19 Aprile 2024 - 14:32

Delega fiscale e il debole tentativo di riordino del settore del gioco pubblico

Dell’avvocato Generoso Bloise – (parte prima – inquadramento generale)

26 Maggio 2023

Print Friendly, PDF & Email

È evidente, e forse anche comprensibile, che il settore del gioco non è una priorità di questo Governo.

Oltre agli operatori economici, a manifestare un qualche interesse per la materia sono solo alcune frange del MEF che hanno soprattutto a cuore il gettito fiscale che la ‘malaspina’ del gioco porta agli esangui capitoli di bilancio relativi alle entrate.

L’inserimento della materia del gioco nelle intricate e confusionarie maglie della più ampia riforma generale del sistema tributario è l’unico espediente che quelle piccole frange del MEF sono riuscite ad inventarsi.

Ma bisogna dire che, se il principio della semplificazione e della riduzione della pressione fiscale sembrano essere, almeno a parole, i pilastri della riforma del sistema fiscale nel suo complesso, per il settore del gioco il MEF avverte da subito: garantire almeno lo stesso gettito è la premessa maggiore, sia pure mitigata da una più rigorosa riserva di legge, unita alla promessa di stabilità nel tempo delle aliquote.

Questo è quanto emerge ad una prima lettura del testo approvato nel Consiglio dei Ministri e passato all’esame del Parlamento.

 

Cerchiamo di fare una analisi dei contenuti.

 

Il già famigerato articolo 13 del testo della proposta di delega fiscale prevede che: “Il Governo è delegato ad attuare, con i decreti legislativi di cui all’articolo 1, il riordino delle disposizioni vigenti in tema di giochi pubblici, fermo restando il modello organizzativo dei giochi pubblici fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, quale garanzia in materia di tutela della fede, dell’ordine e della sicurezza pubblici, del contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali sul regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi, nonché della prevenzione del riciclaggio di proventi di attività criminose”.

Prima ancora di analizzare i principi della delega in materia di giochi il richiamo all’art. 1 della delega impone di comprendere in quale quadro generale si inserisce la proposta relativa al gioco.

L’art. 1 delega il Governo “ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge” (che inizia ora il suo percorso parlamentare certo non molto agevole) “uno o più decreti legislativi recanti la revisione del sistema tributario”.

I principi generali cui dovranno attenersi i decreti delegati sono, oltre a quelli della Costituzione e del diritto dell’Unione europea, contenuti negli articoli 2 e 3 che si possono così riassumere:

Art. 2: “a) stimolare la crescita economica e la natalità attraverso l’aumento dell’efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, anche al fine di sostenere le famiglie, i lavoratori e le imprese;

  1. b) prevenire e ridurre l’evasione e l’elusione fiscale,(…)
  2. c) razionalizzare e semplificare il sistema tributario (….)
  3. d) rivedere gli adempimenti dichiarativi e di versamento a carico dei contribuenti (…)
  4. e) assicurare un trattamento particolare per gli atti di trasferimento o di destinazione di beni e diritti in favore di persone con disabilità (…)
  5. f) applicare i princìpi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 2, comma 2, lettera t), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e i princìpi di manovrabilità e flessibilità dei tributi di cui agli articoli 7 e 12 della medesima legge. (…)”.

Art. 3: “a) garantire l’adeguamento del diritto tributario nazionale ai princìpi dell’ordinamento tributario e ai livelli di protezione dei diritti stabiliti dall’ordinamento dell’Unione europea, tenendo anche conto dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in materia tributaria;

  1. b) assicurare la coerenza dell’ordinamento interno con le raccomandazioni dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nell’ambito del progetto BEPS (Base erosion and profit shifting) nel rispetto dei princìpi giuridici dell’ordinamento nazionale e di quello dell’Unione europea;
  2. c) provvedere alla revisione della disciplina della residenza fiscale delle persone fisiche, delle società e degli enti diversi dalle società come criterio di collegamento personale all’imposizione, al fine di renderla coerente con la migliore prassi internazionale e con le convenzioni sottoscritte dall’Italia per evitare le doppie imposizioni, nonché coordinarla con la disciplina della stabile organizzazione e dei regimi speciali vigenti per i soggetti che trasferiscono la residenza in Italia;
  3. d) introdurre misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale, nel rispetto dei criteri previsti dalla normativa dell’Unione europea e dalle raccomandazioni predisposte dall’OCSE. Nel rispetto della disciplina europea sugli aiuti di Stato e dei princìpi sulla concorrenza fiscale non dannosa, tali misure possono comprendere la concessione di incentivi all’investimento o al trasferimento di capitali in Italia per la promozione di attività economiche nel territorio nazionale. In relazione ai suddetti incentivi sono previste misure idonee a prevenire ogni forma di abuso”.

