Un Comune può legittimamente adottare delle fasce orarie per limitare la raccolta di gioco, anche se la legge regionale disciplina solamente il distanziometro. Il potere del Sindaco, infatti, deriva comunque
Un Comune può legittimamente adottare delle fasce orarie per limitare la raccolta di gioco, anche se la legge regionale disciplina solamente il distanziometro. Il potere del Sindaco, infatti, deriva comunque dal TUEL, il Il testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali. Lo ribadisce la V Sezione del Consiglio di Stato in una sentenza in cui respinge il ricorso intentato da una sala Bingo di Vertemate con Minoprio, in provincia di Como.
Al centro della questione c’è l’ordinanza emessa dal Sindaco del Comune dell’Insubria nel dicembre 2017, con cui la raccolta delle slot e delle vlt viene autorizzata solo per otto ore al giorni, dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 18.00 alle 23.00. La sala ha provato a fare leva sul fatto che la legge regionale della Lombardia del 2013 “aveva individuato quale strumento di elezione per il contrasto alla ludopatia solo ed esclusivamente quello dei divieti distanziometrici”. Nessun riferimento invece alle fasce orarie, tanto che il Sindaco – nell’ordinanza – richiamava il decreto Balduzzi, che però “si limita a prevedere un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia”.
Per i giudici di Palazzo Spada, tuttavia, non c’è alcun difetto di copertura normativa: “è indubbio che l’ordinanza sindacale de qua (…) trovi il suo fondamento, ad onta di quanto addotto da parte appellante, nella previsione dell’art. 50 comma 7 del TUEL, come confermato dalla costante giurisprudenza in materia, secondo la quale il sindaco, ai sensi di tale disposto, ha il potere di adottare provvedimenti funzionali a regolamentare gli orari delle sale giochi e degli esercizi pubblici in cui vi sono apparecchiature da gioco”. Nello stesso senso si è pronunciata anche la Corte Costituzionale nella sentenza 18 luglio 2014 n. 220. La Consulta “ha richiamato l’evoluzione della giurisprudenza amministrativa” per affermare che “in forza della generale previsione dell’articolo 50, comma 7, d. lgs. 267 del 2000, il Sindaco può disciplinare gli orari (…) per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica ovvero della circolazione stradale”.
La sala ha provato anche a fare leva sull’Intesa del 2017: sebbene l’accordo non sia stato ratificato, diverse parti – a iniziare dal taglio della rete degli apparecchi – sono state applicate. Si dovrebbero rispettare quindi anche le prescrizioni che tutelano gli operatori. Nel caso delle fasce orarie, l’Intesa concedeva uno stop massimo di 6 ore al giorno, l’ordinanza di Vertemate con Minoprio arriva invece a 16. Per il Consiglio di Stato, tuttavia, la questione è “irrilevante”. Quella prescrizione dell’Intesa, infatti, necessitava “del decreto di recepimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze”. Decreto che tuttavia non è “mai intervenuto”.
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