A margine della presentazione della campagna di sensibilizzazione sul gioco responsabile lanciata da StarCasinò, Stefano Tino (Managing Director di Betsson Group) discute con PressGiochi degli obblighi che il nuovo bando
A margine della presentazione della campagna di sensibilizzazione sul gioco responsabile lanciata da StarCasinò, Stefano Tino (Managing Director di Betsson Group) discute con PressGiochi degli obblighi che il nuovo bando impone per il controllo del gioco patologico, dell’utilizzo dell’IA, e del divieto di pubblicità.
Dottor Tino, come si articola esattamente la campagna?
“Rientra in un ambito normativo evoluto e si articola in un modo più complesso della semplice comunicazione televisiva. Abbiamo voluto accostare una comunicazione di massa di natura televisiva e radiofonica a delle attività sul territorio. Supporteremo infatti diverse associazioni impegnate nel contrasto alla ludopatia. Inoltre, finanzieremo delle campagne di formazione – come quella in collaborazione con la Scuola per Croupier di Fasano – e supporremo lo screening dei giocatori patologici, che oggi è un’attività a pagamento. Oltretutto, quando un giocatore arriva allo strenuo probabilmente ha anche problemi economici e questi problemi economici non lo aiutano di certo a entrare all’interno di un percorso. Quindi quello che noi facciamo è supportare l’entrata in questi percorsi. E ancora, il supporto a un’Università privata, per analizzare la problematica della ludopatia in sé per sé, perché la comprensione del problema aiuta a contrastarlo. Eliminarlo sarà probabilmente impossibile, ma almeno possiamo minimizzarlo”.
Lo spot su quali canali verrà trasmesso?
“Su tutti i canali a 360 gradi, quindi sia digitale che canali tradizionali, radio. Inoltre, stiamo lavorando con Lino Banfi per produrre una serie di pillole nelle quali Lino potrà continuare a dare questo tipo di messaggio, raccontarlo nel tempo per raggiungere anche poi quello che è il target più giovane che vive sui social”.
Il bando del gioco online pone una serie di obblighi al concessionario per contrastare il gioco problematico. Che impatto avranno?
“Il bando prevede delle norme molto restrittive. Se io le comparo con diversi paesi europei o extraeuropei, probabilmente l’Italia ad oggi con anche la nuova regolamentazione che sta arrivando, ha delle regole più complesse e complete. Per me è una cosa corretta, ma è una cosa corretta che però deve essere gestita in termini di comunicazione anche politica, perché bisogna far capire come il governo, Adm e poi gli operatori come noi, lavorano realmente sulla gestione della problematica. Questa problematica la conosciamo e la gestiamo, inseriamo limiti di deposito, limiti di tempi di sessione, limiti di spesa effettiva, auto esclusione del gioco, sono tutte cose che oggi qualsiasi altra industria non ha”.
Tutti questi limiti potrebbero allontanare il giocatore?
“Dipende. Bisogna essere smart nell’introduzione dei limiti, sia da un punto di vista dei Monopoli che dell’operatore. Il giocatore è un utente medio normale, che magari spende i famosi 40 euro al mese. Occorre quindi far capire che questi limiti – che poi vengono settati una volta sola – servono a lui e qual è la conseguenza e l’effetto reale. È chiaro che potrebbe essere noioso dal punto di vista dell’utente, però fatto in modo giusto, anche dal punto di vista della semplice interfaccia grafica, assicura il risultato finale che purtroppo non può essere ottenuto invece sui siti illegali. Anzi, su questi ultimi magari il giocatore viene spinto verso la problematica”.
Adm nelle ultime FAQ ha spiegato che il concessionario dovrà intervenire non bloccando il giocatore quando sfiora i limiti, ma semplicemente lanciando degli alert. Potrebbero ridurre l’efficacia della misura?
“Questo è vero, però è anche vero che poi l’operatore ha la responsabilità di fronte a Adm e il giocatore stesso di applicare le proprie procedure di gioco responsabile. E l’operatore tramite i propri strumenti può anche comprendere che il comportamento del giocatore sta diventando eccessivo e quindi indirizzarlo verso il percorso di gioco responsabile, e arrivare poi al blocco dell’utente”.
