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Bruno Bossio (PD): “La diffusione del gioco legale non contribuisce a ridurre quello illegale”

L’Onorevole Vincenza Bruno Bossio (PD), dopo il discorso della Presidente Rosy Bindi, è intervenuta nella discussione della Relazione sulle infiltrazioni criminali nel gioco redatta dalla Commissione Parlamentare Antimafia della quale è

16 Gennaio 2017

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L’Onorevole Vincenza Bruno Bossio (PD), dopo il discorso della Presidente Rosy Bindi, è intervenuta nella discussione della Relazione sulle infiltrazioni criminali nel gioco redatta dalla Commissione Parlamentare Antimafia della quale è membro.

“In questa relazione della commissione l’interesse è come trovare misure per provare ed evitare l’infiltrazione, quindi la base è la prevenzione. – ha commentato l’onorevole- Nei racket delle scommesse e della droga le cosche hanno superato la dimensione locale. Droga e scommesse.

“L’operazione della DDA di Reggio Calabria eseguita nel luglio 2015 – ha proseguito la Bruno Bossio-  è stata definita dal procuratore nazionale antimafia come il paradigma dei rapporti della ’ndrangheta e il mondo della imprenditoria per le modalità con cui le cosche calabresi si sono avvalse in questa circostanza di alcune società estere di diritto maltese, di innumerevoli siti Internet di scommesse on line e di una rete commerciale strutturata gerarchicamente.

Il gioco d’azzardo si è evoluto nel tempo.  L’Italia è il sesto paese al mondo come perdite per l’azzardo. Molti sostengono che il gioco porta grandi introito per lo Stato e dà lavoro a 120 mila persone, ma la questione è più complessa dei numeri. Il gioco non va impedito, ma nemmeno pubblicizzato e sostenuto. Speriamo che si arrivi a quel percorso iniziato da Renzi, serve una diminuzione dell’offerta.  L’aumento del gioco legale non significa una diminuzione di gioco illegale, anzi secondo la consulta antiusura non è così. Il comparto del gioco è di altissimo interesse per il comparto mafioso, soprattutto per il riciclaggio del denaro”.

 

 

“Noi sappiamo bene – ha dichiarato l’on. Vincenza Bruno Bossio – che ormai non riguarda più i tradizionali settori imprenditoriali ma quelli del più recente sviluppo: il gioco, le scommesse fino al fenomeno del match fixing. Nei racket della droga e delle scommesse le mafie stanno superando le divisioni territoriali – è questa la novità – e hanno iniziato a dare vita a vere e proprie holding del malaffare. È un allarme lanciato nella sua relazione del secondo semestre 2015 dalla Direzione investigativa antimafia quando afferma che droghe e scommesse sono due settori che sembrano essersi definitivamente affrancati da quella logica di frammentazione verticale degli interessi in cui ciascuna mafia domina in maniera esclusiva un proprio business criminale.

 

Come si è evoluto il gioco d’azzardo in Italia ? Dal 1992 si incomincia a considerare il gioco d’azzardo un’importante leva fiscale ma solo nel 2003 c’è il vero obiettivo di cambiamento del decisore pubblico: diventa un vero e proprio settore economico anche attraverso la trasformazione dei Monopoli di Stato nell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. La legislazione è ancora però frammentaria fino al decreto Balduzzi 2012 e alla delega al Governo della legge n. 23 del 2014 e, prima dell’effettiva delega, interviene la legge di stabilità per il 2015 e poi quella per il 2016 dove il legislatore, oltre a prevedere una revisione sul prelievo fiscale, introduce sanzioni in caso di installazione negli esercizi pubblici delle apparecchiature che permettono di giocare sulle piattaforme on line.

 

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Qual è il fatturato del gioco d’azzardo in Italia ? Gli italiani giocavano 24.000 miliardi di lire nel 1998 pari a 15,8 miliardi di euro nel 2012; 84,5 miliardi nel 2014: un decimo della spesa complessiva delle famiglie. Di questi 84,5 miliardi 47 sono destinati in slot e videolottery. Quindi la spesa media di un italiano è 1.260 euro l’anno pari al 70 per cento della propria spesa alimentare. Secondo l’Economist l’Italia, nota una volta come patria di forti risparmiatori, sembra essere diventata il Paese di chi perde al gioco. È il sesto Paese al mondo quanto a perdite medie per abitante. I sostenitori però del gioco d’azzardo legale sostengono che invece lo Stato ricavi risorse ingenti (circa 8 miliardi di euro netti all’anno) e che il settore dà lavoro a 120.000 persone. Ma la questione non è così semplice e numerica. Non solo considerando i costi sanitari ed economici della ludopatia: consideriamo che solo qualche settimana è entrata nei nuovi LEA l’assistenza socio-sanitaria alle persone con dipendenze patologiche e pensiamo a quanto è accaduto l’altro giorno quando un padre ha dimenticato il bambino in macchina per andare a giocare alle slot machine.

