29 Aprile 2024 - 06:04

L’irragionevolezza del sistema sanzionatorio degli apparecchi, in attesa del riordino del settore

Dell’avv. Generoso Bloise

19 Marzo 2024

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Chi pone in essere comportamenti scorretti o irregolari merita di essere sanzionato, a seconda della condotta, anche in modo severo.

Ma – in una nazione in cui si può compiere impunemente stragi e sperperare denaro pubblico, senza limiti e senza conseguenze – il settore apparecchi fa davvero eccezione… forse anche troppo.

Il sistema sanzionatorio relativo agli apparecchi si articola su diversi livelli: sanzioni penali, amministrative e tributarie.

Come scrive l’avv. Bloise nell’ultima edizione di PressGiochi MAG – Ovviamente le sanzioni penali sono applicabili per le condotte più gravi, che variano dal gioco d’azzardo alla frode informatica, all’esercizio di giochi in assenza di concessione, fino al peculato.

Non è il caso di addentrarsi in un’analisi specifica delle singole figure di reato e di condotte, ma, oltre alla considerazione che nella quasi totalità dei casi alla contestazione penale si somma l’applicazione delle sanzioni amministrative, ci sono evidenti discrasie che in occasione del riordino potrebbero trovare un superamento.

Ci si riferisce ad un assurdo tutto italiano: se un soggetto pone in essere comportamenti illeciti molto insidiosi e scorretti come la manomissione di apparecchi regolari, al fine di evadere l’imposta sugli apparecchi (Preu) risponde del reato di frode informatica; reato che prevede sanzioni da sei mesi a tre anni (solo se ricorrono più ipotesi aggravanti da 2 a sei anni di reclusione).

Si tratta di una condotta che non ci permette neanche di considerare questo soggetto come un operatore dell’industria del gioco, si tratta piuttosto di un soggetto che inquina l’economia del mercato del gioco; sebbene il regime sanzionatorio previsto è particolarmente lieve.

È invece esposto alla contestazione del molto più grave reato di peculato (da 4 a 10 anni di reclusione) un imprenditore che presta le fideiussioni di legge a favore del concessionario, paga le imposte, paga gli stipendi, versa i contributi ai dipendenti, e sostiene ogni costo relativo alla gestione aziendale, ma che, anche in conseguenza di eventi eccezionali o di temporanee difficoltà finanziare, non riesca a versare integralmente il Preu al concessionario.

È assurdo che nella seconda ipotesi un imprenditore in difficoltà rischia davvero il carcere (il peculato è reato ostativo, non ammette ciò la possibilità di scontare la pena in modalità diverse dalla detenzione in carcere), a differenza del primo, che rischia, al più, una condanna con pena sospesa.

Ancora più assurda è la discrasia ove si consideri che la sanzione penale nel caso di evasione della imposta unica non comporta alcuna sanzione penale (a parte la contestazione dell’esercizio del gioco senza autorizzazione di cui all’art. 4 della l. 401/89, con pena tra i 3 e 6 anni).

In pratica il settore degli apparecchi è quello in cui si rischia sempre e comunque di più, ma, per assurdo, nella ipotesi meno grave, sotto il profilo della condotta, sono previste pene più gravi, a limite della irragionevolezza, se si tiene conto della quasi inesistenza di un comportamento criminale (un imprenditore in difficoltà ed in ritardo con i pagamenti in qualsiasi altro settore non è un delinquente e soprattutto non rischia per davvero il carcere).

Le sanzioni amministrative hanno come cifra una irragionevolezza sfrenata.

È appena il caso di rilevare che le sanzioni amministrative sono in questa materia tra le più elevate del panorama sanzionatorio nazionale.

Facendo una rapida ricognizione è infatti da verificare come ogni comportamento non perfettamente rispondente al modello di legge (o anche solo amministrativo, come il rispetto di una circolare o un decreto ADM) dia luogo all’applicazione di sanzioni elevatissime.

Norma cardine l’art. 110, comma 9 del Tulps, che è diventato ormai una norma quasi a sé stante.

Si va dalla assenza di nulla osta (o della certificazione di conformità), alla loro mancata esposizione in originale sull’apparecchio, ipotesi sanzionate da 500 a 3.000 euro a apparecchio, fino alle ipotesi di non conformità che oscillano dai 4.000 euro della lettera c) fino al massimo di 50.000 euro sempre per apparecchio per le ipotesi di cui alla lettera f-quater.

Non vogliamo fare iniqui parallelismo con altre materie, come per es. il codice della strada, dove sono in ballo interessi rilevantissimi come la sicurezza delle persone e che sono a presidio della tutela della vita umana, dove le sanzioni raramente possono raggiungere in concreto somme a 4 cifre (ipotesi che nel settore apparecchi è la norma); ma non possiamo non rilevare che l’evoluzione della materia delle sanzioni amministrative è sconfinata in una vera e propria corsa al rialzo, spesso irragionevole e non giustificata, soprattutto nelle ipotesi più lievi, rispetto a quelle connesse ad ipotesi di reato: è appena il caso infatti, di rilevare che spesso le sanzioni amministrative si cumulano alle contestazioni penali.

