Barra è stato Presidente della Commissione Permanente del Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa e Vicepresidente della Federazione internazionale delle società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, nonché Fondatore di Villa Maraini ETS.

 

Presidente, lei ha recentemente criticato l’uso dei distanziometri usati per vietare le attività di gioco…

“Le persone devono essere libere nelle proprie scelte, anche quelle relative alle attività gioco, per questo ritengo che la ludopatia faccia parte del destino dell’uomo come il consumo di droghe. I soggetti che sviluppano questa patologia vanno incontro a questo tipo di dipendenza che somiglia molto alla dipendenza da sostanze. I fattori ambientali possono facilitare o ostacolare lo sviluppo di questi problemi, ma al centro resta il cervello umano”.

Per fattori ambientali intende la diffusione dell’offerta…

“Assolutamente si. Quanto influisca questo fattore non lo so, ma so per certo però che non c’è dipendenza da gioco d’azzardo senza la partecipazione di un cervello patologico”.

Riscontra un aumento della dipendenza da gioco dopo il Covid, con il crescere della digitalizzazione?

“Dalla mia esperienza diretta posso dire che il problema è restato lo stesso. Avevamo in cura persone con problemi di gioco prima e li abbiamo adesso. Non faccio statistiche perché ritengo il singolo valga più di ogni statistica. La ludopatia si sviluppa quando il cervello umano è disponibile a farsi modificare non da una sostanza, in questo caso, ma da una situazione, perché le parti in gioco nel cervello sono sempre le stesse, quelle che provocano poi dipendenza. Si somiglia molto alla dipendenza da sostanze ma ha caratteristiche diverse. Nessuno è titolato a dire che ci sono forme di dipendenza che appartengono al passato, come ad esempio quella per l’eroina. Sono discorsi inutili. Perché in ogni dipendenza il ruolo centrale è determinato dalle predisposizioni del cervello. Senza un cervello patologico non c’è neanche un comportamento patologico. Tutte le misure che vengono fissate a livello regionale per vietare l’offerta di gioco contano poco. Per evitare la dipendenza da gioco bisogna curare la mente umana, curare la gente e rendere facile la cura delle persone”.

Cura e prevenzione?

“La vera prevenzione è la cura”.

L’Italia è preparata a curare i giocatori d’azzardo patologi?

“Le istituzioni italiane non fanno abbastanza per curare i tossicomani si figuri se è preparata a far fronte ai giocatori patologici”.

Ma si trovano terapeuti preparati per trattare il DGA?

“Ci sono ma l’accesso deve essere facile. Deve essere alla portata di tutti e non deve essere un privilegio per chi ha la disponibilità economica. Il Servizio Sanitario Nazionale deve essere strutturato per far fronte adeguatamente a questi temi”.

Perché ritiene che inserire delle distanze per le sale giochi dai luoghi considerati sensibili non sia una misura efficace?

“Cosa vuole che siano 500 metri per chi soffre di dipendenza? Questa è una mentalità da ragionieri e burocrati. Il demone del gioco d’azzardo non conta i metri… Una distanza non rappresenta un ostacolo per chi ha la dipendenza, può sicuramente rappresentarlo per chi gioca in maniera normale e sociale”.

Pensa lo stesso sui vincoli orari?

“Anche questa la ritengo una battaglia di retroguardia in un periodo in cui al gioco si accede prevalentemente online, come accade con la droga. Anche la droga, se non la si trova più in piazza, si può facilmente avere da casa usando Internet e i social. Torno a dire che la vera prevenzione è la terapia”.

Quali possono essere attività di prevenzione funzionanti? Il Governo nel processo di riordino normativo del settore ha proposto vari strumenti come ad esempio la formazione degli operatori di gioco che possono supportare e intervenire sui giocatori a rischio…

“Tutto quello che è formazione va sicuramente nella giusta direzione, fare cultura e formazione non è mai sbagliato. Ma purtroppo devo riscontrare che troppo spesso si fanno battaglie di retroguardia mentre il mondo sta andando ad una velocità spesso sconosciuta anche a noi stessi. Poi con l’intelligenza artificiale sarà ancora peggio. Non possiamo pensare di affrontare queste nuove sfide con una ‘diligenza a cavalli’”.

 

Cristina Doganini – PressGiochi MAG