24 Aprile 2024 - 13:05

Scommesse: no alla licenza di polizia ai Ctd legati ad operatori privi di concessione

Fa bene la Questura di Pavia ha negare la licenza di polizia ad un centro trasmissione dati legato ad un operatore estero privo della concessione ministeriale italiana. Lo afferma il

10 Novembre 2020

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Fa bene la Questura di Pavia ha negare la licenza di polizia ad un centro trasmissione dati legato ad un operatore estero privo della concessione ministeriale italiana.

Lo afferma il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia eprimendosi sul ricorso di un CTD legato alla società austriaca Phoenix, titolare del brand Aleabet.

Il Tar ha spiegato: “Il sistema concessorio-autorizzatorio, vigente nel nostro ordinamento, la cui legittimità è stata confermata anche dalle Corti europee, riguarda unicamente operatori economici che intendano ‘organizzare e gestire’ nel territorio la parte del mercato nazionale delle scommesse dismessa dalle strutture pubbliche, e non lascia nessuno spazio per formule organizzatorie, che, separando le fasi della negoziazione, non consentano l’individuazione dell’effettivo radicamento giuridico del gestore reale nel mercato nazionale delle scommesse. Invece con il meccanismo predisposto (attraverso un CTD intermediario, come nella fattispecie), ove lo Stato italiano lo consentisse, il reale gestore del mercato potrebbe svolgere la sua attività all’estero senza sottoporsi a controlli e verifiche, agendo attraverso l’intermediatore, rispetto al quale nessuna responsabilità sarebbe ipotizzabile, ingenerando incertezze presso gli stessi scommettitori. Anzi, tale incertezza costituisce di per sé un valido e sufficiente motivo di ordine pubblico per denegare l’autorizzazione. Peraltro, anche la giurisprudenza penale si è orientata nel senso di ritenere che integra il reato previsto dall’art. 4 della l. 13 dicembre 1989, n. 401, la raccolta di scommesse su eventi sportivi da parte di un soggetto che compia attività di intermediazione per conto di un allibratore straniero privo di concessione (Cassazione penale, Sez. III, 20 luglio/30 agosto 2017, n. 39561).”.

La Corte di Giustizia – ha motivato il giudice amministrativo – ha ribadito che il sistema italiano, il quale prevede il divieto, penalmente sanzionato, di esercitare attività nel settore dei giochi d’azzardo per coloro che non abbiano preventivamente ottenuto la apposita concessione governativa nonché l’autorizzazione di polizia prevista dall’ art. 88 TULPS, contiene delle effettive restrizioni alle libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, ma tali restrizioni possono ritenersi compatibili con il diritto dell’Unione se e nella misura in cui si giustificano con “motivi imperativi di interesse generale”.

La Corte ha dunque concuso che “ articoli 43 CE e 49 CE devono essere interpretati nel senso che, allo stato attuale del diritto dell’Unione, la circostanza che un operatore disponga, nello Stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione che gli consente di offrire giochi d’azzardo non osta a che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell’Unione, subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità, per un tale operatore, di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo territorio”.

Ne discende che ogni Stato membro conserva il diritto di subordinare la possibilità per gli operatori che intendano proporre giochi d’azzardo a consumatori che si trovino sul suo territorio al rilascio di un’autorizzazione da parte delle sue autorità competenti, senza che la circostanza che un operatore privato sia già titolare di un’autorizzazione rilasciata in un altro Stato membro possa esservi d’ostacolo (v. sentenza Stoß e a., cit., punto 113).

42 Infatti, i vari Stati membri non dispongono necessariamente degli stessi mezzi tecnici per controllare i giochi d’azzardo e non compiono per forza le medesime scelte al riguardo. Il fatto che un particolare livello di tutela dei consumatori possa essere raggiunto in un determinato Stato membro, mediante l’applicazione di tecniche sofisticate di controllo e di sorveglianza, non consente di concludere che il medesimo livello di protezione possa essere raggiunto in altri Stati membri che non dispongano di questi mezzi tecnici o non abbiano fatto le medesime scelte. Inoltre, uno Stato membro può legittimamente scegliere di voler sorvegliare un’attività economica che si svolge nel suo territorio, ciò che sarebbe per esso impossibile qualora dovesse fidarsi dei controlli effettuati dalle autorità di un altro Stato membro mediante sistemi di regolazione cui esso non sovrintende in prima persona

Ne discende quindi che “la circostanza che un operatore disponga, nello Stato membro in cui è stabilito, di un’autorizzazione che gli consente di offrire giochi d’azzardo non osta a che un altro Stato membro, nel rispetto degli obblighi posti dal diritto dell’Unione, subordini al possesso di un’autorizzazione rilasciata dalle proprie autorità la possibilità, per un tale operatore, di offrire siffatti servizi a consumatori che si trovino nel suo territorio.”

PressGochi