Nel corso del dibattito milanese FIPE dedicato al futuro del gioco pubblico, Giovanni Kessler – magistrato, già direttore dell’Ufficio Antifrode UE e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oggi consulente
Nel corso del dibattito milanese FIPE dedicato al futuro del gioco pubblico, Giovanni Kessler – magistrato, già direttore dell’Ufficio Antifrode UE e dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, oggi consulente tecnico di ACADI – ha sottolineato l’importanza di un cambio di approccio nella regolazione del comparto. Non più limitazioni esterne e restrittive, ma un uso intelligente delle tecnologie per garantire tutela dei consumatori, legalità e responsabilità.
“I concessionari – ha spiegato – sono i primi ad avere interesse affinché il gioco che gestiscono sia sicuro, sia in termini di tutela della salute sia dal punto di vista della legalità, nel senso di un ambiente “safe and secure”. Non c’è, quindi, alcuna divergenza di interessi tra regolatori e operatori: al contrario, i concessionari del gioco legale subiscono un danno diretto dalla diffusione del gioco illegale, anche sul piano economico.
Per quanto riguarda il gioco fisico – quello su cui si è maggiormente concentrata l’attenzione normativa e regolatoria negli ultimi anni – l’intervento si è basato soprattutto su limitazioni fisiche: distanze minime, restrizioni orarie, riduzione degli esercizi autorizzati. Si è cioè agito considerando il gioco come un “male necessario”, da contenere e limitare.
Tuttavia, questa visione ha portato a un progressivo sfoltimento dei punti vendita, in parte anche per motivi economici o di mercato, senza però ottenere risultati significativi in termini di contrasto al gioco patologico. Le ricerche ci dicono chiaramente che un giocatore compulsivo non smette di giocare perché non può farlo a mezzogiorno o perché un punto vendita è stato chiuso: si sposta, cambia orario o luogo, ma continua a giocare.
È quindi necessario un cambio di paradigma. Oggi, grazie alla tecnologia, è possibile rendere gli apparecchi da gioco intrinsecamente sicuri, a partire dall’interdizione automatica ai minori. Il riconoscimento dell’età tramite telecamere, ad esempio, non implica identificazione personale ma consente un blocco immediato della giocata se l’età rilevata non è compatibile con la maggiore età. Un limite già previsto dalla legge, ma finora difficile da applicare efficacemente.
Ancora più importante, la tecnologia consente oggi di rilevare automaticamente comportamenti di gioco compulsivo o patologico. Le macchine possono riconoscerli e reagire in tempo reale: rallentando il ritmo di gioco, inviando messaggi di allerta, oppure attivando l’intervento del personale di sala. Il giocatore viene così informato, accompagnato verso una maggiore consapevolezza e, se necessario, fermato nella sua attività compulsiva.
Questi non sono limiti esterni e astratti – come orari o distanze – ma strumenti integrati nell’apparecchio stesso, che rendono possibile un’esperienza di gioco sana e responsabile. È una prospettiva completamente nuova: non più un gioco da tollerare con riluttanza solo perché produce entrate per lo Stato, ma un sistema regolato dall’interno, in grado di prevenire realmente il gioco patologico.
Se continuiamo invece a limitarlo solo “da fuori”, non otteniamo una riduzione del fenomeno, ma solo uno spostamento del consumo verso altre forme di gioco prive di quegli stessi controlli. In questo modo non si limita il gioco complessivo, né tantomeno quello problematico. Serve quindi un approccio che utilizzi le potenzialità della tecnologia per trasformare davvero il modo in cui il gioco è offerto e regolato”.
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