18 Aprile 2024 - 20:55

Riduzione slot machine. Settore vittima dell’allegoria ‘del Panda’

La paralisi pressoché totale che si è venuta a creare nel mondo delle slot è il riflesso più esauriente ed immediato delle contraddizioni, delle debolezze e delle indecisioni che caratterizzano

07 Giugno 2018

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La paralisi pressoché totale che si è venuta a creare nel mondo delle slot è il riflesso più esauriente ed immediato delle contraddizioni, delle debolezze e delle indecisioni che caratterizzano la filiera, dal vertice alla base.

La contraddizione più stridente sta proprio nella scelta fatta dal governo nel 2015 di varare il piano di riduzione degli apparecchi da gioco comma 6A. A meno che non si assuma come obiettivo di fondo quello di stroncare in via definitiva i piccoli-medi gestori.

 

A pensarci bene, infatti, se davvero il problema stava nell’esorbitante numero di AWP installate, sarebbe bastato dare una ritoccata al decreto sul contingentamento per provocare una spontanea, e rapida, riduzione del parco macchine.

D’altra parte, sarebbe ingenuo pensare che i  “poteri forti” abbiano studiato e messo in atto la suddetta strategia – che è un vero e proprio atto di imperio – per il solo fatto che non si fidano dei gestori (e dei concessionari) e quindi che lasciando la palla in mano a loro non avrebbero cavato un ragno dal buco.

 

La verità – a nostro avviso – è molto più subdola e strategicamente diabolica, per quanto malpensata. Dal punto di vista prettamente politico, il piano di riduzione degli apparecchi era stato concepito dalla politica come merce di scambio sul tavolo di trattativa con gli enti locali: io ti do un bel po’ di slot e tu mi lasci ampliare i punti vendita, come e dove dico io.

 

Che poi, in tutta risposta, abbiano ricevuto un bel “marameo” dalla controparte, è un altro discorso. Che comunque va fatto perché, mettendoci nei panni delle Regioni,  una proposta del genere suona come una presa in giro. Perciò, non sorprende che la loro reazione sia stata quella di dire: voi fate pur quel che volete, tanto le regole di casa nostra continuiamo a farcele noi.

Da qui, la situazione di stallo che stiamo vivendo da tanti mesi, complice anche il vuoto lasciato dalla politica praticamente da gennaio ad oggi; per cause di forza maggiore, potremmo dire, ma il sospetto è che in ogni caso la trasformazione in decreto dell’accordo in Conferenza Unificata, così come è ora conformato, sarebbe diventato ugualmente un miraggio.

 

Nel frattempo, la parte amministrativa della vicenda ha fatto il suo corso: attraverso il blocco dei nulla osta si è arrivati di fatto al contingentamento delle autorizzazioni, e l’impossibilità di spostare una macchina verso altro concessionario ha reso vana la ricerca di soluzioni alternative.

Allora, qualcuno dirà: visto che questa maledetta riduzione del parco macchine non è uscita fuori dall’oggi al domani, con un po’ più di lungimiranza i gestori avrebbero potuto cavarsela diversamente, vale a dire concordare per tempo coi concessionari il piano delle dismissioni.

 

Giusto, giustissimo! Però…  Qui si innesta l’allegoria fatta non da noi (non vogliamo appropriarci meriti altrui) ma da una persona di settore che la sa davvero lunga: quella del panda. Il simpatico orsetto, già di per se piuttosto delicato e costantemente nel mirino dei bracconieri, si ostina a mangiare solo i germogli di bambù, che non sono certo un cibo facile da trovare. Mettendo tutto insieme, è facile capire perché il panda è a perenne rischio di estinzione.

Tradotto: al netto di tutte le vessazioni che hanno subìto e continuano a subìre, i gestori (non tutti, ma tanti) è di essersi sempre nutriti con lo stesso cibo – l’incasso delle slot – senza andare alla caccia di alimenti alternativi. Il gestore-padroncino, quello che coltiva in proprio il suo orticello, ha generalmente perso l’occasione di sfruttare il mercato legale per  strutturarsi, sotto l’egida del concessionario, come azienda di servizio per l’esercente e di sviluppare politiche di presidio del territorio.

 

Il che non significa brutalmente vendersi al concessionario, ma al contrario creare un meccanismo virtuoso per rimanere parte attiva del sistema.

