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Casinò di Campione: i dipendenti propongono l’ipotesi di un’autogestione e formano una roulette umana

Un segnale forte che dimostra l’attaccamento alla propria azienda, chiusa dallo scorso 27 luglio, un giorno dopo la sentenza di fallimento dei giudici del Tribunale fallimentare di Como. Una ”Cooperativa

13 Agosto 2018

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Un segnale forte che dimostra l’attaccamento alla propria azienda, chiusa dallo scorso 27 luglio, un giorno dopo la sentenza di fallimento dei giudici del Tribunale fallimentare di Como. Una ”Cooperativa lavoratori Casinò” per la gestione della casa da gioco che non può continuare a rimanere a lungo inattiva. Oltre alla perdita degli incassi (mediamente 250-300 mila euro al giorno) la chiusura accentua parecchi problemi. A partire dal fatto che la clientela, pur manifestando solidarietà con i cinquecento lavoratori, va altrove: Mendrisio e Lugano la massa, a Venezia i grossi giocatori.

I tre curatori fallimentari coordinati dal giudice relatore Alessandro Petronzi hanno disdetto l’affitto delle slot machines. Le roulette elettroniche rimanendo ferme rischiano di guastarsi. «Non possiamo rimanere fermi in attesa di un qualcosa che ancora non si riesce a percepire. Da parte nostra, le studiamo tutte per mantenere alta l’attenzione sulla nostra vicenda, ma valutiamo se come ex dipendenti del Casinò, possiamo fare qualcosa» dice a ‘La Regione’ Alessandra Bernasconi, per lunghi anni responsabile del settore marketing della casa da gioco campionese, portavoce del gruppo che sta cercando vie d’uscita. «Fra le ipotesi sulle quali ci stiamo confrontando e con esperti in grado di aiutarci, c’è anche quella di una gestione da parte di noi lavoratori – continua Alessandra Bernasconi –.

 

Una soluzione certamente non facile. Sia da un punto di vista normativo e legislativo che economico. In Italia ci sono esempi positivi di aziende fallite e rilevate dai dipendenti. Solo che un Casinò presenta problemi che potrebbero ostacolare la nostra idea. Comunque, ci stiamo lavorando. Un fatto è certo: più passa il tempo, più si aggravano i problemi. Anche noi, ovviamente, guardiamo a Roma. Riteniamo di avere le carte in regola per poter gestire il nostro posto di lavoro. Ma è la politica che deve modificare norme e leggi. In Italia un casinò non può avere una gestione privata. Deve esserci un ente locale. Come un comune, ma Campione, essendo stata dichiarata fallita la società di cui era l’unico socio, per cinque anni è stato esautorato».

 

Sino ad ora la politica romana non ha mandato segnali precisi, se non quello arrivato alla giunta Salmoiraghi di fare un passo indietro, per consentire la nomina di un commissario prefettizio il cui arrivo in riva al Ceresio appare più che scontato.

 

Entro il 7 settembre, novanta giorni dopo la dichiarazione di dissesto finanziario del Comune, deve esserci un piano di riequilibrio. Se non lo farà (e al 100 per cento non è in grado di farlo), sarà sciolto il Consiglio comunale con conseguente commissariamento.

 

Per tenere alta l’attenzione sulla situazione del casinò, i dipendenti si sono trasformati in roulette umana per chiedere di salvare dal fallimento la sala da gioco in cui erano impiegati e che è ormai chiusa dal 27 di luglio.

Sdraiati per terra, in cerchio, alternando una maglietta rossa e una nera, hanno formato una  roulette, nelle quale uno di loro correva in tondo come una pallina. Quando  si sono girati, sulle loro schiene sono comparse le lettere della scritta ‘Salviamo Campione’.
Nel video del ‘social mob’ comparso su Facebook e Youtube  i dipendenti scrivono:  “Il 27 luglio 2018 tutto si è azzerato, la vita di più di 600 famiglie è stata messa in stand-by, niente lavoro… nessuna dignità. #salviamocampione siamo un casinò ufficiale: unico vero garante del gioco sicuro, responsabile e controllato”. E, alla voce cast, ‘tutta la popolazione di Campione d’Italia’.

 

PressGiochi