30 Aprile 2024 - 06:39

Delega fiscale e il debole tentativo di riordino del settore del gioco pubblico

Dell’Avv. Generoso Bloise

04 Agosto 2023

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PRIMA PARTE

Il progetto di legge di delega fiscale intende raggiungere gli obiettivi specificati nella prima parte del nostro approfondimento attraverso norme, da inserire nel decreto o nei decreti legislativi delegati che rispettino dei precisi principi e criteri direttivi.

Avv. Generoso Bloise

Nello specifico devono essere introdotte misure tecniche e normative finalizzate a garantire la piena tutela dei soggetti più vulnerabili nonché a prevenire i disturbi da gioco d’azzardo e il gioco minorile.

Se infatti, la normativa originaria degli inizi degli anni 2000 in materia di gioco, con la enorme legalizzazione delle varie offerte di gioco dalle Scommesse, al Bingo, ai Gratta e vinci e soprattutto gli apparecchi da gioco, ha evidenziato un approccio statuale attento agli interessi erariali e di controllo sulla regolarità dell’offerta, ma è apparsa lacunosa sotto il profilo della attenzione alla tutela della salute, sia per la pericolosità (spesso più presunta che reale) delle diverse tipologie di prodotto, sia per la diffusione capillare dell’offerta che ha amplificato la percezione del problema in senso negativo. La logica conseguenza è stata la proliferazione di interventi normativi frammentari e disomogenei da parte degli enti locali che hanno avuto conseguenze devastanti sul mercato, sebbene appaiano del tutto inefficaci sotto il profilo della prevenzione.

Il nuovo approccio è quindi figlio di questa esperienza e la proposta di delega prevede tra le misure da adottare:

  • la diminuzione dei limiti di giocata e di vincita;

  • l’obbligo della formazione continua dei gestori e degli esercenti;

  • il rafforzamento dei meccanismi di autoesclusione dal gioco;

  • la previsione di caratteristiche minime che devono possedere le sale e gli altri luoghi in cui si offre il gioco;

  • la certificazione di ciascun apparecchio, con passaggio graduale, tenendo conto del periodo di ammortamento degli investimenti effettuati, ad apparecchi che consentono il gioco solo da ambiente remoto, facenti parte di sistemi di gioco non alterabili;

  • il divieto di raccogliere gioco su competizioni sportive dilettantistiche riservate esclusivamente a minori di anni diciotto.

Sulla modifica del rapporto giocata/vincita si tratta di un passo in avanti che gli operatori chiedono da tempo, come l’approvazione di misure di autoesclusione e obblighi formativi, in sostituzione di assurdi divieti e limitazioni alle attività. Anche per la previsione di regole di qualificazione dei locali con offerta di gioco le filiere dell’offerta sono certamente favorevoli.

Più problematiche appaiono le previsioni relative alla sostituzione della tecnologia relativa agli apparecchi. La proposta (per vero molto datata) di una certificazione dei singoli apparecchi porta costi elevati, tempi di sostituzione e aggiornamento lunghissimi e implica la sostituzione dell’intero parco macchine. Peraltro destano grandissime perplessità gli incisi “consentono il gioco solo da ambiente remoto, facenti parte di sistemi di gioco non alterabili”: consentire il gioco solo da ambiente remoto comporta infatti l’integrale sostituzione degli apparecchi; inoltre, l’idea che il software di gioco non residente sia una garanzia di inalterabilità è un’interessante ipotesi che non sempre ha trovato conferma nella pregressa esperienza concreta.

Il perno, dal punto di vista del legislatore, del ‘riordino’ è comunque il tentativo di trovare forme di concertazione tra lo Stato, le regioni e gli enti locali in ordine alla pianificazione della dislocazione territoriale dei luoghi fisici di offerta di gioco: il superamento della cosiddetta questione territoriale per poter procedere con i bandi di gara.

Sul punto la delega prevede (ma sembra più opportuno dire ‘auspica’) che i concessionari si pongano come garanti dell’offerta a fronte di garanzie di stabilità degli investimenti, garanzie date dalla individuazione certa dei luoghi dove la raccolta è possibile e resta tale per la durata delle concessioni.

Ancora si auspica che le reti di raccolta del gioco sia a distanza che dei luoghi fisici siano razionalizzate (come vedremo poi ciò si traduce in una riduzione dei luoghi fisici solo per gli apparecchi): “territoriale e numerica dei luoghi fisici di offerta di gioco”.