 

Per comprendere la tempistica, l’art. 1 prevede che l’approvazione dei decreti deve avvenire nel termine massimo di 24 mesi dalla entrata in vigore della legge delega. Entro tale termine ogni decreto è presentato dal Governo alle Camere, per eventuali osservazioni e richieste di modifica da parte delle commissioni parlamentari competenti, le richieste di modifica devono pervenire entro 30 giorni (prorogabili di ulteriori 20 gg); in caso di osservazioni e richieste di modifica, che possono essere apportate o meno dal Governo in modo motivato, saranno emanati i decreti  entro ulteriori 20 giorni. Tale iter potrebbe portare ad una proroga massima di 90 giorni rispetto al termine di 24 mesi.

È infine previsto che il Governo posso adottare, nei 24 mesi successivi eventuali decreti che si rendano necessari per coordinare le nuove norme con le previgenti.

La convinzione del MEF è quella di riuscire ad approntare i decreti attuativi dell’art. 13 entro pochi mesi (si parla di 3/6 mesi massimo) e quindi di poter così sbloccare i bandi per le nuove concessioni in materia di gioco, ormai fermi da anni, a causa delle interferenze delle norme regionali e comunali.

Purtroppo è prevedibile che proprio la necessità di negoziare con le regioni e gli enti locali i contenuti delle norme sul distanziometro e sugli orari dell’attività che si pongono come uno dei maggiori ostacoli alla realizzazione in tempi brevi di qualsiasi riforma in materia, anche alla luce della evidente esistenza di un ampio partito trasversale proibizionista o comunque di contrasto ideologico al gioco che in parlamento e negli enti locali sembra non avere problemi di numeri.

Il modello cui si ispira la proposta di legge di delega appare chiaro, quanto insoddisfacente, “il modello organizzativo dei giochi pubblici fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, quale garanzia in materia di tutela della fede, dell’ordine e della sicurezza pubblici, del contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali sul regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi, nonché della prevenzione del riciclaggio di proventi di attività criminose”.

 

Il regime concessorio: la gestione del gioco è di competenza statale, ma lo Stato può concedere l’esercizio di tale prerogativa ai privati attraverso lo strumento della concessione.

È evidente la mancata previsione di un principio fondamentale e cioè che il regime concessorio sia caratterizzato dall’obbligo per lo Stato di prevedere il divieto di concessioni mono-prodotto e quindi che il sistema concessorio sia ispirato alla tutela del pluralismo e della concorrenza: nel mercato non dovrebbero esistere soggetti che detengono l’esclusiva su uno o più prodotti di gioco. Sul punto la proposta appare troppo piegata alla logica del mantenimento delle posizioni consolidate per i prodotti di gioco storicamente gestiti da mono-concessioni.

Manca, a giudizio di chi scrive, la premessa maggiore per fare della norma di cui parliamo un vero e proprio riordino della materia.

 

Il regime autorizzatorio: a valle delle concessioni sono, correttamente, previste le autorizzazioni amministrative relative ad ogni singolo prodotto di gioco (ad es. licenze di polizia, iscrizione al Ries, nulla osta, ecc.). Deve essere accolto positivamente (al netto di futuri raid parlamentari) il fatto che, nel testo approvato, non sia più presente l’inserimento del “titolo abilitativo unico”, fortemente voluto dal precedente direttore generale dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, i cui contorni e contenuti non sono mai stati definiti compiutamente e le cui implicazioni apparivano fortemente impattanti per le strutture delle filiere distributive dei prodotti a maggiore competitività, come quello degli apparecchi e delle scommesse.

 

Sulle finalità che il modello così descritto permette di soddisfare, la norma elenca:

– la tutela della fede, la garanzia cioè che le regole dei singoli giochi siano rispettate e quindi la garanzia della tutela dei cittadini-consumatori;

– la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblici, per il cui perseguimento da sempre la riserva statale è considerata la chiave di volta, in quanto consente controlli sia in fase di rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni che nella successiva fase di verifica della conduzione dell’attività;

– la tutela del contemperamento degli interessi pubblici generali in tema di salute con quelli erariali sul regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi, su questo delicato equilibrio si gioca la partita della armonizzazione tra le norme regionali e locali e la normativa nazionale;

– la prevenzione del riciclaggio di proventi di attività criminose, sulla quale è evidente che alla previsione di indispensabili norme di prevenzione come l’obbligo della tracciabilità dei flussi, devono essere affiancati anche veri e propri obblighi per gli operatori finanziari di consentire lo svolgimento dell’attività a tutte le filiere senza poter opporre assurdi pregiudizi di natura etica, oltre alla previsione di eventuali criteri direttivi specifici per la materia rispetto ai meccanismi di valutazione ordinari delle norme di compliance finanziaria applicabili ad altri settori produttivi.

 

PressGiochi MAG

Fonte immagine: https://it.depositphotos.com