27 Aprile 2024 - 00:40

Tar Lazio ribadisce legittimità dell’operato dei Monopoli nell’applicazione delle Legge di Stabilità 2016

Il Tar Lazio è tornato a confermare la circolare dei Monopoi di Stato relativa alla sostituzione dei nulla osta prevista nella legge di Stabilità 2016 nel ricorso del Codacons e

24 Marzo 2017

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Il Tar Lazio è tornato a confermare la circolare dei Monopoi di Stato relativa alla sostituzione dei nulla osta prevista nella legge di Stabilità 2016 nel ricorso del Codacons e della Siipac che chiedevano di annullare il provvedimento incriminato e contestato anche dai gestori e dalle associazioni di categoria.
Nello specifico, le due associazioni contestavano la parte in cui si prevede che “la disposizione citata, impedendo il rilascio di N.O.E. che non siano sostitutivi di analoghi N.O.E., viene a fissare un tetto pari al numero di apparecchi AWP esercizio alla data del 31/12/2015, oltre il quale è precluso il rilascio di ulteriori titoli autorizzatori. Tale numero è pari d 418.2010 unità e, per quanto detto, rappresentata il numero massimo di N.O.E. per l’anno 2016 (a partire dal 1° gennaio 2017, in relazione all’evoluzione tecnologica degli apparecchi, potrà essere prevista la riduzione graduale degli stessi fino a giungere al numero massimo previsto dal decreto attuativo del comma 943 dell’art. 1, della stessa legge. n. 208/2015).

 

Tar Lazio respinge ricorso gestori contro circolare ADM su sostituzione nulla osta

 

Di seguito le motivazioni del giudice amministrativo laziale:

Le associazioni ricorrenti premettono che il gioco d’azzardo, in Italia, ha assunto dimensioni rilevanti, portando con sé il rischio che in particolari gruppi di persone possa sfociare in una vera e propria dipendenza.
Il gioco d’azzardo patologico (GAP) è un malattia mentale che è stata classificata dall’Associazione Psichiatrica Americana all’interno dei “Disturbi del controllo degli impulsi”, avente affinità con il gruppo dei disturbi ossessivi – compulsivi, con i comportamenti di abuso e le dipendenze.
L’incremento del gioco d’azzardo in Italia si è avuto in particolare nel periodo successivo all’introduzione nel mercato dei giochi pubblici, nel 2004, degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lettera a) del T.U.L.P.S., noti come AWP o New Slot.
L’introduzione delle slot machine ha provocato un impatto capillare sul territorio, sollevando il problema del ruolo delle istituzioni nella prevenzione, cura, controllo e vigilanza del rispetto della normativa in materia.
A fronte della continua diffusione del fenomeno del gioco d’azzardo, che sta diventando una vera e propria emergenza sociale, e dell’impatto sulla tutela della salute che tale fenomeno comporta, il legislatore è recentemente intervenuto con la legge n. 208 del 28.12.2015, legge di stabilità 2016, in particolare prescrivendo che il numero delle slot – machine si debba gradualmente ridurre di almeno il 30% con riguardo agli apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015.
Con la circolare oggetto dell’odierna impugnativa, l’Agenzia delle Dogane è dei monopoli ha fissato in 418.210 unità il numero massimo di n.o.e. rilasciabile per l’anno 2016, prendendo come punto di riferimento non la data del 31.7.2015, bensì quella del 31.12.2015.
Dopo avere argomentato in ordine alla propria legittimazione ed interesse ad agire, le associazioni ricorrenti deducono:
1) Violazione dell’art. 1, comma 922 e 943 della l. 28.12.2015. Violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 10, d.l.gs n. 158/2012 e ss.mm.ii. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della contraddittorietà e illogicità, sviamento e falsità dei presupposti. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Cost..
Le ricorrenti ritengono che il tetto al rilascio di nuove autorizzazioni sia contenuto non già nell’art. 1, comma 922 della legge in epigrafe, bensì nel successivo comma 943 che prevede la riduzione proporzionale del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015, riferibili a ciascun concessionario.