Tale razionalizzazione dovrebbe avvenire (anche questa è una idea stantia) secondo “criteri di specializzazione e progressiva concentrazione della raccolta del gioco in ambienti sicuri e controllati”, con contestuale identificazione dei parametri soggettivi e oggettivi di relativa sicurezza e controllo.

Quindi l’idea è quella che il gioco debba essere ghettizzato in locali specializzati sull’assunto, del tutto indimostrato, che in questo modo si aumenti la sicurezza, si facilitano i controlli, si riducono i rischi per la salute.

A parere di chi scrive si tratta dell’ennesimo episodio in cui si concede a piani industriali di alcuni soggetti del mercato dignità di principio di interesse pubblico: è un male dei nostri tempi!

Si prevede poi l’introduzione di una disciplina, ci si augura chiara ed univoca, sui PVR, attraverso la “previsione che le reti dei concessionari della raccolta del gioco a distanza possano, sotto la loro diretta responsabilità, comprendere luoghi fisici per l’erogazione di servizi esclusivamente accessori, esclusi in ogni caso l’offerta stessa del gioco a distanza e il pagamento delle relative vincite”.

Altre disposizioni dovrebbero fare il punto sui requisiti soggettivi per l’accesso alle concessioni e alle rispettive filiere (con estensione dei requisiti previsti per i concessionari anche ai loro ‘collaboratori’ di filiera, e l’introduzione di regole per la gestione delle crisi irreversibili del rapporto concessorio.

Almeno sull’ultimo punto possiamo affermare con certezza che l’attuale regolamentazione appare oggettivamente inadeguata, in alcuni casi in grado di generare dei veri e propri ‘mostri giuridici’ in cui la sovrapposizione di norme più generali e l’instaurazione di numerosi contenziosi rendono del tutto imprevedibili gli esiti dell’applicazione delle predette norme al settore, che per le sue peculiarità avrebbe necessità di soluzioni più celeri e parimenti garantite.

Siamo pur sempre in ambito di una delega fiscale e, anche per giustificare la esistenza della materia del riordino proprio in questo progetto di legge, fa bella mostra di sé una norma-principio in materia tributaria che prevede “in materia di imposizione tributaria sui giochi, riserva alla legge ordinaria o agli atti aventi forza di legge ordinaria, nel rispetto dell’articolo 23 della Costituzione, delle materie riguardanti le fattispecie imponibili, i soggetti passivi e la misura massima dell’imposta”.

Il rapporto tra gli italiani ed il fisco è da sempre tormentato e di solito solo gli atti aventi forza di legge possono essere fonte del diritto tributario, salvo eccezionali previsioni speciali, che invece, nel settore si sono poste spesso come regola ordinaria: sarebbe tempo che le previsioni costituzionali in materia di tributi fossero maggiormente rispettate anche nel gioco, in particolare in riferimento agli apparecchi, troppo spesso utilizzati alla stregua di bancomat della politica finanziaria negli ultimi 20 anni.

In materia tributaria si invoca (ma l’operazione, sebbene tecnicamente giustificata, non appare strategicamente la più opportuna) il riparto tra la fonte regolamentare e l’atto amministrativo generale della disciplina dei singoli giochi e delle condizioni generali di gioco nonché delle relative regole tecniche, anche di infrastruttura; definizione del contenuto minimo dei contratti tra i concessionari e i loro punti di offerta del gioco, da sottoporre a preventiva approvazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Il problema dei contenuti contrattuali minimi non può essere confinato al suo pur innegabile rilievo a fini di trasparenza fiscale, essendo chiave di volta anche della differenziazione dei ruoli e delle responsabilità della filiera.

Alcuni soggetti delle filiere sembrano essere privi di ogni garanzia e tutela, non hanno diritto di pretendere tutele dal regolatore nei rapporti con i concessionari, ma fungono da parafulmine o veri e propri capri espiatori per ogni momento patologico del sistema.

Intendiamo riferirci, ad esempio, al ruolo del gestori nel settore apparecchi che, pur non potendo pretendere alcun diritto sui titoli autorizzatori, ed essendo sostanzialmente estranei al rapporto di imposta sugli apparecchi, sono però considerati incaricati di pubblico servizio solo a fini sanzionatori: la giurisprudenza amministrativa e penale in materia è avvilente.

Su questo punto la delega si annuncia già come una occasione persa.

