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Domani smetto! Di Armando Iaccarino

Questo è il contributo del dott. Armando iaccarino – presidente centro studi As.tro all’evento di Spirano (BG), sala polivalente, centro culturale “Mons. a Vismara”. “La dipendenza di cui ci occupiamo

28 Febbraio 2018

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Questo è il contributo del dott. Armando iaccarino – presidente centro studi As.tro all’evento di Spirano (BG), sala polivalente, centro culturale “Mons. a Vismara”.

“La dipendenza di cui ci occupiamo ora è quella relativa al gioco con vincita in denaro- ha commentato Iaccarino- Vale a dire al fenomeno definito disturbo da gioco d’azzardo ed alle strategie da utilizzare per contrastarlo. Il tema è di grande attualità e costituisce uno degli argomenti più presenti nella campagna elettorale in corso, spesso trattato in maniera incoerente e contraddittoria. Ma su questo torneremo in seguito.

Preme ora disegnare il contesto nel quale la questione deve essere collocata. Vale la pena ricordare, in primo luogo, che il gioco con vincita in denaro è riservato allo Stato. La riserva in questione significa che l’attività di gioco con vincita in denaro è da sempre oggetto di particolari attenzioni, sino a creare un sistema fortemente

regolamentato noto come “gioco pubblico”.

La decisione di creare un sistema strutturato e di affidarne la governance ad un unico soggetto, l’Agenzia Dogane e Monopoli, viene presa nel 2003 dopo i risultati di un’apposita commissione bicamerale sul tema della diffusione del gioco ed in particolare della presenza delle maggiori organizzazioni malavitose in tale attività.

Sottolineo che quando si parla di diffusione del gioco e della relativa dipendenza si fa un discorso che riguarda il settore nel suo complesso; non esiste una dipendenza specifica da un tipo di gioco, ma il fenomeno attraversa orizzontalmente tutte le offerte di gioco. Non è un caso che i primi interventi di contrasto riguardino prodotti particolari e molto diffusi, come il Lotto e il cosiddetto “picchetto”. E non è un caso che gli interventi dissuasivi efficaci siano stati ben lontani da ogni forma di proibizionismo.

Nel primo caso l’abbattimento della forma più insidiosa di dipendenza, cioè il gioco sul ritardatario, si è realizzato dal momento in cui è stata introdotta la terza estrazione; nel secondo caso la scomparsa delle scommesse in nero è stata ottenuta allargando l’offerta pubblica a forme di gioco analoghe, ma soggette a specifiche regole. Si è scelta, quindi, la strada della regolamentazione che è risultata efficace, sia in materia di contrasto all’illegalità, che nei confronti dei fenomeni di dipendenza.

Prima di affrontare il tema specifico delle misure di contrasto alla dipendenza da apparecchi da intrattenimento e dell’efficacia degli interventi adottati in molti regolamenti degli enti locali, sottolineerei due considerazioni su quanto appena detto.

In primo luogo la realizzazione di un sistema come il “gioco pubblico” ha realizzato e garantito un forte presidio sul territorio e la costante attenzione sul tema, che prima era fortemente sottovalutato; in secondo luogo e, conseguentemente, se oggi siamo qui a discutere del tema è perché da quel sistema, il gioco pubblico, è pervenuta una mole tale di informazioni che non ha precedenti e che consente forme di analisi del fenomeno.

I dati bisogna saperli leggere, ma è innegabile che averli costituisce un enorme passo avanti sulla strada della conoscenza e della soluzione dei problemi.

Veniamo ora al tema più specifico riguardante la diffusione delle awp e delle vlt sul territorio nazionale ed i connessi rischi di dipendenza. Sgombriamo innanzitutto il campo dalle valutazioni che troppo spesso si sentono, anche da importanti settori giornalistici (alludo a Fabio Fazio non più di una settimana fa) circa l’insorgenza del problema nei soli ultimi anni, a fronte di un paese sereno ed esente dal gioco negli anni precedenti.

La commissione bicamerale di cui sopra ho fatto cenno censiva nel 2002 circa 700.000 apparecchi cosiddetti videopoker, diffusi sull’intero territorio nazionale. Si tratta quindi di un fenomeno che proviene da lontano e che ha mostrato qualche segno di regressione negli ultimi anni, sia nel numero che nell’organizzazione distributiva del prodotto. Due elementi sono di particolare evidenza:

1) Il numero degli apparecchi presenti è sceso intorno ai 400.000 e, sulla base delle norme appena approvate dovrà attestarsi a breve sui 265.000.