La circolare dell’Agenzia aggirerebbe il dato normativo, come confermato dalla risposta ad un interrogazione parlamentare del 7 luglio 2016, in cui si riferisce che il numero di nulla osta per apparecchi attivi al 31 luglio 2015 è pari a 378.109. Gli effetti della riduzione saranno tali da portare progressivamente (nell’arco di 4 anni) a ridursi sino ad un numero non superiore a 265.000.
Ciò dovrebbe impedire, secondo l’Agenzia, fenomeni di commercializzazione di nulla osta non improntati a criteri di trasparenza.
Sarebbero state violate, inoltre, le norme che hanno fissato i principi della prevenzione e contrasto del GAP, motivo per cui è stato istituito un Osservatorio di cui fa parte anche il Codacons.
Si sono costituite, per resistere, le amministrazioni intimate, eccependo, in primo luogo, il difetto di legittimazione passiva del MEF, e, per altro verso, il difetto di legittimazione attiva delle associazioni ricorrenti.
Nel merito, fanno notare che le circolari sinora adotta dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli hanno dettato le istruzioni operative per consentire la sostituzione degli apparecchi da intrattenimento con altri in grado di restituire un pay out inferiore a quello vigente, al fine di consentire agli operatori di fronteggiare l’aumento del Prelievo Erariale Unico.
Pertanto, nel ricorso viene operata una erronea ricostruzione delle previsioni contenute nella l. n. 208/2015.
In primo luogo, la riduzione del pay out appare coerente con l’intento di una riduzione delle aspettative di vincita, con effetti contrari a quelli paventati dalla parte ricorrente.
L’art. 1, comma 922, della l. citata, fissa in sostanza un limite massimo di apparecchi in funzione dei titoli autorizzativi rilasciati sino alla data del 31.12.2015.
Il successivo comma 943, invece, demanda ad un decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, la disciplina del processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6, lett. a) del Tulps, prevedendo che, a partire dal 1° gennaio 2017, potranno essere rilasciati solo nulla osta per apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto.
Il funzionamento di tali apparecchi è ancora allo studio, essendo possibili diverse soluzioni tecniche.
Con riferimento alla prescritta riduzione, il numero di nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015, risulta pari a 378.109 unità.
E’ pertanto rispetto a tale numero che si produrranno gli effetti di riduzione minima (“non inferiore al 30%”) previsti dalla legge portando progressivamente gli apparecchi a ridursi sino ad un numero non superiore a 265.000.
Le ricorrenti sono incorse nell’equivoco di ravvisare nella circolare impugnata lo strumento normativo per dare attuazione alla riduzione prevista dal citato comma 943, laddove tale compito è affidato ad un decreto ministeriale.
Le parti hanno depositato memorie conclusionali, in vista della pubblica udienza di discussione del 22 febbraio 2017, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
2. In via preliminare, va estromesso dal giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze poiché non ha adottato alcuno degli atti oggetto di impugnativa.
2.1. E’ altresì possibile prescindere dall’eccezione preliminare svolta dalla difesa erariale, in quanto il ricorso è infondato nel merito e deve essere respinto.
Al riguardo, giova premettere il quadro normativo di riferimento, principiando dal complesso di disposizioni recate, per il settore di interesse, dalla legge di stabilità 2016, secondo cui:
«La misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è fissata in misura pari al 17,5 per cento dell’ammontare delle somme giocate, a decorrere dal 1º gennaio 2016. A decorrere dalla stessa data, la percentuale destinata alle vincite (pay-out) è fissata in misura non inferiore al 70 per cento» (art. 1, comma 918);
«A decorrere dal 1º gennaio 2016 è precluso il rilascio di nulla osta per gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, che non siano sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio» (art. comma 922);
«Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è disciplinato il processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. I nulla osta per gli apparecchi di cui al citato articolo 110, comma 6, lettera a), non possono più essere rilasciati dopo il 31 dicembre 2017; tali apparecchi devono essere dismessi entro il 31 dicembre 2019. A partire dal 1º gennaio 2017 possono essere rilasciati solo nulla osta per apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto, prevedendo la riduzione proporzionale, in misura non inferiore al 30 per cento, del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015, riferibili a ciascun concessionario. Le modalità di tale riduzione, anche tenuto conto della diffusione territoriale degli apparecchi, il costo dei nuovi nulla osta e le modalità, anche rateali, del relativo pagamento sono definiti con il citato decreto ministeriale» (art. 1, comma 943).