Ma a destare preoccupazione, ed indignazione, sono alcune ipotesi sanzionatorie, già sotto il profilo sistematico abbastanza incomprensibili ed inique, ed in alcune ipotesi concrete davvero sfidanti.

L’esempio più eclatante è la lettera f-bis con la quale si sanzionano gli apparecchi per il fatto che l’esercente offre anche scommesse senza la licenza di cui l’art. 88 Tulps: scelta molto opinabile in quanto la norma sanziona, ad esempio in un CTD, uno offerta legale e regolare, per colpire una offerta irregolare (la sanzione è irrogata a concessionario e gestore) compiuta da un autore diverso (allibratore straniero ed esercente) e per materia estranea agli apparecchi.

Il vero problema è poi che la norma non è scritta in modo da colpire la condotta sopra descritta, che è quello voluto in concreto dal legislatore del tempo, ma in modo così indefinito da poter comprendere molte ipotesi che vanno certamente al di là della volontà del legislatore e per fatti del tutto irrilevanti: ad esempio, è stata contestata tale violazione (da 1.500 a 15.000 euro ad apparecchio) per il fatto che un gestore abbia installato apparecchi presso una sala VLT e che, a seguito della modifica del legale rappresentante della società titolare della licenza art. 88 Tulps, nonostante l’emissione di nuova licenza ex art. 86 e art. 88 del tulps, non fosse stato ristampato il certificato di omologa della sala con il nome del nuovo legale rappresentante (sebbene il concessionario avesse anche riattivato la raccolta con le VLT, la sanzione è stata contestata al gestore per n. 7 AWP); altra ipotesi, incomprensibile, è quella in cui norme locali (comunali o regionali) prescrivono licenze estranee alla normativa nazionale, rendendosi applicabile la sanzione in discorso nonostante gli operatori siano convinti di essere in regola; per non parlare di tutte le ipotesi in cui l’offerta irregolare non è affatto nota (e neanche conoscibile) al gestore.

Ancora sul piano delle violazioni tributarie troviamo eccessi per il settore apparecchi, del tutto ignote ad altri rami del diritto.

Particolarmente degno di nota è il sistema di accertamento tributario in materia di Preu, nel caso di non lettura dei contatori – la norma vorrebbe applicare tale metodo in via residuale per le solo ipotesi di impossibilità della lettura dei contatori o di non attendibilità per caso di comprovata manomissione, ma in concreto gli uffici abuso di questa possibilità ben più redditizia per l’erario e meno impegnativa per i funzionari incaricati – l’accertamento può essere effettuato con l’applicazione di un imponibile presunto di 3.000 euro giornaliere, per un massimo di 1 anno.

L’imponibile forfettario stabilito è palesemente iniquo in quanto è pari a 10 volte la capacità di produrre reddito dell’apparecchio, in quanto ma media di raccolta annua per apparecchio, a livello nazionale, supera di poco i 300 euro.

Ma vi è di più. Oltre a questo imponibile irrazionale e sanzionatorio, si cumula una sanzione proporzionale alla somma accertata (di certo non quella evasa) che varia dal 240% al 480%: e pensare che il Governo si vanta di avere razionalizzato il regime sanzionatorio tributario, senza però toccare questo regime speciale.

In concreto questo metodo si traduce in una richiesta di una somma di circa 1 milione di euro (circa 300.000 di Preu e oltre 680.000 di sanzioni) ad apparecchio: basta pensare a cosa avviene ad un esercente che, inconsapevole di quanto facesse il suo fornitore, avesse installato 4 apparecchi nel suo locale per comprendere quanto questo sistema normativo sia irragionevole!

Norma simile è prevista anche per l’Imposta Unica sulle scommesse, ma la differenza di aliquota evita, in parte, certi eccessi, pur traducendosi, anche in tale materia in una palese violazione dei principi costituzionali in materia tributaria.

La situazione però è ancora più grave di così, infatti gli accertamenti così strutturati diventano base per gli accertamenti sui redditi (in via presuntiva) evasi su quella fantastica raccolta di gioco, con ogni conseguenza economica e non solo, ben potendosi superare facilmente le ipotesi di evasione sui redditi sanzionabili con reati tributari.

Se proprio, questo Governo, vuole rendere il sistema sanzionatorio e tributario più ragionevole, ha certamente da aprire un cantiere importante in materia di giochi, e ne avrebbe occasione in fase di attuazione della delega per il riordino.

 

PressGiochi MAG