Prima però sono previsti dei semplici alert, poi si passa al blocco totale. Ma il blocco non potrebbe arrivare troppo tardi?
“Beh, dipende da come l’azienda è organizzata, ogni azienda ha i suoi strumenti. Nel nostro caso, abbiamo un dipartimento di gioco responsabile che si occupa solo di questo e abbiamo un software sviluppato internamente che esegue un’analisi dei dati, non è così difficile in realtà triggerare un questionario sulla base di anomalie, perché un’anomalia può essere semplicemente una modifica del tuo comportamento di gioco, perché mediamente ogni giocatore ha un comportamento abbastanza regolare, se normalmente spende 50 euro al mese – giusto per fare un esempio -e dedica sempre lo stesso tempo al gioco, ci accorgiamo immediatamente se poi all’improvviso c’è uno spike. C’è una gestione del dato in tempo reale, è chiaro che il primo problema si è manifestato, però quantomeno posso evitare un’escalation”.
L’operatore in sostanza già traccia il comportamento del singolo giocatore. Il bando poi prevede anche l’utilizzo di strumenti di intelligenza artificiale. Come si concilia tutto questo col rispetto della privacy?
“È totalmente vero, ma è anche vero che non c’è bisogno di analizzare o di associare dati di natura personale all’utente, perché per me l’utente è un codice, quindi un codice 7 4 5, al quale non vengono associati i dati di natura anagrafica”.
Però poi interviene sul comportamento del singolo giocatore…
“Successivamente sì, quando identifichiamo la problematica. Dobbiamo per forza avere accesso al dato. Ma chiaramente lo facciamo nell’ambito dell’attuale norma dell’attuale GDPR. E il trattamento dei dati viene accettato dal cliente stesso. In alcuni casi, poi, sarà necessario contattare il cliente, se il cliente mi ha dato la possibilità di farlo, perché poi non tutti i clienti accettano”.
Voi siete degli operatori di gioco, venite però investiti di un ruolo che non è esattamente quello vostro, visto che dovete offrire una diagnosi…
“Diciamo che siamo l’unica industry che sostanzialmente ha questo compito di effettuare un’analisi così approfondita e di intervenire sul giocatore stesso. Ci sono molte altre dipendenze nel mondo, ma non credo che in altri settori le aziende siano portate ad agire sulla dipendenza stessa. In questo caso, però è anche vero che le aziende sono cresciute da sole, perché comprendere che la gestione della problematica equivale a rimuovere un limite per l’azienda stessa. Se un’azienda ha 100 utenti, e 99 hanno comportamenti a rischio, ne risente l’azienda stessa. Già da un punto di vista prettamente economico, deve sostenere costi, deve gestire il problema perché ne è responsabile. E anche per quanto riguarda il business, non conviene a nessuno che un cliente abbia un problema, all’azienda conviene che il cliente sia regolare, e abbia un approccio al gioco normale, spenda quello che può spendere nel suo ciclo di vita”.
Sul divieto di pubblicità cosa si aspetta?
“Il governo si è impegnato recentemente a valutare modifiche al decreto dignità. Non c’è nessuna deadline, potrebbe accadere domani, tra 10 anni o mai. Ma è un messaggio politico importante, perché chiaramente è la prima volta dai tempi del decreto Dignità, che il governo assume questo impegno. Inoltre, il divieto totale non porta risultati, non ha mai portato risultati in nessun settore. Ed è facile vietare. Quello che è difficile è normare, ovvero promuovere una comunicazione corretta che sia per il settore, sia per lo Stato, sia per il consumatore. La comunicazione va normalizzata e io sono curioso di vedere l’eventuale modifica come farà a evitare ambiguità”.
Per gli operatori comunque sarebbe un enorme passo in avanti, non crede?
“Oggi come oggi c’è un’apertura, nel senso che abbiamo adesso la possibilità di comunicare come gioco responsabile, che è la cosa importante, perché quanto meno possiamo dire siamo legali. E dobbiamo dare un messaggio giusto, e distinguerci da quello che è illegale. Ma da un punto di vista prettamente personale, io ritengo che un’apertura sia necessaria, semplicemente perché non funziona quello che c’è oggi. Un dato certo, è che la situazione attuale ha stimolato il mercato illegale”.
PressGiochi