2.2. Va altresì ricordato che, nel settore di cui verte, per effetto dell’art. 39, d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, conv. in l. 24 novembre 2003, n. 369, è venuta da tempo meno la possibilità di una forma di gestione del gioco diverso da quella telematica, non essendo più prevista la possibilità che, una volta realizzata la “rete”, un soggetto possa aspirare a gestire gli apparecchi in argomento in virtù della sola titolarità del nulla osta di cui all’art. 22 della l. 27 dicembre 2002 n. 289.
Può essere utile richiamare, al riguardo, quanto statuito da questa stessa Sezione (sentenza n. 4296 del 31.5.2005), subito dopo l’entrata in vigore del regolamento di cui al d.m. n. 86 del 12.3.2004, secondo cui «il legislatore primario si è fatto carico di un disegno ampiamente innovativo della regolamentazione del sistema del gioco aggiornando, alla luce delle innovazioni tecnologiche e di costume, alcune norme del testo unico di pubblica sicurezza degli anni ’30.
Nel vecchio sistema, i gestori dei giochi di cui al comma 6 dell’art. 110 del TULPS, acquistavano dai produttori o dagli importatori, gli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, ottenevano il nulla osta ministeriale per il riconoscimento che si trattava di giochi leciti, li distribuivano nei pubblici esercizi, ripartivano con i titolari degli stessi i proventi del gioco.
La nuova legge è frutto di un complesso processo legislativo che è giunto alla formulazione definitiva in virtù dell’articolo 39, comma 12, del D.L. n.269 del 30 settembre 2003 che ha radicalmente modificato le modalità del gioco introducendo una gestione telematica degli apparecchi e della gestione del gioco lecito e prevedendo la individuazione, con procedure ad evidenza pubblica, di concessionari delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato».
La Sezione ha proseguito osservando cha la ratio storica della riserva esclusiva ed originaria a favore dello Stato nel settore di attività economica relativo al gioco (rinvenibile nell’art. 1, del d.l.gs 14 aprile 1948 n.496), «risiede nei rilevanti interessi coinvolti nel gioco, quali le esigenze di contrasto del crimine e, più in generale, di ordine pubblico, di fede pubblica, la necessità di tutela dei giocatori, di controllo di un fenomeno che è suscettibile di coinvolgere flussi cospicui di denaro a volte di provenienza illecita e non a caso le norme sul gioco sono inserite nel TULPS.
Si tratta dunque di una attività che lo Stato ha sempre ritenuto di proprio esclusivo monopolio ex articolo 43 della Carta Costituzionale e sulla quale ha escluso la libertà di iniziativa economica», in quanto trattasi di servizio pubblico suscettibile di concessione in gestione a terzi.
Nello stesso senso la Corte di Cassazione a Sezioni Unite la quale (sentenza n. 23721 del 26.4.2004) «ha messo in evidenza che la finalità perseguita dello Stato è stata sempre quella di canalizzare il gioco in circuiti leciti e controllabili, al fine di prevenire la possibile degenerazione criminale, bruciando il terreno alla criminalità organizzata che da quel fenomeno ha sempre tratto storicamente introiti e nuovi affari illeciti.
L’articolo 22 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 prevedeva che proprio per una più efficace azione di prevenzione e contrasto dell’uso illegale di apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento, nonché per favorire il recupero del fenomeno dell’evasione fiscale, la produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento, idonei al gioco lecito, erano soggetti a regime di autorizzazione da parte del Ministero “in attesa del collegamento in rete obbligatorio entro il 31 ottobre 2004 per la gestione telematica degli apparecchi.”