Sempre in materia tributaria il progetto di legge si propone di fare chiarezza, in base alle esperienze pregresse, prevedendo l’adeguamento delle disposizioni in materia di prelievo erariale sui singoli giochi, assicurando il riequilibrio del prelievo fiscale e distinguendo espressamente quello di natura tributaria, in funzione delle diverse tipologie di gioco pubblico, al fine di armonizzare altresì le percentuali di aggio o compenso riconosciute ai concessionari, ai gestori e agli esercenti, nonché le percentuali destinate a vincita (payout).

L’intervento appare più che opportuno (e per certi versi tardivo) fermo restando la necessità di tradurre in numero il termine ‘armonizzare’ visto che la norma sembra introdurre il principio che le filiere debbano attingere ad aggi predeterminati a monte: ci auguriamo con una previsione di massimi e minimi per ogni soggetto di filiera a partire dai concessionari.

Proprio per limitare il ricordo compulsivo della politica al gioco come risorsa ‘inesauribile’ di liquidità erariale si chiede di garantire la “certezza del prelievo fiscale per l’intera durata delle concessioni”, anche perché le stesse sono concesse “a seguito di gare pubbliche e previsione di specifici obblighi di investimenti periodici da parte dei concessionari per la sicurezza del gioco e la realizzazione di costanti buone pratiche nella gestione delle concessioni” e la modifica (in aumento) dei prelievi rendono impossibile programmare gli investimenti, anzi più spesso sono fonte di potenziali dissesti finanziari veri e propri.

Sempre per cercare di superare la questione dei territori si prevede l’ennesima delega a dettare la definizione di regole trasparenti e uniformi per l’intero territorio nazionale in materia di titoli autorizzazioni per gli esercizi in cui è ammesso il gioco “garantendo forme di partecipazione dei comuni alla pianificazione e all’autorizzazione dell’offerta fisica di gioco che tenga conto di parametri di distanza da luoghi sensibili determinati con validità per l’intero territorio nazionale e della dislocazione locale delle sale da gioco e dei punti di vendita in cui si esercita come attività principale l’offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, nonché in materia di installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito, di cui all’articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, comunque con riserva allo Stato della definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica, assicurando la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale, in quanto compatibili con i princìpi delle norme adottate in attuazione della presente lettera…”.

È quanto richiesto dal comparto ormai da più di un decennio. Sappiamo già quanto difficile sia la strada per pervenire ad un qualsiasi risultato concreto.

Come norme di chiusura si cerca di rilanciare la valenza univoca sul territorio nazionale delle licenze rilasciate in base alle leggi nazionali, prevedendo anche garanzie di validità a prescindere da norme locali sopravvenute.

Sempre in materia tributaria si coglie la necessità (innegabile) di una revisione della disciplina dei controlli e dell’accertamento dei tributi gravanti sui giochi, per una maggiore efficacia preventiva e repressiva della loro evasione o elusione, nonché delle altre violazioni in materia, comprese quelle concernenti il rapporto concessorio; riordino del vigente sistema sanzionatorio, penale e amministrativo, al fine di aumentarne l’efficacia dissuasiva e l’effettività, prevedendo sanzioni aggravate per le violazioni concernenti il gioco a distanza.

Sul punto è auspicabile che tutto ciò non si traduca solo (come è stato fino ad oggi) in sanzioni amministrative del tutto sganciate dalla pericolosità concreta della singola irregolarità, oppure, in materia penale, la previsione di sanzioni tra loro non proporzionali a condotte di pericolosità ben differenti.

Si pensi all’assurdo di un gestore che per la difficoltà a saldare correttamente il Preu nei confronti del concessionario, pur operando in piena regolarità, legalità, trasparenza, risponde del reato di peculato (a discrezione del concessionario), mentre un operatore che raccoglie gioco al di fuori del circuito legale, senza controllo sull’offerta e interamente occulto al fisco, risponde al più di un reato molto meno grave come la frode informatica.

È una occasione che solo con un approccio ‘laico’ al problema potrà concretizzare in norme che segnino una discontinuità vera con l’aberrante presente.

Norme di chiusura sono poi previste in tema di certificazione di prodotto, di enti certificatori e di poteri del Ministero e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Sono temi che meriterebbero uno studio più di dettaglio, ci limitiamo a fornire il punto di vista degli operatori che dal 2003 avevano visto nella certificazione degli apparecchi una soluzione al problema della affidabilità dell’offerta, dopo 20 anni di esperienza sul campo la materia dovrebbe tradursi in una vera garanzia per chi acquista un prodotto sulla cui regolarità chiunque può sollevare dubbi.

Qualora il Parlamento dovesse approvare la delega il lavoro da fare sarà davvero enorme.

 

Avv. Generoso Bloise – PressGiochi MAG

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