Con un giocatore patologico ogni 75 persone l’azzardo può essere considerato una vera e propria piaga sociale ma soprattutto perché rivolta alle persone più povere. Il gioco non va impedito ma neanche agevolato e pubblicizzato. L’ultima parola spetta alla Conferenza Stato-regioni ma ci auguriamo che oggi con questa Relazione inizi quel percorso, come annunciato dal Governo Renzi, che prevede l’elimitazione di oltre 114.000 macchinette per il gioco d’azzardo da bar, ristoranti e luoghi pubblici. Per combattere gli affari delle mafie sull’azzardo e gioco patologico bisogna ridurre slot e sale scommesse e consolidare il potere di regolamentazione dei comuni. Come dice giustamente la nostra presidente, se vuoi fare la lotta alla mafia non aumenti l’offerta del gioco. Più si gioca, più ci si ammala, più si gioca ancora.

 

È evidente dunque però che la diffusione del gioco legale non contribuisce a ridurre quello illegale, anzi la Consulta nazionale antiusura già nel 2000 parlava di uno sconcertante tandem tra il legalizzato e il criminalizzato e aggiungeva che il successo delle operazioni di marketing del primo finisce per riflettersi sull’altro e ancora sempre la Consulta ribadisce la propria visione e, dagli ultimi dati disponibili, indica che a fronte di 85 miliardi incassati grazie ai giochi di Stato si avrebbero 23 miliardi lordi di guadagno nero per i gruppi criminali e mafiosi. Il comparto del gioco è dunque di altissimo interesse per la criminalità di stampo mafioso che non si è lasciata sfuggire l’opportunità di penetrare in un settore in cui ci sono meno rischi per riciclare elevatissime somme di denaro. Come afferma Saviano, riciclaggio ed economia criminale sono due mali che si tengono per mano e che si autoalimentano.

 

Le differenti modalità di infiltrazione della criminalità mafiosa sono state descritte nella relazione presentata dal ROS dei carabinieri nell’audizione alla Commissione del 3 marzo 2016 e sono: la tradizionale attività estorsiva nei confronti delle società concessionarie delle sale da gioco e la diffusa imposizione delle macchinette di videopoker; l’infiltrazione di società, punti scommesse e sale da gioco sia intestandoli a prestanome sia attraverso la compartecipazione delle società che hanno ottenuto regolare concessione da parte dell’Agenzia; la raccolta e la gestione su piattaforme legali di scommesse sportive mediante la gestione di siti Internet dislocati in Paesi esteri che sono privi di concessioni in Italia ma che ne consentono il gioco in violazione della normativa vigente. Dunque è abbastanza evidente che l’espansione del gioco d’azzardo legale fa da battistrada a quello illegale e i perdenti diventano preda dello strozzinaggio vivendo anche nelle province più povere. L’Agenzia svolge un lavoro periodico di monitoraggio sui siti anche gestiti da soggetto non autorizzato e procede ad oscurare i siti web. Tuttavia le indagini eseguite da vari uffici hanno dimostrato come le organizzazioni riescono a bypassare tali provvedimenti.

 

La lotta all’illegalità – ha continuato -risulta compromessa anche in ragione del grado di sofisticazione tecnologica ma tutto ciò, allo stato attuale delle tecnologie, sarebbe il più delle volte diagnosticabile, registrabile e tracciabile senza scampo per i trasgressori. In particolare, considerata l’annunciata intenzione da parte del Governo di attivare una strategia ad hoc sulla cyber security per il Paese, la Relazione della Commissione giustamente raccomanda una profonda riflessione su questo versante del cyber crime che, agendo su un obiettivo qualsiasi non protetto da soluzioni adeguate, può diventare in breve un attacco a un’infrastruttura critica nazionale.

Il patrimonio di professionalità ed esperienza nel nostro Paese è enorme. Tuttavia proprio le mafie si uniscono rispetto a questa sfida. Noi dobbiamo sostanzialmente unire e porre le fondamenta per mettere insieme tutte le risposte disponibili in modo da rendere il meccanismo di vigilanza, controllo e repressione un unico armonico così come ci suggerisce anche un report del Fondo monetario internazionale. Occorre procedere ad una responsabilizzazione dell’intera filiera considerando anche il rapporto dei concessionari. Occorre fare le cose di cui ha parlato la presidente nelle sue conclusioni e soprattutto ci tengo a sottolineare che bisogna andare nella direzione di un coordinamento tra i diversi Stati europei e non solo. Il cyber crime è la sfida che la nuova mafia imprenditrice internazionale lancia agli Stati democratici. Per questo, insieme, dobbiamo essere in grado di affrontarlo e sconfiggerlo” ha concluso Bruno Bossio.

 

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