Con la disposizione posta dal richiamato articolo 39 del D.l.vo n.269 del 2003 il legislatore ha previsto la individuazione di uno o più concessionari della rete e che: “Tale rete o reti consentono la gestione telematica, anche mediante apparecchi videoterminali, del gioco lecito”.
Tale disposizione, per quanto sintetica, ha fatto venir meno la possibilità di qualsiasi diversa forma di gestione del gioco lecito, non consentendo la possibilità che, una volta realizzata la rete telematica, un soggetto possa aspirare a gestire gli apparecchi in argomento in virtù della sola titolarità del nulla osta di cui all’articolo 22 della legge 289 del 27 dicembre 2002.
Con l’effetto, che solo al concessionario può essere riconosciuta la possibilità di richiedere l’autorizzazione per la gestione del gioco».
La Sezione ebbe anche ad osservare, all’epoca che «non si tratta di una novità del nostro ordinamento atteso che anche per tutti gli altri giochi leciti viene utilizzato lo strumento della concessione ( cfr. ad es. art.1 legge 2 agosto 1982 n.528), strumento ormai tipico nel sistema dei giochi (Lotto, Superenalotto, Tris, Totocalcio, Gratta e Vinci, tutti affidati in concessione).
Il concessionario agisce come Amministrazione e si sostituisce ad essa assumendo, secondo l’insegnamento della Cassazione penale, la veste di incaricato di pubblico servizio.
D’altro canto è a sua volta controllato dalla P.A. concedente.
Le apparecchiature, che restano di proprietà dei gestori, sono collegate in rete con il nuovo concessionario che ne risponde nei confronti della Amministrazione concedente […]».
I concessionari delle rete telematica sono pertanto, oggi, titolari unici dei nulla osta all’esercizio degli apparecchi di gioco lecito con il compito di assicurare che la rete telematica loro affidata contabilizzi le somme giocate, le vincite ed il prelievo erariale unico, nonché la trasmissione periodica di tali informazioni al sistema centrale (cfr. Cassazione penale, sez. II, 06/12/2013, sentenza n. 51882; Cassazione civile, Sezioni Unite, 01/06/2010, ordinanza n. 13330).
2.3. Le istruzioni oggetto dell’odierna impugnativa – dapprima in via transitoria, e, successivamente, a regime – hanno disciplinato gli adempimenti amministrativi conseguenti all’introduzione del tetto fissato dall’art. 1, comma 922, della legge di stabilita 2016, individuando, in primo luogo, il numero massimo di titoli autorizzativi rilasciabili per l’anno 2016.
Tale tetto, commisurato dalla norma primaria al numero di N.O.E. di apparecchi AWP attivi alla data del 31.12.2015, è stato calcolato dall’Agenzia in 418.210 unità.
L’amministrazione si è in particolare fatta carico, in relazione all’incremento del PREU, della necessità per gli operatori del settore di mettere rapidamente in esercizio gli apparecchi con pay out inferiore al 74%, introducendo una “procedura straordinaria”, a carattere temporaneo, a cui ciascun concessionario ha potuto accedere presentando una richiesta contestuale di dimissione/emissione di N.O.E. sostitutivi.
Nell’ambito di tale procedura è stata prevista, quale condizione imprescindibile «che siano contemporaneamente richiesti la dismissione e il rilascio di nuovi N.O.E. in egual numero e che gli stessi siano riferiti al medesimo proprietario/gestore/possessore».
L’esame delle istruzioni diramate il 18.1.2016 evidenzia, peraltro, che detta procedura straordinaria è consistita semplicemente nella fissazione di un ordine di «assoluta priorità delle richieste di emissione» di N.O.E. sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio, e che, comunque, anche in tale “contesto straordinario” è stato ammesso agli operatori di «avvalersi delle consuete procedure disponibili per il “subentro” di un proprietario/possessore/gestore ad un altro, senza alcuna variazione in ordine al concessionario di riferimento o all’apparecchio, nonché delle procedure concordate di trasferimento di apparecchi da un concessionario ad un altro».
