23 Aprile 2024 - 11:08

Il Tar Veneto respinge il ricorso di una società di gioco contro l’ordinanza del comune di Oderzo

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) ha respinto il ricorso di una società di gioco contro il Comune di Oderzo per “l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 198/2016 del

03 Maggio 2017

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Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) ha respinto il ricorso di una società di gioco contro il Comune di Oderzo per “l’annullamento dell’ordinanza sindacale n. 198/2016 del 07.10.2016 notificata il 12/10/2016 e pubblicata sull’albo pretorio in data 29.11.2016 emessa dal Sindaco del Comune di Oderzo nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali”.

 

 

L’Ordinanza imposta dal sindaco Maria Scardellato aveva imposto che le sale giochi non potranno essere attive tra  7 alle 9 e dalle 12.30 alle 15.30. Limiti anche sulle distanze dai luoghi sensibili, che erano stati fissati a 500 metri.

 

Secondo il Tar: “tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.) – obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune (Tar Veneto, 114/2016) – ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dalla frequentazione di sale da gioco o scommessa e dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco”.
“La riduzione degli orari di apertura delle sale pubbliche da gioco è- prosegue il Tribunale- in altre, parole, solo una delle molteplici misure che le autorità pubbliche possono mettere in campo per combattere il fenomeno della ludopatia, che ha radici complesse e rispetto al quale non esistono soluzioni di sicuro effetto (Cons. St. n. 2519/2016)”.

 

 

 

Sempre secondo il Tar Veneto anche le altre “doglianze”, relative al principio di affidamento e le discipline più favorevoli nei comuni limitrofi non sono tali da portare all’annullamento del provvedimento.

 

 

 

 

“Neppure può ritenersi sussistente la lamentata violazione del principio di affidamento- continua – considerato che l’ordinanza impugnata trova giustificazione in fatti e normative sopravvenuti rispetto all’avvio dell’attività (l’aumento del numero delle persone affette da disturbi del gioco d’azzardo; l’approvazione della L.R.V. n. 6/2015, il cui art. 20 promuove interventi degli Enti Locali finalizzati alla prevenzione, al contrasto e alla riduzione del rischio di dipendenza dal GAP) e che, in ogni caso, gli imprenditori del settore, in quanto soggetti professionali, erano a conoscenza o avrebbero dovuto conoscere con l’utilizzo della diligenza professionale (1176, comma 2, c.c.), che la normativa europea e nazionale di riferimento consentiva alle autorità pubbliche di porre restrizioni all’esercizio di attività economiche legate all’attività di gioco o scommessa, allo scopo di tutelare la salute pubblica e il benessere socio-economico dei cittadini e in particolare delle fasce più deboli e vulnerabili della popolazione, maggiormente esposte alle lusinghe, suggestioni e illusioni del gioco d’azzardo”.
“Priva di pregio- conclude il Tar- è anche la doglianza con cui si lamenta la disparità di trattamento rispetto a discipline più favorevoli (per i gestori) adottate da Comuni limitrofi, atteso che i provvedimenti municipali esplicano la loro efficacia solo nei rispettivi territori e che, pur essendo auspicabile una regolamentazioni uniforme della disciplina degli orari di apertura delle strutture in cui si esercita l’attività di gioco o scommessa da parte dei Comuni limitrofi, allo stato, non sussiste alcun obbligo in tal senso, potendo ogni Comune provvedere autonomamente”.

 

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