17 Maggio 2024 - 09:00

‘Anno zero’ svela i legami tra mafia e gioco d’azzardo

Le slot machine e le scommesse illegali finanziano la latitanza di Matteo Messina Denaro. E’ quanto è emerso nella recente indagine dell’Antimafia di Palermo chiamata «Anno zero». Ogni giocata registrata

24 Aprile 2018

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Le slot machine e le scommesse illegali finanziano la latitanza di Matteo Messina Denaro. E’ quanto è emerso nella recente indagine dell’Antimafia di Palermo chiamata «Anno zero». Ogni giocata registrata nelle agenzie dell’imprenditore Carlo Cattaneo garantiva al super latitante di Cosa Nostra i soldi necessari alla latitanza.

L’imprenditore – come svela un’indagine dell’Antimafia di Palermo resa nota dal Corriere della Sera – aveva strutturato all’interno delle sale regolarmente autorizzate un sistema parallelo di puntate, difficile da individuare persino per gli investigatori. Perché per accedere al gioco illegale utilizzava gli stessi computer autorizzati dai Monopolio. In un riquadro della schermata aveva fatto installare dai suoi programmatori un piccolo banner, apparentemente insignificante. Ma per chi conosceva il meccanismo era la porta d’ingresso del .com, ossia delle piattaforme offshore. Che significa zero tassazione in Italia e possibilità di riciclare denaro sporco. Una circostanza che però non ha sorpreso quanti negli ultimi anni hanno seguito l’infiltrazione della criminalità organizzata in questo settore.

Non c’è operazione o inchiesta contro le mafie, infatti, che non contenga almeno un capitolo dedicato alle ingerenze criminali nel settore dei giochi e delle scommesse. Quello che era considerato dai boss come un «business emergente» oggi rappresenta buona parte di quegli oltre 200 miliardi di euro all’anno che l’Eurispes calcola come il giro d’affari criminale nel nostro Paese. Subito dopo la droga verrebbe il gioco. Anzi, come conferma il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto, uno dei magistrati più efficaci nella lotta contro la ‘Ndrangheta, «ci sono capindrina che dacché operavano nel traffico di stupefacenti hanno spostato i loro investimenti nel gioco perché più redditizio e meno rischioso».

Il riferimento è senz’altro a quel Rocco Femia vero dominus mafioso che dall’ Emilia Romagna controllava tutta la filiera del gioco. Secondo le testimonianze di alcuni suoi ex collaboratori sarebbe riuscito a piazzare più di 2500 slot machine truccate in tutta Italia. Proprio per questo dalla bocca di Femia ci si aspetta che escano fuori i nomi dei produttori e programmatori esteri che dalla Romania, dalla Bulgaria e da altri paesi dell’Est europeo stanno facendo affari con la mafia italiana.

A partire dalle macchinette illegali che da un paio d’anni hanno inondato il nostro territorio.

Si tratta di apparecchi molto simili a quelli autorizzati dai Monopoli ma staccati dalla rete informatica della Sogei, la società informatica del ministero dell’Economia che monitora ogni giocata.

Le mafie hanno capito in anticipo il business e dal 2004 (anno in cui le slot vengono regolarizzate) vi si sono fiondate a capofitto. Lo hanno fatto utilizzando diversi canali: dalla gestione delle slot machine al controllo delle sale scommesse, dal gambling clandestino alla creazione di software di gioco, dal racket delle sale gioco al riciclaggio attraverso l’acquisto di ticket vincenti.

 

Ma come sia possibile alterare le vincite alle slot? Installando, afferma Rosa Amato, ex capoclan degli Amato e oggi collaboratrice di giustizia le slot machine clonate: una, regolare, collegata alla rete dei Monopoli (che ne registra ogni giocata e in base a queste calcola la tassazione) posizionata in punti con scarsi volumi di gioco. L’altra, identica, a drenare risorse direttamente nelle casse del clan. «Oggi le organizzazioni criminali hanno capito che non conviene più taroccare slot machine autorizzate per modificarne la percentuale di vincita – spiega Roberto Mazzuccato, co-fondatore della MAG Elettronica  -. Prendiamo ad esempio quello che sta accadendo a Torino dove abbiamo notato che, lì dove si ritirano le apparecchiature legali per effetto della riduzione imposta dallo Stato, stanno spuntando slot anonime, di fabbricazione estera, senza nessun collegamento alla rete dei Monopoli e quindi non monitorabili».

E poi c’è la complicità di personaggi non organici alla mafia ma essenziali per gestire questo business: i softwaristi, coloro che sono in grado di alterare i programmi di funzionamento, di creare reti parallele di gioco. Per la mafia valgono oro al punto da aver coltivato una propria rete di programmatori (attualmente quasi tutti esteri) che all’occorrenza le varie mafie si scambiano.

«Possedere una sala da gioco significa anche poter facilmente ripulire il denaro sporco – spiega Carlo Cardillo, maggiore della Guardia di Finanza -. Ogni volta che il vincitore di una grossa somma si reca al banco per riscuotere, il mafioso ha la possibilità di comprargli il ticket vincente, magari anche pagando un surplus. In questo modo avrà denaro fresco da reinvestire nel circuito legale». Altre modalità di riciclaggio sono strettamente legate al mondo on line. Come il furto delle identità virtuali con le quali le organizzazioni criminali aprono conti gioco all’estero (principalmente a Curacao e a Malta), da cui fanno transitare le somme da riciclare. «Può capitare che l’ignaro cittadino sia titolare di un conto on line e non lo sappia».

 

PressGiochi