19 Aprile 2024 - 18:07

Delega fiscale. Anit: la vera rivoluzione del gioco pubblico sarebbe la rottamazione della casta dei tavoli verdi

Negli ambienti politico-istituzionali che si occupano di gioco pubblico si discute in questi giorni se la Delega fiscale sia lo strumento normativo appropriato per riordinare tutta la materia, apportando cioè

12 Giugno 2015

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Negli ambienti politico-istituzionali che si occupano di gioco pubblico si discute in questi giorni se la Delega fiscale sia lo strumento normativo appropriato per riordinare tutta la materia, apportando cioè modifiche rilevanti anche al comparto dei casinò come vorrebbe il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, oppure solo una parte di essa (slot e scommesse), come auspicherebbero i concessionari di stato, presunti competitor delle case da gioco esistenti, due delle quali (S.Vincent e Sanremo) schierate su quest’ultimo fronte al grido di “giù le mani dai nostri casinò”.

Come riporta l’Associazione nazionale per l’incremento turistico, “Campione silente, l’unico disponibile al dialogo sull’ipotesi prospettata dall’on. Baretta sembra essere il casinò di Venezia, non a caso l’azienda che insiste sul territorio di riferimento del sottosegretario e anche quella con i bilanci più imbarazzanti. A Baretta va comunque riconosciuta l’onestà intellettuale di aver coinvolto nella proposta di riorganizzazione anche gli altri tre, accomunati da una crisi di modello e di gestione, prima che finanziaria; il che autorizza a pensare a una visione di sistema anziché alla difesa di un “particulare”, come dimostra anche l’insolita interlocuzione sul tema tra i due ministeri – Economia e Interno – vigilanti sui “diversi” giochi pubblici.

Per trovare un punto di incontro, è stato convocato ieri un tavolo tecnico al quale siedono, oltre ai due dicasteri, anche l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e Federgioco. Il peso specifico degli interessi è rilevante; ne è conferma la stessa composizione del tavolo. Il nodo da sciogliere non riguarda tanto la congruità della procedura legislativa o la corrispondenza dell’intervento governativo con la lettera del mandato parlamentare, quanto lo status quo degli apparati di potere, in particolare di Viminale e Mef. Un’unica società di gestione per i quattro casinò e l’apertura, sia pure graduale, di case da gioco regionali sarebbero una rivoluzione epocale poiché stravolgerebbero equilibri istituzionali consolidati nel tempo, sia a livello nazionale che locale: uno scenario nemmeno ipotizzabile se non vi fosse dietro un “disegno superiore”, una specie di onda lunga della rottamazione.

Dietrologia a parte, osserviamo che mentre le posizioni dei due dicasteri sono in qualche modo chiare e comprensibili, l’atteggiamento di Federgioco resta un’incognita. L’organizzazione che rappresenta le imprese-casinò vide la luce agli albori dell’anno 2000 grazie a una “intuizione” del professor Gianni Corradini, all’epoca amministratore delegato del casinò di Venezia, integralmente condivisa dai gestori straordinari (tra cui due prefetti della Repubblica) delle altre tre case da gioco. Tutti e quattro i manager concordarono, già allora, sull’opportunità di tutelare gli interessi dei rispettivi azionisti pubblici in un’ottica unitaria (sia pure molto diversa da quella ipotizzata oggi), elaborando peraltro un testo di legge che prevedeva l’apertura di un casinò per regione nelle località a vocazione turistica e termalistica. In perfetta sintonia con quanto propone da cinquant’anni l’Anit, che non a caso era considerata uno degli interlocutori privilegiati per la realizzazione del progetto.

Cambiano gli uomini e cambiano le visioni. Dopo quindici anni – e con i conti in rosso – l’unica progettualità nota dei quattro casinò è la conservazione di privilegi (sempre più assottigliati), avversando per principio anche ciò che potrebbe assicurare la loro sopravvivenza. Autolesionismo o mancanza di visione? Se i casinò sono diventati un costo per gli enti locali che li amministrano, perché non liberarsene?

Ma soprattutto, qual è il progetto – se c’è – di Federgioco, questa associazione datoriale chiusa in un corporativismo anacronistico, che sul proprio sito istituzionale comunica unicamente il calendario delle manifestazioni, un po’ come se un giornale pubblicasse solo il taccuino degli spettacoli? Ci permettiamo di rivolgere un invito all’on. Baretta: allarghi il tavolo a chi i progetti ce li ha, e pure condivisi con le più ampie rappresentanze delle amministrazioni pubbliche locali; ne guadagnerebbe il dibattito e – chissà – forse anche le tende di questo antico sipario si aprirebbero al vento del rinnovamento. Sarebbe proprio ora”.

PressGiochi