A regime, è stato poi esplicitamente stabilito che «al termine della procedura straordinaria, come già preannunciato con la precedente nota n. 4379 del 18 gennaio u.s. gli Uffici gestiranno in ordine cronologico le richieste di emissione di N.O.E.– che presentino o meno identità di concessionario – proprietario/gestore/possessore, anche qualora non siano state concluse in precedenza – sempre nell’ambito della “sostituzione” degli apparecchi complessivamente in esercizio al termine dell’anno 2015, secondo i criteri che seguono [..]».
Con precedente nota del 2.2.2016, l’amministrazione aveva già ulteriormente semplificato la procedura di dismissione/sostituzione «consentendo di procrastinare la riconsegna del dispositivo di controllo e dei titoli autorizzatori successivamente alla presentazione dell’istanza (improrogabilmente entro venti giorni solari a decorrere da tale data)».
Con le istruzioni del 12.4.2016, è stato quindi previsto che «in caso di cessazione di efficacia di N.O.E. per qualunque ragione (dismissione, risoluzione contrattuale, confisca, furto, incendio o cessione all’estero dell’apparecchio, e quant’altro, fatta eccezione per i casi di revoca e decadenza […])il concessionario deve presentare la comunicazione di dismissione […]nel termine fissato dalla vigenti disposizioni e contestualmente richiedere il rilascio dell’eventuale N.O.E. sostitutivo entro 30 giorni dal termine previsto per la comunicazione di dismissione e, comunque non oltre quaranta giorni dalla “data evento” della predetta dismissione, consegnando la documentazione prevista […].
Nel caso in cui il concessionario non presenti la richiesta di N.O.E. sostitutivi entro il termine sopra indicato […]il numero dei titoli autorizzatori dismessi sarà considerato disponibile, ai sensi del comma 922, per il rilascio, a tutti i concessionari, di N.O.E. sostitutivi, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 3, comma 5, del d.m. 12 marzo 2004, n. 86, con le modalità più avanti illustrate […].In relazione alle pratiche di dismissione presentate agli Uffici dei monopoli competenti a far data dal 1° gennaio 2016, non accompagnate dalla contestuale richiesta di rilascio di N.O.E. sostitutivi […] i concessionari potranno richiedere il corrispondente rilascio di titoli autorizzatori fino al numero massimo di dismissioni effettuate entro e non oltre il 30 maggio 2016 […].Nel caso di revoca e decadenza di N.O.E. […] il corrispondente numero di titoli autorizzatori sarà considerato disponibile per il rilascio a tutti i concessionari […]non potendo più essere considerati nella disponibilità del concessionario titolare in quanto revocato o decaduti. […].
Tenuto conto del “tetto” fissato dal comma 922 […]per il rilascio di N.O.E. sostitutivi di quelli revocati o decaduti, è necessario garantire eguali possibilità a tutti i concessionari ed evitare altresì fenomeni distorsivi delle dinamiche concorrenziali. A tal fine il rilascio dei predetti titoli autorizzatori potrà avvenire nel numero massimo di un tredicesimo del numero di N.O.E. disponibili rilevato su base settimanale e comunicato ai concessionari. […].
L’Agenzia effettuerà un attento monitoraggio delle operazioni di gestione dei N.O.E. da parte dei concessionari, in particolare quelle che riguardano un consistente numero di N.O.E. al fine di evitare l’elusione delle disposizioni volte a sottrarre alla disponibilità del mercato N.O.E. altrimenti destinati alla decadenza. […]».
