16 Aprile 2024 - 18:13

Consulta, illegittima la sanzione fissa ai gestori relativa a informativa sui rischi del gioco

La corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma che applica una sanzione fissa di 50.000 euro per la mancata esposizione del materiale informativo circa la dipendenza dal gioco d’azzardo. Con

23 Settembre 2021

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La corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma che applica una sanzione fissa di 50.000 euro per la mancata esposizione del materiale informativo circa la dipendenza dal gioco d’azzardo.

Con sentenza n. 185 del 23 settembre 2021, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 7, comma 6, secondo periodo, del Decreto legge n. 158/2012 (Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute). Si tratta della disposizione che, quadro delle misure di contrasto del fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo (cosiddetto gioco d’azzardo patologico o ludopatia), punisce l’inosservanza delle disposizioni sulle formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, con una sanzione pecuniaria fissa, pari a 50mila euro.

Tale sanzione è applicabile a carico dei concessionari del gioco e dei titolari di sale giochi e scommesse.

La Consulta ha osservato, in primo luogo, che la fissità del trattamento sanzionatorio contemplato dalla norma impedisce di tener conto della diversa gravità concreta dei singoli illeciti, che è in funzione dell’ampiezza dell’offerta di gioco e del tipo di violazione commessa.

Così, ad esempio, un conto è l’omissione delle formule di avvertimento in schedine o tagliandi di giochi soggetti ad ampia diffusione, altro conto le inadempienze relative a sale da gioco o esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici, la cui gravità varia in modo rilevante secondo la dimensione e l’ubicazione della sala o dell’esercizio, il grado di frequentazione, il numero di apparecchiature da gioco presenti e la circostanza che si sia di fronte a una violazione totale, ovvero solo parziale, degli obblighi previsti.

Ne discende che la reazione sanzionatoria possa risultare manifestamente sproporzionata per eccesso rispetto al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma.

La Consulta, infatti, ha ritenuto che la sanzione amministrativa irrogata deve soddisfare gli stessi criteri di proporzionalità e ragionevolezza che contraddistinguono le sanzioni di carattere punitivo ed afflittivo al pari di quanto avviene in materia penale. Il Giudice, pertanto, deve graduare la sanzione in ragione della gravità della violazione, delle dimensione dei locali, del volume dell’offerta di gioco e del numero di apparecchiature a disposizione dell’utenza. In altre parole la sanzione irrogata non può essere sproporzionata rispetto al disvalore dei fatti accertati.

Nella decisione, i giudici della Consulta hanno anche sottolineato che, in generale, le sanzioni amministrative introdotte dal legislatore per contrastare la diffusione dei disturbi da gioco d’azzardo sono improntate a marcata severità, ma risultano in genere graduabili.

Pubblichiamo di seguito il comunicato del’Ufficio Stampa della Corte costituzionale

La Corte Costituzionale con sentenza 185/2020 dichiara costituzionalmente illegittima la sanzione amministrativa fissa di 50.000 euro a carico dei concessionari del gioco e dei titolari di sale giochi e scommesse per la violazione degli obblighi di avvertimento sui rischi di dipendenza dal gioco d’azzardo (ludopatia). Spetterà al legislatore stabilire una nuova sanzione nel rispetto della Costituzione, con i relativi limiti minimo e massimo.
È quanto si legge nella sentenza n. 185 depositata oggi (relatore Franco Modugno), con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il sesto comma, secondo periodo, dell’articolo 7, del decreto legge n. 158 del 2012, convertito nella legge n. 189 del 2012. La norma censurata puniva indistintamente l’inosservanza degli
obblighi di avvertimento – indicazioni su tagliandi e apparecchi da gioco, esposizione di targhe e materiale informativo delle ASL – con una sanzione di considerevole severità e fissa, non modulabile dall’autorità amministrativa e dal giudice in base alle circostanze del caso concreto.

Nella fattispecie, il titolare di un bar, in cui era presente un unico apparecchio da gioco, si era visto infliggere una sanzione di 50.000 euro per non aver esposto una targa sui rischi di dipendenza dal gioco d’azzardo, pur avendo adempiuto correttamente gli altri obblighi posti a suo carico per la prevenzione delle ludopatie.

La Corte ha ricordato che, secondo la propria giurisprudenza, l’attribuzione al giudice di un margine di discrezionalità nella commisurazione della sanzione – non solo penale, ma anche amministrativa – tra un minimo e un massimo, così da adeguarla alla specificità del singolo caso, rappresenta la naturale attuazione di principi costituzionali, a cominciare da quello di eguaglianza.

Nel caso esaminato, la fissità della sanzione impedisce di tener conto della diversa gravità dei singoli illeciti, che dipende dall’ampiezza dell’offerta di gioco e dal tipo di violazione commessa. In particolare, quanto alle inadempienze relative alle sale giochi, la gravità varia secondo la dimensione e l’ubicazione della sala, il grado di frequentazione, il numero di apparecchi da gioco e il carattere totale, o solo parziale, dell’inosservanza degli obblighi. Ciò comporta che la sanzione fissa possa risultare manifestamente sproporzionata rispetto all’illecito commesso e, quindi, costituzionalmente illegittima.
Nel sistema vigente non si rinviene una sanzione che possa essere sostituita dalla Corte costituzionale a quella dichiarata illegittima, considerata la non assimilabilità delle condotte sanzionate. Ciò non impedisce, però, la dichiarazione di incostituzionalità, che, in linea generale, non è preclusa dal fatto che si determini un vuoto di disciplina. Vuoto che spetta al legislatore colmare. Il principio vale anche quando le questioni riguardano il trattamento sanzionatorio, salvo i casi in cui l’eliminazione pura e semplice della norma sanzionatoria provochi «insostenibili vuoti di tutela»: come, ad esempio, una menomata protezione di diritti fondamentali dell’individuo o di beni di particolare rilievo per la società rispetto a gravi forme di aggressione, con eventuale conseguente violazione di obblighi costituzionali o sovranazionali. Solo in questi casi diventa indispensabile individuare, tramite «punti di riferimento» offerti dal sistema vigente, soluzioni sanzionatorie che – nel rispetto dei limiti ai poteri di intervento della Corte – possano sostituirsi a quella denunciata come illegittima dal giudice a quo.
Quest’ipotesi non ricorre nel caso in esame. Se è vero che la tutela della salute, cui sono volte le misure di contrasto della ludopatia, è un obiettivo di rilievo costituzionale, va anche aggiunto, però, che qui si tratta di inosservanze di obblighi informativi, a carattere preventivo, «sensibilmente antecedenti la concreta offesa all’interesse protetto».

La sanzione in esame va quindi rimossa puramente e semplicemente, spettando al legislatore stabilirne una nuova.

 

 

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