28 Marzo 2024 - 21:24

Spallone (Luiss): “L’aumento dei prelievi fiscali e regolazione dosorganiga mettono a rischio il futuro del gioco pubblico”

Nel 2017, la spesa dei giocatori si è attestata intorno ai 18,5 miliardi di euro, generando entrate erariali per circa 9,5 mld di euro, con una lieve flessione rispetto al

11 Luglio 2018

Print Friendly, PDF & Email

Nel 2017, la spesa dei giocatori si è attestata intorno ai 18,5 miliardi di euro, generando entrate erariali per circa 9,5 mld di euro, con una lieve flessione rispetto al 2016. L’apparente aumento dei volumi di gioco sperimentato in Italia negli ultimi anni è dovuto principalmente all’evoluzione del payout, ovvero alle maggiori vincite dei giocatori.

Se è vero che la liberalizzazione ha permesso la riemersione dei volumi di gioco prima appannaggio del circuito illegale, è altrettanto vero che tale domanda è stata incanalata nell’ambito del gioco legale e che la spesa sostenuta dai giocatori non ha registrato aumenti sostanziali.

 

Lo ha affermato Marco Spallone, prof. di economia all’Università di Pescara e Luiss, durante l’Assemblea pubblica di Sistema Gioco Italia ieri a Roma analizzando l’evoluzione storica e le prospettive del mercato dei giochi in Italia e proponendo gli interventi fiscali e normativi che sono necessari per salvaguardare l’industria.

Appare evidente – ha affermato l’economista – che, nonostante i numeri robusti, nell’ultimo quinquennio il comparto abbia cominciato a mostrare i segni tipici della maturità, ovvero una spesa dei giocatori costante e margini per la filiera in diminuzione a causa di una pressione fiscale in costante aumento e più elevata rispetto a quella dei grandi Paesi europei.

 

In aggiunta alla riduzione dei margini, nell’ultimo biennio si è palesata una grande incertezza circa la redditività degli investimenti futuri a causa dell’azione restrittiva posta in essere dalle autorità locali. Le restrizioni all’offerta imposte dalle autorità locali hanno scoraggiato investitori nazionali ed internazionali, che vedono nella certezza delle regole una condizione imprescindibile per lo sviluppo economico.

 

Come detto, la spesa sostenuta dai giocatori è rimasta stabile, nonostante il mercato dei giochi abbia generato una raccolta crescente nell’ultimo quinquennio, passando da circa 88 a 100 miliardi di euro. E’ infatti proprio la spesa, ovvero la differenza tra le somme giocate e quelle vinte, che misura il potenziale di mercato che deve remunerare la filiera e d’erario: essa si è attestata intorno ad una media di circa 18 miliardi di euro.

Allo stesso tempo, la ripartizioni della spesa, ha subito una profonda trasformazione in favore dell’erario, e a scapito della filiera. In particolare, se nel 2012 il 56,1% della spesa rappresentava il margine a disposizione della filiera, nel 2017 tale percentuale si è ridotta al 48,3%, passando da 10,3 a 8,9 miliardi di euro.

Contemporaneamente, la quota di spesa per l’erario è passata dal 43,9% al 51,7% con un incremento del 17,6% passando da 8 a 9,6 miliardi di euro.

 

 

Anche il comparto degli apparecchi AWP e VLT presenta una raccolta e spesa sostanzialmente stabili dal 2014. Tale maturità dovrebbe disinnescare la preoccupazione espressa dalle autorità locali su una possibile evoluzione esplosiva del fenomeno e scoraggiare le corrispondenti misure restrittive dell’offerta, ma gli orientamenti politici appaiono essere di segno opposto, nonostante sia stato il comparto degli apparecchi ad aver subito negli ultimi anni l’aumento più intenso della pressione fiscale e la conseguente contrazione dei margini: il margine è passato dal 51,6% della spesa nel 2014 al 41,8% nel 2017 (-19%) e la contribuzione erariale nello stesso intervallo temporale è salita dal 48,4% al 58,2% (+20,3%).In particolare, il margine  è passato 4,6 a 4,3 mld di euro.

 

Le entrate fiscali generate dal comparto dei giochi in Italia sono superiori a quelle generate negli altri paesi europei, con un gettito mediamente più che doppio rispetto a Francia e Regno Unito, e quasi 4 volte quello di Spagna e Germania. La differenza di gettito non è dovuta esclusivamente alla maggiore spesa dei giocatori italiani: nel Regno Unito, per esempio, la spesa pro capite è addirittura superiore a quella che si registra in Italia.

La tassazione in Italia è la più alta, di gran lunga,  nel comparto apparecchi, ed è in linea con quella europea nel comparto delle scommesse online.

Anche in relazione alle altre tipologie di gioco, nonostante le difficoltà evidenziate per un eventuale confronto, la pressione fiscale in Italia si colloca sempre su livelli alti relativamente agli altri grandi paesi europei.

Mentre negli altri paesi europei gli interventi come i distanziometri sono a tutela dei concessionari, i provvedimenti delle autorità locali italiane, sono spesso stati impugnati perché troppo restrittivi, e , in quanto tali, lesivi della libertà d’impresa. Se da un punto di vista sociale è dubbia l’efficacia dei provvedimenti nel contrasto alla ludopatia, da un punto di vista economico sono certi gli effetti in termini di contrazione dei volumi di gioco, stabilità delle entrate erariali, sostenibilità economica della filiera e difesa dei livelli occupazionali.

 

Ancora più grave dal punto di vista aziendale è l’incertezza generata dalla disomogeneità dei provvedimenti.

Il settore dei giochi ha sofferto nell’ultimo quinquennio un progressivo inasprimento fiscale, che ha condotto ad una rilevante riduzione dei margini della filiera. L’estrema competitività del comparto, impedisce agli operatori di reagire con una riduzione proporzionale delle vincite concesse ai giocatori: infatti la riduzione del payout finirebbe con il determinare una migrazione verso il gioco illegale.

 

Il settore è maturo e ulteriori aumenti dei prelievi fiscali – ha concluso Spallone – sarebbero da soli in grado di metterne a rischio la sostenibilità economica. I margini ridotti dal fisco e la remunerazione degli investimenti resa incerta da una regolazione territoriale disorganica rappresentano una combinazione pericolosa per il futuro. Oltre a scoraggiare ulteriori aumenti della tassazione, si rende necessario, quindi, trovare una soluzione che permetta ai territori di fare fronte ai costi sociali del gioco senza che se ne consideri quasi obbligatoria l’espulsione.

 

PressGiochi