2.4. In primo luogo, il Collegio ritiene che le disposizioni recate dalla legge di stabilità 2016 si iscrivano pienamente nelle coordinate tracciate nella sentenza n. 56 del 2015, con la quale, con riferimento al settore delle VLT, affine a quello qui in esame, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli artt. 3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost. (tali norme, come noto, hanno previsto l’aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l’esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo che i concessionari siano dotati dei nuovi “requisiti” e accettino i nuovi “obblighi” prescritti, rispettivamente, nelle lettere a) e b) del comma 78, e che i contenuti delle convenzioni in essere siano adeguati agli “obblighi” di cui sopra).
Nel caso richiamato, si è posto in particolare in rilievo che «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., ma non già in termini assoluti ed inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che dà luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico».
Ne consegue che «non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto».
Secondo la Corte «A maggior ragione ciò vale per rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme censurate, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor più, si può aggiungere, ciò deve essere vero, allorché si verta in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore.
Proprio in ragione dell’esigenza di garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato e di padroneggiare i rischi connessi a questo settore, la giurisprudenza europea ha ritenuto legittime restrizioni all’attività (anche contrattuale) di organizzazione e gestione dei giochi pubblici affidati in concessione, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale, quali sono certamente quelli evocati dall’art. 1, comma 77, della legge n. 220 del 2010 (contrasto della diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia; tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e dei consumatori, specie minori d’età; lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore), e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08)».
Con riferimento alla dedotta violazione dell’art.41, comma 1, Cost., la Corte ha ricordato di avere costantemente negato che sia «configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale», oltre, ovviamente, alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana […] purché, per un verso, l’individuazione dell’utilità sociale «non appaia arbitraria» e, «per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue» (ex plurimis, sentenze n. 247 e n. 152 del 2010; n. 167 del 2009).
Questi principi, secondo la giurisprudenza costituzionale, devono essere osservati anche nella disciplina legislativa di un’attività economica considerata quale pubblico servizio, che è pur sempre espressione del diritto di iniziativa economica garantito dall’art. 41 Cost., con la particolarità che al regime di ogni servizio pubblico è connaturale l’imposizione di controlli e programmi per l’indirizzo dell’attività economica a fini sociali, sicché in tali ipotesi «[…] la individuazione da parte del legislatore dell’utilità sociale può sostanziarsi di valutazioni attinenti alla situazione del mercato» e «può dar luogo ad interventi legislativi tali da condizionare in qualche modo le scelte organizzative delle imprese», sempre che l’individuazione dell’utilità sociale non appaia arbitraria e che gli interventi del legislatore non perseguano l’individuata utilità sociale mediante misure palesemente incongrue, ed in ogni caso che l’intervento legislativo non sia tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre la funzionalizzazione dell’attività economica di cui si tratta sacrificandone le opzioni di fondo» (sentenza n. 548 del 1990).
Il contrasto con l’art. 41 Cost. di limiti, vincoli e controlli imposti dal legislatore all’attività del concessionario, anche in costanza del rapporto, non discende dunque dal solo fatto che l’intervento normativo censurato incide, anche in modo rilevante, sull’organizzazione imprenditoriale del concessionario, condizionandone le scelte e i programmi di investimento, ma, in applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte, perché sussista, richiede che a questi effetti limitativi della libertà d’impresa si accompagni l’arbitraria individuazione dell’utilità sociale perseguita dal legislatore o la palese incongruità delle misure adottate per perseguirla».
Con riguardo all’art. 42 Cost., la Corte ha infine ricordato che rientra «nell’ambito della tutela della proprietà, accanto alla fattispecie dell’espropriazione formale, il complesso delle situazioni, le quali, pur non concretando un trasferimento totale o parziale di tale diritto, ne svuotino il contenuto» (ex plurimis, sentenze n. 92 del 1982, n. 89 del 1976, n. 55 del 1968). Questo principio, tuttavia, opera esclusivamente nei confronti delle ablazioni reali, cioè di quelle espropriazioni che concernono i beni, con l’imposizione di limiti e vincoli che li svuotino del loro contenuto. Mentre esso non è applicabile alle prestazioni (o ablazioni) obbligatorie (sentenza n. 290 del 1987)».
