L’autoesclusione rappresenta da anni uno degli strumenti più riconosciuti per la riduzione dei rischi legati al gioco d’azzardo. Si tratta di un meccanismo che consente ai giocatori di autoescludersi volontariamente
L’autoesclusione rappresenta da anni uno degli strumenti più riconosciuti per la riduzione dei rischi legati al gioco d’azzardo. Si tratta di un meccanismo che consente ai giocatori di autoescludersi volontariamente da sale fisiche, siti web o app di gioco per un periodo di tempo prestabilito. Nata come misura di tutela per chi riconosce comportamenti problematici, l’autoesclusione resta oggi al centro di un acceso dibattito sulla sua reale efficacia e sulle modalità di applicazione.
Anche il quadro normativo italiano promuove l’uso di sistemi di autoesclusione: la Legge Delega Fiscale (L. 111/2023, art. 15) prevede il “rafforzamento dei meccanismi di autoesclusione” per tutelare i soggetti vulnerabili che dovrà essere messa a punto nel nuovo sistema concessorio.
Uno dei punti critici è che l’autoesclusione – secondo quanto riporta l’International Association of Gaming Regulators con un approfondimento realizzato da Greo Evidence Insights, un’organizzazione di ricerca specializzata nello studio dei rischi legati al gioco d’azzardo e nelle strategie di riduzione del danno – richiede un atto volontario e consapevole da parte del giocatore, che deve riconoscere in prima persona il carattere dannoso del proprio comportamento. Tuttavia, molti soggetti non percepiscono il proprio gioco come problematico, oppure incontrano ostacoli significativi nell’iscrizione: stigma sociale, scarsa conoscenza dell’esistenza degli strumenti disponibili o procedure di adesione complesse.
A ciò si aggiungono forti differenze nei modelli di implementazione: in alcune giurisdizioni esistono sistemi centralizzati e validi per tutti gli operatori e tipologie di gioco, mentre altrove prevale un approccio frammentato, che obbliga i giocatori a registrarsi separatamente presso ogni singola piattaforma o esercizio.
Anche i meccanismi di enforcement presentano lacune. Persino i giocatori autoesclusi possono aggirare i divieti, ad esempio rivolgendosi a operatori non regolamentati, sfruttando sistemi di verifica dell’identità poco rigorosi o utilizzando piattaforme basate su criptovalute, spesso prive di controlli e autorizzazioni.
Secondo gli esperti, l’autoesclusione risulta più efficace se inserita in un sistema organico di tutela che includa ulteriori strumenti: limiti di deposito, “time-out” temporanei, sistemi di allerta, segnalazioni verso servizi di supporto e interventi proattivi basati sui dati. Fondamentale è anche il legame con campagne di sensibilizzazione pubblica e con programmi di supporto psicologico e sociale, nonché la capacità di adattarsi alle nuove tecnologie e ai cambiamenti nelle abitudini di gioco.
Alcuni esempi mostrano come i sistemi centralizzati possano rafforzare l’efficacia dell’autoesclusione:
La sfida per i regolatori, dunque, è trasformare l’autoesclusione da strumento isolato e reattivo a componente integrante di un più ampio ecosistema di gioco responsabile. Solo in questo modo potrà diventare realmente efficace nella riduzione dei rischi e nell’aiutare i giocatori più vulnerabili.
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