Quando, nel fatidico 19 marzo 1931, il Nevada legalizzò – primo stato americano – il gioco d’azzardo, a Reno, che si trova a Nord-Est a ridosso del confine con la
Quando, nel fatidico 19 marzo 1931, il Nevada legalizzò – primo stato americano – il gioco d’azzardo, a Reno, che si trova a Nord-Est a ridosso del confine con la California, gli operai erano già al lavoro per ristrutturare il Bank Club, operativo da tempo, e renderlo la prima struttura legale dedicata al gambling.
Partita in vantaggio su Las Vegas, la “più grande piccola città del mondo” avrebbe retto per almeno un paio di decenni la concorrenza di quella che sarebbe diventata la Sin City, diventando nel contempo anche la “Capitale d’America del divorzio”: grazie a una legge promulgata lo stesso giorno in cui il gioco nei casino fu legalizzato, bastavano sei settimane di residenza in Nevada per rompere un matrimonio nel giro di pochi minuti!
Fattore di cui Las Vegas non approfittò più di tanto, preferendo invece sfruttare la vicinanza con la diga di Hoover, un’imponente opera pubblica che avrebbe favorito l’approvvigionamento idrico di tutta l’area Sud-Est degli Usa, fino al Messico. Gli operai che la stavano costruendo si diedero da fare anche per far crescere la città, portandovi fiumi di denaro. Una combinazione di imprenditori locali e boss della mafia contribuì poi a sviluppare i casino e i teatri delle showgirl per intrattenere i lavoratori edili della diga. Una situazione che divenne subito caotica, sollecitando il governo federale ad interventi repressivi.
Ben altro clima si respirava a Reno, che conobbe il massimo splendore dal 1935 al 1947, grazie ai suoi discreti casino, venendo incontro a una vasta gamma di clienti. Il primo fu l’Harolds Club (1935) che partì da un piccolo edificio per poi espandersi sulla Virginia Street. Poi ricordiamo il primo esercizio della catena Harrahs (1937), che cominciò come sala bingo; il Nevada Club (1946), che sino alla chiusura fu noto per le sue atmosfere nostalgiche; il grandioso Mapes (1947) situato accanto al fiume Truckee.
Tuttavia, dopo la seconda guerra mondiale, la popolarità di Las Vegas raggiunse nuove vette; tutti cominciarono a parlare delle sue caratteristiche luci al neon e del suo atteggiamento scanzonato, high-rolling, senza esclusione di colpi. E la criminalità organizzata fece la sua parte aprendo sì casino legali, ma comunque traendo profitto da attività illegali come riciclaggio di denaro, usura ed estorsione.
Durante gli anni ’50 e ’60, Las Vegas continuò a crescere. Nel centro prese posto un nuovo nucleo di casino, la Strip. Fu qui che nacquero alcuni dei resort e dei club più famosi:
Stardust, Tropicana, Caesars Place, Dunes, Riviera e Sahara, che fecero a gara nell’ingaggiare star dello spettacolo per dare ulteriore eccitazione e glamour ai clienti. Ma le attività della malavita continuarono a offuscare la reputazione della città e i proprietari dei casino furono sempre più spesso associati ai criminali. Eppure, nonostante queste implicazioni negative, i casino di Las Vegas prosperarono, poiché ai turisti di tutto il mondo interessava solo divertirsi e coltivare sogni di ricchezza immediata.
Reno, invece, rimase estranea a tutto questo e continuò ad essere il secondo punto di riferimento per i giocatori americani ancora per tanto tempo. L’uso delle slot machine come misura dell’attività di gioco a Reno e nella contea di Washoe fornisce un quadro delle tendenze: nel 1963, c’erano 7.200 macchine nella contea; nel 1990, se ne contavano 28.000 e nel 1999, 33.000. Oggi, siamo scesi a circa 18.000.
Sul finire degli anni ’70 Reno subì un primo colpo quando Atlantic City cominciò ad emergere, minacciando persino di superare Las Vegas. Reno scivolò sullo sfondo, ma i suoi casino mantennero buoni profitti fino all’avvento del gioco d’azzardo indiano. Quando il governatore della California Pete Wilson firmò il primo patto con la tribù Pala nel 1998 sulla base del National Indian Gaming Regulatory Act, le case da gioco di Reno imboccarono la fase discendente. E la crisi si accentuò all’inizio degli anni 2000, giungendo l’apice con la grande recessione del 2008, quando Reno e la sua industria del gioco sembravano destinate alla discarica. Tuttavia, proprio in quella fase ha avuto una svolta. Giganti come Tesla, Panasonic e Amazon videro in Reno non un disastro, ma una potenziale miniera d’oro. Questi tre, insieme ad altre aziende high-tech, hanno avviato un processo di reimmaginazione, rebranding e rivitalizzazione della città.
E altri due personaggi hanno visto un’opportunità per ripensare il gioco d’azzardo: Alex Meruelo e Jeff Jacobs. Le loro visioni sono diverse, ma i loro budget sono entrambi nell’ordine dei miliardi. Meruelo è un imprenditore con una storia di creazione di aziende in diversi settori, dal cibo ai media, dallo sport ai casinò. Ha acquistato il Grand Sierra (ora chiamato GSR) nel 2011 e ha trascorso anni a migliorare lentamente la proprietà già nota come MGM Grand, che aveva più stanze di qualsiasi altro casino a nord di Las Vegas. Nel 2024, Meruelo ha annunciato un progetto da un miliardo di dollari, per trasformare il GSR in una destinazione in cui comunità, sport e intrattenimento si uniscono.
Jacobs è uno sviluppatore e proprietario di un casino. Ha mosso i primi passi a Cleveland, Ohio, e gli viene attribuito il merito di aver riportato in vita il centro della città. Arrivato a Reno, ha acquistato il Gold Dust West, che era un supermercato e motel riconvertito, niente di grandioso da vedere. Jacobs ha aspettato più di 10 anni prima di iniziare il piano di riqualificazione di un’intera sezione del centro di Reno. Ha appena inaugurato un progetto di edilizia residenziale da 60 unità e ha annunciato la fase successiva: un progetto da 200 milioni di dollari con alloggi e negozi al dettaglio. Jacobs ora ha due casino, tra cui l’ex Sands Regency. In prospettiva, vuole costruire un distretto ad uso misto con alloggi, negozi al dettaglio, locali di intrattenimento e casino.
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