28 Marzo 2024 - 10:08

Disturbo da gioco d’azzardo. Dr. Salerni (Asl Popoli): “Contro il Gap servono modalità di intervento preventive. Nell’online il giocatore è solo”

“L’allarme sociale attorno al gioco d’azzardo si è sviluppato perché anni fa l’offerta è divenuta preponderante e senza controllo, dalle newslot nei bar ai Gratta&vinci nelle edicole, dal bingo ai

03 Febbraio 2020

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L’allarme sociale attorno al gioco d’azzardo si è sviluppato perché anni fa l’offerta è divenuta preponderante e senza controllo, dalle newslot nei bar ai Gratta&vinci nelle edicole, dal bingo ai giochi online. Nel corso degli anni le Istituzioni hanno cercato di disciplinare il fenomeno e dare un freno al diffondersi della dipendenza da gioco, in realtà senza mai rinunciare ai benefici finanziari che arrivavano dalle tasse a carico di tutta la filiera”.

 

Lo dichiara a PressGiochi il dottor Roberto Salerni, Dirigente della Direzione Medica P.O. Popoli ASL Pescara.

 

In questa situazione – spiega Salerni – il giocatore è in balia di tante figure sopra di lui e di leggi, regolamenti, calcoli e affari.

La natura della dipendenza da gioco sta dentro una parola che è “la compulsione dell’azione” e in più c’è l’incapacità di smettere. In genere, la compulsione ha il fine di ridurre un’emozione negativa, di quietare l’ansia seppur momentaneamente, invece nella dipendenza da gioco la compulsione produce emozioni positive a cui il soggetto non riesce a rinunciare.

Il soggetto affetto dalla malattia compie sforzi per smettere di giocare, ma da solo è difficile che ci riesca e, quindi, continua a giocare. Con le conseguenze che sappiamo a volte purtroppo esagerate.

Personalmente posso dire che ho provato il dolore indicibile di chi esagera nel gioco d’azzardo, conosco le dinamiche della perdita dell’autocontrollo e del toccare il fondo, ho provato il senso della rinascita e sinceramente anche quello delle ricadute”.

 

Dr. Salerni, Lei ritiene che il gioco più pericoloso per il rischio dipendenza è quello online. Quali interventi sono possibili secondo il suo parere?

 

Con il gioco online si entra in un’altra dimensione, l’offerta è micidiale, c’è di tutto e devo dire ben presentato. I siti sono ben organizzati. Li conosco tutti, almeno i più importanti. Non c’è scampo quasi per nessuno, se si gioca di continuo si diventa per forza compulsivi. Le insidie sono tantissime, una per tutte, le slot hanno nella maggior parte dei casi il tasto della massima puntata a fianco a quello usuale per cui è facile sbagliare e ci sono slot dove la massima puntata – fino a poco tempo fa – era di mille euro. Quando si gioca sui casinò online o anche ai giochi classici si è soli con se stessi e i pensieri illusori alla lunga la fan da padrone. Si perde la cognizione del valore del denaro e tutto è più amplificato rispetto a ciò che succede in ambiente fisico. Spesso si dà il peggio di se stessi e ci si rovina più facilmente.

E’ vero che se si clicca sulla voce “gioco responsabile” ci si può limitare o autoescludere ma volendo sempre per periodi definiti.

Addirittura ci si può giocare tutto il patrimonio in poco tempo per mezzo di un semplice telefonino. Le username e pass inoltre si possono dare ad altri giocatori e amici senza problema.

Il pericolo della dipendenza del gioco online è più elevato rispetto a quello derivante dalla rete fisica e lo sarà ancor di più nei prossimi anni, eppure se ne parla poco e ciò è davvero imbarazzante, considerando anche che sul gioco online gli interventi sono più semplici da fare. Ad esempio andrebbe limitato drasticamente il deposito settimanale, tanto per citarne uno”.

 

Come giudica la qualità degli operatori che sono chiamati a intervenire sul fronte del trattamento dei pazienti di DGA?

 

La dipendenza da gioco d’azzardo è una malattia ben studiata ed è una dipendenza comportamentale simile alle altre dipendenze patologiche da sostanze. Per il circa 20% degli individui che giocano, l’azzardo diventa un problema. E’ importante sì agire sui pazienti che hanno la dipendenza da gioco d’azzardo ma è fondamentale agire sugli individui che giocano e arrestare l’aumento di percentuale di quelli che poi si ammalano.

Ai giocatori non si possono imporre sempre obblighi e divieti e successivamente trattamento psicoterapeutico quando le cose si mettono male ma servono modalità di intervento psicoeducative che abbiano una vera funzione preventiva.