 

Va da sé che abbinando la cocciutaggine del panda alle maldestre (per non dire peggio) soluzioni adottate nella fase iniziale dai concessionari (non diciamo proprio tutti, perché effettivamente alcuni hanno tentato di convincere “con le buone” i gestori a dismettere per tempo le macchine), si è creata una situazione da incubo generalizzata, che ha in qualche modo condizionato pure quelle aziende e quei gruppi che erano riusciti a tirarsi fuori dalla bagarre con scelte ragionate.

Da parte sua, l’ADM non può essere addossata di particolari responsabilità. Come era giusto che fosse, il MEF, col decreto del 25/7/17 ha lasciato la palla in mano ai concessionari, indicando il numero di apparecchi che ognuno di essi avrebbe dovuto dismettere. Poi, in caso di necessità, ha previsto l’intervento di ADM in prima persona con la revoca dei nulla osta in eccesso, sulla base di parametri oggettivamente condivisibili: l’analisi della distribuzione territoriale dei nulla osta dopo la riduzione, l’attribuzione dell’eccedenza  a ciascuna regione in quote proporzionali e, soprattutto, la valutazione della redditività degli apparecchi.

 

Parametri, questi, che effettivamente volgono alla tutela del gettito erariale e, al tempo stesso, hanno tracciato un percorso  ragionevole per concessionari e gestori. Però, tra le tre azioni, in certi casi oltre il limite della legalità, e le “non azioni”, di alcuni concessionari, e le reazioni, ma soprattutto le “non reazioni”, di molti gestori, a volte oltre i limiti del buon senso (atteggiamenti di sfida, menefreghismo, superficialità), si è perso tutto il tempo possibile.

In altre parole, mentre alcune concessionarie e alcune imprese di gestione hanno manifestato un atteggiamento adeguativo, altri gestori di rete,  magari solo per uscire dall’imbarazzo di dover agire in prima persona nei confronti dei propri clienti, hanno assunto, dopo il primo giro di vite, l’atteggiamento di scaricabarile nei confronti dell’Amministrazione. E adesso non si può abbaiare alla luna se la ADM agisce nel rispetto del citato decreto del luglio 2017.

 

Al tempo stesso, non può abbaiare alla luna il gestore che ritiene di aver subìto un torto, perché gli è stato sottratto un numero di macchine maggiore rispetto ad un altro. Vi pare logico, o reso obbligatorio dalle norme, che un concessionario debba applicare la riduzione proporzionale per singolo TIR, anche se tutte le macchine di quest’ultimo sono meno performanti rispetto a quelle di altri?

Chi poi confida nell’esito dei ricorsi presentati al TAR Lazio (e ivi esaminati il 22 marzo) da Codere e Netwin contro il decreto del 25 luglio 2017 per ottenere un miracoloso “tana libera tutti”, è un povero illuso, pur essendovi validi motivi per discutere se il numero delle slot da dismettere debba essere calcolato sui N.O. al 31/12/16 oppure a settembre 2017.

 

Intanto, non bisogna essere dei giuristi patentati per considerare che il Tribunale, se avesse avuto l’intenzione di dar ragione alle due concessionarie, non avrebbe aspettato il 23 maggio per esprimersi nel merito. Ma l’aspetto saliente è che lo stesso TAR non è mai stato possibilista ed anzi ha detto espressamente che il principio di fondo – cioè che lo Stato vuole ridurre il parco macchine – è incontrovertibile.

A margine (ma non tanto a margine), c’è la questione dell’improvviso innalzamento dei “costi amministrativi” imposti dalle concessionarie ai gestori per il rilascio dei (ben pochi) N.O. disponibili nel basket. La scelta è figlia di una strategia probabilmente mirata a rendere produttivi i N.O. stessi, che magari potrebbe diventare in futuro una regola amministrativa, per creare un minimo di mobilità: su una base periodica stabilita, si calcola un numero di N.O. fisso da revocare in base alla redditività delle macchine, per poi redistribuirli in quota proporzionale ai concessionari.

 

Ora che il nuovo Governo è fatto, non ci si aspetti  che arrivino nell’immediato interventi per rimettere ordine, e semplificare, tutta la materia. Al contrario, solo dopo che il mercato si sarà assestato – leggasi meno locali e pochissimi gestori attivi, più controllabili e quindi maggiormente legati al concessionario – ci si potrà attendere l’ammorbidimento delle norme amministrative e, perché no, il tanto agognato spostamento della tassazione sul margine (GGR).

 

Marco Cerigioni – PressGiochi