2) L’offerta di gioco è vincolata da regole molto precise poste a tutela del giocatore e garantita dal collegamento in rete di tutti gli apparecchi e dalla gestione pubblica della rete in questione.

In breve, siamo di fronte ad uno dei settori imprenditoriali più controllati nell’intero panorama economico nazionale, sia per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto e della distribuzione, sia per quanto riguarda i requisiti dei soggetti che operano nel settore; la filiera è infatti tenuta a dimostrare il possesso di requisiti analoghi a quelli richiesti a chi partecipa a gare pubbliche.

Per assoluta chiarezza ritengo necessario sottolineare che il sistema del gioco

Pubblico, così come sinteticamente raccontato, nasce soprattutto per contrastare lo strapotere della malavita organizzata del settore e ricondurre a legalità un segmento importante dell’industria nazionale, ivi compreso l’aspetto fiscale. Obiettivi questi che mi sembrano assolutamente di rilievo e meritevoli del massimo impegno.

Il tema del contrasto alla dipendenza da gioco d’azzardo, che comunque trovava un presidio già solo nella razionalizzazione del settore realizzata attraverso la strutturazione del “gioco pubblico”, per il sistema di regole ed il flusso di informazioni da tale strutturazione derivato, assume una sua particolare specificità a partire dal 2010.

E’ la diffusione del gioco pubblico che crea dipendenza o la dipendenza emerge in maniera più netta per le informazioni che il gioco pubblico consente di raccogliere?

Al momento rispondere ad una domanda del genere equivale a chiedersi se sia nato prima l’uovo o la gallina. Non c’è però dubbio che oggi il tema sia particolarmente sentito e che risponda ad una percezione sociale negativa, soprattutto se confrontata con l’approccio collettivo a problematiche similari come l’alcolismo e il tabagismo. Su tale percezione sociale si tornerà in seguito.

Mi preme dire che un elemento su cui ci si trova tutti d’accordo è costituito dalla progressiva riduzione degli apparecchi da gioco. Affianco a tale intervento condiviso sono fiorite svariate norme locali che tendenzialmente hanno individuato come strumenti idonei a contrastare la dipendenza da gioco d’azzardo meccanismi come il “distanziometro” e le “fasce orarie di funzionamento”.

Non entro nel merito della limitazione di tali strumenti ad una sola tipologia di gioco. Mi preme di più esprimere forti dubbi sull’efficacia di tali misure.

Il distanziometro, nelle forme in cui è stato introdotto, laddove è stato introdotto, ha carattere espulsivo, sia per l’ampio perimetro di riferimento (300 o 500 metri), sia per le tipologie di luoghi definiti sensibili, che vanno dalle scuole ai bancomat o ai compro oro, passando per ogni altro vero o presunto luogo di aggregazione.

Quando si realizza che il 98% della superficie di una città è interdetto ad una attività di gioco, se non si è ipocriti, si deve ritenere che la strategia adottata sia, nella sostanza se non nella forma, proibizionista.

Va da sè che il tema “fasce orarie” risulta incomprensibile laddove riguardi esclusivamente quel 2% di superficie utile per l’istallazione di apparecchi da gioco. Una strategia proibizionista è efficace e la storia dimostra che è risultata tale ogni qual volta è stata adottata. Non credo sia discutibile affermare che non si è

mai raggiunto il risultato voluto con strategie del genere. La domanda di un bene sottoposto a proibizione ha sempre trovato surrogati, particolarmente rivolgendosi al mercato illegale, ma non solo.

In settori ad alta tecnologia la domanda si sposta verso prodotti lasciati più liberi ovvero verso prodotti di nuova introduzione che si affermano tra le pieghe di una regolamentazione che non è sempre in grado di seguire l’innovazione tecnologica.

Come qualcuno ha detto, (il vice direttore de La Stampa) nell’incapacità di prevedere il futuro si tende ad abolire il passato.

Tradurrei questa frase in una semplice affermazione: pensare che il proibizionismo sugli apparecchi d’intrattenimento risolva il problema della dipendenza, significa giocare una partita di retroguardia”.

PressGiochi