Allo sviluppo della malattia concorrono numerosi fattori concausali di natura biologica ( predisposizione genetica..) , di natura psicologica ( carattere , emotività..) e di natura socio-ambientale ( diffusione e promozione del gioco d’azzardo..); ecco in Italia le Istituzioni agiscono prevalentemente e male sull’aspetto socio ambientale forse perché è più visibile e immediato, senza rinunciare tra l’altro alle riscossioni e a fare cassa.

A chi ha il disturbo del gioco d’azzardo più che smettere di giocare serve imparare a conoscere e capire le fasi di criticità dell’azzardo e non farsi disturbare dalle tentazioni e dinamiche che lo caratterizzano”.

 

In che modo andrebbe sostenuto il giocatore e la sua famiglia e da chi?

 

Il giocatore va sostenuto ancor prima che si ammali e questo l’ho già ribadito più volte, ma nell’ambito della malattia bisognerebbe intervenire ai primi segnali di problematicità associata al gioco, quando il giocatore patologico si trova in un vicolo cieco va affidato a specialisti esperti in Centri dedicati che sappiano – interagendo con la famiglia – guidarlo. Dal gioco d’azzardo patologico vengono fuori problematiche multiformi. E’ necessario quindi una valutazione collettiva che implichi il coinvolgimento delle politiche socio-sanitarie, di istruzione ed economiche del nostro Paese in cui vi è carenza di reti sociali di sostegno e anche l’istituzione della famiglia è divenuta più debole rispetto a una volta.

E il ruolo della famiglia è sempre fondamentale per la salvezza delle persone; al di là delle teorie della genesi, dei correlati neurali del disturbo e dello sviluppo della dipendenza da gioco d’azzardo, la malattia non è solo su base mentale, c’è ripercussione etica e morale, c’è coinvolgimento esistenziale e interiore, per combatterla non basta la ragione ci vuole cuore!”.

 

In conclusione, quello legato al gioco ritiene che sia anche un tema culturale? Quanto potrebbe incidere, secondo la sua esperienza, l’attività di educazione e informazione rivolta ai giovani?

 

Il gioco d’azzardo fa parte della natura umana, le ricerche antropologiche hanno dimostrato che questa cultura è sempre esistita sulla faccia della terra e in qualsiasi epoca sociale. Il gioco d’azzardo fa parte della tipologia dei giochi di alea, dal latino dado, e il gioco dei dadi era diffuso fin dai tempi dell’antica Grecia; lo scopo è quello di affidarsi al destino e alla casualità. Negli ultimi tempi, in Italia, come del resto in tutto il mondo, il gioco d’azzardo è diventato un’attività con un giro d’affari impressionante. Scommettere quindi per molte persone soprattutto giovani è pratica quotidiana, molti di loro pensano che il mondo del gambling è solo divertimento e non valutano la possibilità che possa diventare un problema e possa svilupparsi una dipendenza.

Ecco quindi la necessità assoluta di promuovere studi e campagne di educazione e di informazione su tutto il territorio italiano. La ricerca internazionale e i risultati ottenuti all’estero dimostrano che introdurre strumenti preventivi per il gambling è efficace. Ad esempio, ci sono studi seri che dimostrano che l’uso di video dedicati al gioco d’azzardo negli adolescenti incrementa le loro conoscenze e modifica le eventuali cognizioni erronee sia nell’immediato dell’esperimento che nel tempo.

In Italia nel 2017 è stata conclusa una importante intesa in sede di Conferenza Unificata con dei contenuti molto validi ma che purtroppo non è stata applicata dalle Regioni. In Emilia Romagna e Piemonte le norme in vigore hanno prodotto addirittura effetti proibizionisti. E la Storia del gioco d’azzardo dalle origini a oggi documenta che i tentativi di proibirlo hanno quasi sempre fallito e portato a danni di ordine pubblico e sicurezza.

La gente ha sempre trovato nuovi modi per alimentare i propri impulsi.

La cultura in generale è la chiave di conoscenza del presente in base alla storia del passato e ci permette di salvaguardare il nostro futuro”. Mi piace ricordare come brillantemente proposto nel libro (Spirale del gioco) di Franca Tani e Annalisa Ilari, la necessità di un’azione diretta sulla “cultura” del gioco, in modo da evitare di criminalizzarlo e ricondurlo alle sue dimensioni ludiche, un gioco cioè edotto e soprattutto controllato, che non comporti rischi per la salute a tutela della condizione psicofisica del giocatore non solo personale ma anche sociale.