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CTD. Avv. Agnello: La Consulta dichiara l’illegittimità costituzionale dell’imposta unica sulle scommesse per le annualità precedenti al 2011

La Corte Costituzionale, con la pronuncia del 23.01.2018, depositata il 14.02.2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, nella parte

15 Febbraio 2018

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La Corte Costituzionale, con la pronuncia del 23.01.2018, depositata il 14.02.2018, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma in materia di imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, nella parte in cui prevede che – nelle annualità precedenti al 2011 – siano assoggettate all’imposta le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione e, nella specie, le ricevitorie Stanleybet difese dall’avv. Daniela Agnello.

 

La questione di legittimità costituzionale – spiega l’avvocato Stanleybet, Daniela Agnello – era stata sollevata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rieti, in relazione ai ricorsi avviati dai titolari dei centri collegati con il Bookmaker Stanleybet e dalla stessa società maltese, in merito alla legittimità della normativa italiana sull’imposta unica sulle scommesse per le annualità 2008 e 2009.

 

La Corte ha dichiarato che le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010 sono fondate, con riferimento alle annualità d’imposta precedenti al 2011.

 

Con la predetta pronuncia vengono così delegittimati oltre 750 avvisi di accertamenti fiscali notificati dall’Agenzia Dogane e Monopoli e impugnati da Stanleybet davanti alle Commissioni Tributarie di tutta Italia.

I giudici tributari dovranno riconoscere l’intervenuta illegittimità costituzionale della norma e annullare gli avvisi di accertamento.

 

Fin qui, la causa Stanleybet e dei centri affiliati, identificati dalla Consulta come “ricevitorie operanti come centri di trasmissione dati (CTD) per conto di bookmakers privi di concessione, ma che nondimeno possano lecitamente raccogliere scommesse sul territorio nazionale”.

 

La Corte, nella pronunzia in questione, è andata oltre i quesiti posti dal giudice tributario.

Abbandonando, evidentemente, il caso specifico Stanleybet, e le annualità oggetto di ricorso, si è occupata dei bookmakers privi di concessione.

Con la norma in contestazione, gli obiettivi del legislatore italiano erano quelli di contrastare il gioco praticato in forme, modalità e termini diversi da quello lecito e sicuro. In linea con gli obiettivi del legislatore, la Consulta ha equiparato gli operatori comunitari privi di concessione ai concessionari statali, stabilendo che per le annualità successive al 2011 l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio da parte di bookmakers con sede all’estero e privi di concessione, considerando le ricevitorie come soggetti passivi dell’imposta unica e “gestori” dell’attività di scommessa.

 

La Corte, ai fini dell’imposta unica, ha confermato che il bookmaker che raccoglie scommesse nel territorio italiano deve pagare l’imposta unica sulle scommesse a mezzo delle sue ricevitorie, ferma restando la sanzione penale di raccolta abusiva di scommesse.

 

La Corte, nell’estendere la sua valutazione agli anni successivi e ai soggetti esteri, non ha diversificato il trattamento fiscale nei confronti dei soggetti discriminati da parte dello Stato Italiano e legittimati dalla giurisprudenza ventennale nazionale e comunitaria, non si è occupata del soggetto estero “autorizzato a raccogliere lecitamente scommesse nel territorio italiano”.

 

La Stanleybet, in virtù dei riconoscimenti avuti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale (Corte di Giustizia sentenze Gambelli, Placanica, Costa Cifone e Laezza, migliaia di pronunzie di merito e di legittimità nazionali) in relazione all’incompatibilità comunitaria della sanzione penale e dei provvedimenti amministrativi di diniego allo svolgimento dell’attività, occupa un posto diverso rispetto al bookmaker tipicamente privo di concessione.

 

La Corte Costituzionale, attraverso la superiore interpretazione, apre le porte a nuovi profili di incompatibilità della normativa fiscale italiana rispetto al diritto eurounitario.

Le argomentazioni della Consulta- conclude l’avvocato –  concedono a Stanleybet di rivolgersi, ancora una volta, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per far dichiarare l’incompatibilità comunitaria anche della norma fiscale italiana.

 

 

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