14 Luglio 2025 - 00:43

Pedrizzi: ““Sul riordino del gioco solo rinvii. Si rischia di rimandare tutto alla prossima legislatura”

Durante il convegno “Gli Stati Generali del Gioco” alla Camera dei Deputati, Riccardo Pedrizzi – già Presidente della Commissione Finanze del Senato – ha tracciato un duro bilancio sulla paralisi

03 Luglio 2025

Durante il convegno “Gli Stati Generali del Gioco” alla Camera dei Deputati, Riccardo Pedrizzi – già Presidente della Commissione Finanze del Senato – ha tracciato un duro bilancio sulla paralisi normativa che da anni affligge il settore del gioco pubblico in Italia. Pur riconoscendo le numerose proposte e analisi condivise trasversalmente nel corso delle legislature, Pedrizzi ha denunciato lo stallo politico e il continuo rinvio della riforma, che rischia di slittare oltre la fine dell’attuale legislatura. Un quadro reso ancor più grave da una narrazione pubblica distorta e ideologizzata, che ostacola investimenti, alimenta la sfiducia e impedisce di affrontare seriamente – con strumenti scientifici e normativi – il tema della ludopatia e della regolamentazione del comparto.

“Siamo qui ancora una volta, dopo decine di convegni, ma temo – e non per pessimismo – che continueremo a incontrarci senza mai arrivare a una riforma effettiva di un comparto strategico, importante anche per l’economia nazionale e per il suo potenziale innovativo.

Oggi – ha detto Pedrizzi – continuano a contrapporsi le posizioni della filiera del gioco e quelle degli enti locali e delle Regioni, mentre lo Stato, che dovrebbe mediare, non riesce a fare sintesi. Non solo nell’interesse del giocatore o del soggetto vulnerabile, ma anche di quello del gettito erariale. Siamo di fronte a una telenovela, a un gioco dell’oca che ci riporta sempre al punto di partenza. Lo spostamento della delega fiscale dal 31 dicembre 2025 all’agosto 2026, su richiesta degli enti locali, ne è un esempio. La politica ha accettato, con la giustificazione che si voleva approfittare della legge di bilancio per inserire norme di natura economica. Ma così facendo si rischia un intervento tampone, insufficiente per un vero riordino.

Mi lascia perplesso che tutto l’arco parlamentare, da centrodestra a centrosinistra, abbia condiviso questo rinvio. Se si considera che la legge delega è del 2023 e che i decreti attuativi arriveranno a fine 2026, è evidente che, con la legislatura in scadenza nel 2027, un tema tanto delicato rischia di essere accantonato per non scontentare nessuno. Finiremo per rimandarlo ancora alla prossima legislatura.

Eppure, ci sono documenti già condivisi e largamente sostenuti nel tempo: dalla Conferenza Stato-Regioni del 2017, al documento approvato dalla mia Commissione tra il 2001 e il 2006, persino con il voto di Rifondazione Comunista, fino alla Commissione d’inchiesta sulle ludopatie presieduta da Mauro Marino. Soluzioni già scritte, ma evidentemente non gradite. Il tempo passa, i problemi si incancreniscono, e cresce il contenzioso. Lo hanno detto anche Geronimo Cardia e Emmanuele Cangianelli: in questo clima d’incertezza è sempre più difficile investire.

Viviamo in un Paese in cui si sparano cifre a caso, alimentando leggende nere. Si parla di 147 miliardi di euro “dilapidati” dal popolo italiano nel gioco, senza considerare che 127 miliardi sono rientrati sotto forma di vincite. Di quei 20 miliardi residui, 11,6 finiscono allo Stato. Il resto si divide tra i soggetti della filiera: concessionari, gestori, esercenti. Parliamo di circa 150.000 famiglie. È quindi fuorviante sostenere che il Paese abbia bruciato risorse, come affermano talvolta esponenti politici o editoriali.

E c’è di più: c’è chi propone che il gioco sia gestito direttamente dallo Stato o dal non profit. È un’idea pericolosa, che richiama a uno Stato etico e contraddittorio. Se si segue questa logica, dovremmo pensare anche alla “droga di Stato”, alla “prostituzione di Stato” o all’“alcol di Stato”. È un’assurdità.

La verità è che manca la voglia di studiare a fondo. Eppure, le ricerche del Censis, delle università, dell’Istituto Superiore di Sanità, della Corte dei Conti sono lì, disponibili. Ma restano inascoltate. Andrebbero invece valorizzate come base scientifica per superare le ideologie e affrontare davvero i problemi.

Prendiamo l’esempio delle normative regionali. La Puglia, inizialmente molto proibizionista, ha rivisto la sua posizione dopo un confronto con la Guardia di Finanza e sulla base di dati concreti. Lo stesso è accaduto in Campania. Perché non riunire le Regioni di centrodestra e concordare una linea comune, magari bipartisan, sulla base delle esperienze già virtuose?

In fondo, come dicevamo anni fa con Giorgio Benvenuto, e come continua a sostenere oggi il presidente della Commissione Stefano Vaccari, se si studia e si ha una vera sensibilità, ci si può trovare d’accordo su soluzioni concrete, al di là delle differenze politiche. Il grande errore del legislatore è stato concentrare tutto sulla patologia e poi estendere regole rigide a tutto il comparto. Bisognerebbe agire in modo selettivo, mirato, affrontando davvero i rischi, ma senza affossare un settore che può essere regolato, innovato e reso sostenibile. Anche per noi che siamo genitori e nonni, la tutela viene prima di tutto”.

PressGiochi