14 Giugno 2025 - 13:57

Rodano (Playtech) a PressGiochi: “Il futuro del gioco responsabile tra controllo, equilibrio e nuove tecnologie” – Video

In occasione degli Stati Generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli 2025, PressGiochi ha incontrato Francesco Rodano, Chief Policy Officer di Playtech. Con una lunga esperienza nel settore regolatorio, maturata

26 Maggio 2025

In occasione degli Stati Generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli 2025, PressGiochi ha incontrato Francesco Rodano, Chief Policy Officer di Playtech. Con una lunga esperienza nel settore regolatorio, maturata anche in Italia presso l’Agenzia dei Monopoli, Rodano oggi osserva da una prospettiva internazionale l’evoluzione delle politiche di gioco responsabile. L’ex dirigente ADM analizza insieme a noi i modelli di regolamentazione a livello globale, l’equilibrio tra proibizionismo e liberalizzazione e le potenzialità dell’intelligenza artificiale nella tutela dei giocatori.

La responsabilità delle istituzioni e degli operatori è diversa tra l’Italia e il resto del mondo o si gioca tutto sommato alla stessa maniera?
“Non si gioca dappertutto nella stessa maniera. Diciamo che ogni Paese ha un livello di maturazione diversa quando si tratta di regolamentazione di giochi.
Va detto che l’Italia ha fatto scuola perché nel 2009, con l’adozione della legge comunitaria, è stato il primo Paese in Europa a prevedere delle licenze o concessioni per gli operatori che volevano legalmente offrire il gioco nel Paese.
E quello ha innescato un processo che ha portato negli anni successivi praticamente tutti i Paesi europei — con la sola eccezione al momento della Norvegia e della Finlandia (ma la Finlandia sta cambiando) — ad adottare il regime di licenze nazionali.
Quindi ci sono diversi gradi di maturità e nei Paesi più maturi si è presa più consapevolezza del fatto che non si può lasciare al giocatore la responsabilità di autocontrollarsi quando gioca, ma bisogna costruire un insieme di accorgimenti, interventi, software per accompagnarlo e intervenire nel caso che sia su un percorso che in futuro potrebbe portarlo a perdere il controllo e a soffrire danni a causa del gioco”.

L’Italia però ha vissuto tre fasi: una prima di liberismo sfrenato, poi un’invocazione al proibizionismo e ora una terza fase di ricerca di equilibrio. Eppure, proprio ora, altri Paesi stanno copiando le vecchie norme restrittive che tanto avevano criticato.
“Esatto, il tipo di ciclo è più o meno simile in ogni Paese. Si parte con l’apertura del mercato, quando ci si rende conto che il gioco esiste già ed è un’attività molto diffusa ma avviene interamente su circuiti illegali, dove abbiamo due problemi:
Uno: mancanza di introiti fiscali di un’attività economica che esiste.
Due (più importante): la mancata possibilità per lo Stato di intervenire e porre delle protezioni per i giocatori.
Però il problema è che quando si apre un mercato e si comincia a vedere molta pubblicità, gli operatori vogliono legittimamente competere e acquisire quote di mercato, diventando molto aggressivi dal punto di vista del marketing. Questo crea una percezione nell’opinione pubblica di invasione delle attività di gioco.
La maggior parte dei cittadini non sono giocatori, quindi sono particolarmente colpiti negativamente da tutta questa visibilità del gioco.
È naturale. E comincia a fare pressione sul decisore politico. I giornali cavalcano le storie cattive attorno al gioco, perché è il mestiere loro; e questo porta una reazione dell’autorità politica che decide di intervenire in senso restrittivo, esattamente come hai detto tu.
La restrizione, però, purtroppo spinge i giocatori di nuovo verso il circuito illegale. E quindi finalmente ci si rende conto che occorre trovare un equilibrio — a cui faceva riferimento il consigliere Alesse nel suo intervento — tra liberismo e proibizionismo, che consenta di avere un mercato sano dove i giocatori sono protetti e non sono incentivati a uscire dal circuito legale”.

Ha citato un episodio specifico in cui una restrizione ha causato lo spostamento del 30% dei giocatori verso l’illegale in un solo mese.
“Sì, è successo in Olanda, un mercato anche grande dal punto di vista economico in ambito di gioco, con molti operatori.
Siccome gli operatori non sono stati in grado di esprimere, dopo l’apertura, una proposta credibile al regolatore sulle misure di protezione dei giocatori, il regolatore è dovuto intervenire con l’accetta.
Ha deciso di imporre un limite di deposito di 700 euro al mese per tutti i giocatori olandesi.
E quando si fa un limite unico, funziona per alcuni giocatori, ma non per altri.
Per alcuni 700 euro sono comunque tanti, per altri sono pochi perché sono persone facoltose. E quindi alcuni giocatori continuano a soffrire, altri si spostano altrove dove di nuovo non c’è un introito fiscale e non c’è protezione.
E questo di nuovo crea la necessità di trovare un approccio differente.
Come abbiamo discusso oggi, l’intelligenza artificiale analizzando il comportamento di ogni singolo giocatore in maniera molto precisa riesce a individuare quei giocatori che potrebbero essere a rischio in futuro.
L’operatore può quindi concentrarsi su questi e affiancarli, invece di mettere misure sull’intera base giocatori che hanno effetti anche negativi su chi non ha problemi”.

Playtech è un operatore globale. In Italia c’è spesso tensione tra operatori del gioco online e fisico: ognuno sostiene di essere più sicuro per i giocatori. L’AI e le app funzionano però per l’online. E per il gioco fisico?
“Il gioco fisico ha un vantaggio enorme, se ci pensiamo, ed è il fatto che il personale di sala può osservare fisicamente e direttamente i giocatori”.

Quindi un’intelligenza naturale a confronto con l’intelligenza artificiale.
“Esatto. Se il personale di sala è opportunamente formato — e so che diversi concessionari hanno programmi seri di formazione — può intervenire al primo segno di perdita di controllo da parte dei giocatori. L’aspetto affascinante dell’intelligenza artificiale per il gioco online è che consente di ricreare questa osservazione molto diretta, molto precisa, però a distanza, senza bisogno di essere lì fisicamente. Quindi sono modalità di gioco diverse, ma le modalità di protezione, alla fine, si avvicinano molto”.

Per chiudere, oggi c’è un Paese che può rappresentare un modello tra best practice, normativa e cultura?
“Difficile a dirsi. Secondo me ci sono alcuni aspetti in ciascun Paese che potrebbero essere considerati migliori prassi. Per questo è importante che i regolatori si parlino tra di loro.
Ai miei tempi c’era questo gruppo di esperti che riuniva tutti i 27-28 regolatori nazionali europei.
Si fece un grande lavoro di scambio di esperienze che portò poi all’adozione di linee guida e raccomandazioni sul gioco responsabile. Adesso questo tipo di scambio sta riprendendo.
L’Italia è recentemente rientrata in un gruppo di regolatori che include la Francia, la Spagna, l’Inghilterra, la Germania, il Portogallo. L’obiettivo è proprio questo: imparare gli uni dagli altri. Nessuno di noi, come si dice, nasce imparato, ma possiamo confrontandoci crescere tutti insieme”.

 

Giampiero Moncada – PressGiochi