L’Avv. Luca Giacobbe chiarisce: il parametro di riferimento dovrà essere il fatturato della sala derivante esclusivamente dalla vendita delle cartelle, senza includere proventi da apparecchi o ristorazione.
La sentenza del Consiglio di Stato sul contenzioso dei canoni del Bingo segna un passaggio decisivo in una vicenda che si trascina da oltre un decennio. Dopo anni di rinvii, contenziosi e pareri della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il massimo organo della giustizia amministrativa italiana ha stabilito che la proroga tecnica delle concessioni è illegittima per durata e modalità, e ha richiamato l’amministrazione all’obbligo di bandire nuove gare.
Questo il punto di vista dell’avvocato Luca Giacobbe, da tempo impegnato nella difesa degli operatori del settore, che commenta a PressGiochi la sentenza di ieri del Consiglio di Stato il quale accogliendo i ricorsi proposti dai concessionari prevede che l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ADM di fatto provveda a rideterminare il canone – o indennità di occupazione – in modo proporzionato al fatturato degli operatori, garantendo un equilibrio tra interessi pubblici e privati.
“Secondo me – afferma Giacobbe – il giudizio del Consiglio di Stato è un giudizio equo, è una sentenza equa. Equo significa non trattare tutti indistintamente allo stesso modo, ma tener conto delle situazioni differenziate di ciascun operatore.
La proroga è illegittima innanzitutto perché non dà un orizzonte temporale agli operatori: parliamo di una proroga iniziata nel 2013 e che, salvo interventi, arriverà a tredici anni consecutivi nel 2026. Una proroga “tecnica” dovrebbe essere temporanea, non certo prolungarsi per oltre un decennio.
Inoltre, è illegittima anche per le modalità con cui è stata concepita: una proroga onerosa in cui tutti pagano sostanzialmente la stessa cifra, senza distinzione di fatturato o di dimensione della sala”.
Sulle criticità della proroga se n’è parlato tanto, ma c’è qualcosa che balza particolarmente all’evidenza?
“Sì, due aspetti fondamentali. Il primo è che il Consiglio di Stato intima chiaramente all’amministrazione di indire le gare, e di farlo subito. Non ci sono più alibi legati al territorio o a difficoltà organizzative: la violazione dei principi comunitari è palese e prolungata, e ora va sanata.
Il secondo riguarda i canoni. Il Consiglio di Stato riconosce che l’amministrazione ha il potere, anche in via provvisoria, di rideterminare autonomamente gli importi in attesa delle gare. Ma deve farlo seguendo due criteri: il fatturato della sala, riferito esclusivamente al gioco del bingo. Non devono essere inclusi nei ricavi elementi estranei, come gli apparecchi o la ristorazione; il bilanciamento tra vantaggi e svantaggi avuti dagli operatori: da un lato l’esercizio senza gara, dall’altro i limiti subiti — come l’impossibilità, fino all’anno scorso, di trasferire i locali anche in presenza di perdite.
L’amministrazione dovrà tener conto di questi elementi nel rideterminare i canoni, anche per compensare i danni derivanti da un sistema bloccato da anni”.
C’è anche chi si aspettava che l’esito di questo contenzioso potesse andare verso la gratuità dell’esercizio della raccolta del bingo…
È un’ipotesi del tutto infondata, direi quasi folle. La Corte di Giustizia lo chiarisce espressamente al considerando 95: rendere gratuita la proroga significherebbe creare un vantaggio indebito per gli operatori.
Qualcuno immaginava un sistema “balneare”, con canoni simbolici, ma non è realistico. Gli operatori del bingo sono imprenditori seri, che rischiano in prima persona, e nessuno può pensare di esercitare un’attività economica senza corrispondere un corrispettivo”.
C’è la possibilità che alcuni operatori ora ricorrano per chiedere un rimborso?
“Ora la palla passa all’Amministrazione. Se farà le cose per bene, rideterminando i canoni sulla base di un tetto massimo coerente con la legge, si potrà evitare una nuova ondata di contenziosi. In caso contrario, inevitabilmente gli operatori torneranno a ricorrere.
Ricordiamo che la proroga era partita con un canone di 2.800 euro, oggi siamo intorno ai 9.000. E questo in un contesto in cui il gioco fisico ha perso terreno rispetto all’online. Il bingo, poi, è rimasto fermo a venticinque anni fa, senza innovazioni o rilanci. Per questo, una soluzione di buon senso sarebbe riportare il canone medio a 2.800 euro”.
Giacobbe sottolinea infine che la sentenza del Consiglio di Stato “mette una pietra importante su questa vicenda”, pur restando ancora aperti i contenziosi legati alle singole proroghe. Ma la direzione è tracciata: i TAR dovranno uniformarsi alla decisione e l’amministrazione sarà chiamata a definire in modo trasparente i criteri dei nuovi canoni.
Sul piano più ampio, l’avvocato intravede un effetto domino anche su altri segmenti del settore: “La Corte di Giustizia sta già esaminando un ricorso analogo sulla proroga degli apparecchi a partire dal 2023. Mi aspetto che anche in quel caso si arrivi alla stessa conclusione: dichiarare illegittime le proroghe, imporre le gare e rideterminare i canoni in base alla redditività effettiva. È una linea di principio che, se applicata, potrà accelerare l’intera riforma del sistema dei giochi.”
Cristina Doganini – PressGiochi