Le considerazioni testé riportate appaiono traslabili anche al complesso delle disposizioni della legge di stabilità 2016, in quanto:
– dal punto di vista dell’ “affidamento” l’intervento del legislatore si iscrive in un contesto normativo da tempo caratterizzato da esigenze di riordino (cfr., da ultimo, ad esempio, l’art. 14 della legge n. 23 del 2014) in funzione della «tutela della fede, dell’ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica»;
– relativamente ai “fini sociali” perseguiti, essi consistono nel miglioramento della sicurezza pubblica, della tutela dei giocatori e nella razionalizzazione dell’offerta presente sul territorio;
– per quanto concerne le garanzie recate dell’art. 42 Cost., non viene operato né l’esproprio dei beni acquistati ai fini della raccolta del gioco, né, comunque, del patrimonio in essi investito, essendosi il legislatore limitato a rimodulare l’offerta di un settore al quale, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, è connaturato l’intervento pubblico in funzione di indirizzo e tutela tanto degli interessi dei consumatori quanto di quelli erariali.
Pare poi al Collegio che, in tale processo, il legislatore si sia attenuto al principio di gradualità e proporzionalità indicato dalla Corte Costituzionale, non imponendo ex abrupto la dismissione degli apparecchi attualmente in uso, bensì attraverso step successivi, destinati a venire a compimento solo nel 2019, e, comunque, affidando alla normazione secondaria la concreta individuazione delle misure necessarie a realizzare il processo di evoluzione tecnologica del settore.
Anche l’innalzamento del PREU – in disparte il fatto che, come già evidenziato, si tratta di un intervento più volte attuato dal legislatore negli ultimi anni – è stato accompagnato, a fini di riequilibrio, ancorché parziale, da una corrispondente riduzione del pay – out.
2.5. Ciò posto, reputa il Collegio che ADM, nell’esercizio delle sue funzioni di vigilanza e tutela della filiera del gioco lecito, abbia operato in conformità all’attuale assetto ordinamentale del settore nonché in aderenza alla ratio che ispira le norme introdotte dalla legge di stabilità 2016.
Al riguardo, deve in particolare evidenziarsi che il legislatore, ai fini del contingentamento dei titoli autorizzativi in esame, non ha dettato criteri diversi e/o ulteriori da quelli ricavabili dalla disciplina che si è in precedenza riportata.
Inoltre, l’art 1, comma 922, della cit. legge di stabilità, qui in rilievo, si è limitato a stabilire un tetto al rilascio dei nulla – osta di esercizio, precludendo, per l’anno 2016, il rilascio di ulteriori autorizzazioni se non in sostituzione di titoli relativi ad apparecchi attivi alla data del 31.12.2015.
La riduzione del numero dei titoli rilasciabili, in rapporto agli apparecchi attivi alla data del 31.7.2015, è invece disciplinata dal successivo comma 943 della medesima disposizione e la sua attuazione è stata affidata ad un decreto ministeriale, allo stato non ancora emanato.
L’interpretazione sistematica del compendio normativo, sopra sintetizzato, porta quindi ad escludere che la riduzione del numero complessivo dei titoli autorizzativi rilasciabili debba avere luogo già a far data dall’1.1.2016, o che, comunque, il contingente previsto per l’anno 2016 debba essere fissato in rapporto non già agli apparecchi attivi alla data del 31.12.2015 ma a quella del 31.7.2015.
Diversamente opinando, la disposizione del comma 922 rimarrebbe priva di significato utile, laddove invece essa costituisce il primo step del processo di progressivo contenimento, ed, insieme, di evoluzione tecnologica, dell’offerta di gioco, configurato dal legislatore.
Le circolari impugnate appaiono in definitiva legittime nella misura in cui hanno individuato il “tetto” «oltre il quale è precluso il rilascio di ulteriori titoli autorizzatori» per l’anno 2016, quale misura propedeutica alla programmata riduzione, prevista a decorrere dall’1.1.2017.

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