14 Giugno 2025 - 13:00

Caroli (FAIR) a PressGiochi: “Serve un gioco sano, ma anche una rete fisica capace di prevenire i comportamenti a rischio” – Video

In occasione degli Stati Generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli 2025, abbiamo intervistato Matteo Caroli, presidente della Fondazione FAIR. Nata su impulso di uno dei principali operatori del settore,

26 Maggio 2025

In occasione degli Stati Generali dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli 2025, abbiamo intervistato Matteo Caroli, presidente della Fondazione FAIR. Nata su impulso di uno dei principali operatori del settore, la Fondazione si è affermata come punto di riferimento per la ricerca scientifica orientata alla promozione di un gioco responsabile e alla prevenzione dei comportamenti patologici. Dallo studio dei comportamenti dei giocatori, all’uso delle tecnologie avanzate, fino al contrasto del gioco illegale, Caroli traccia un quadro chiaro e articolato del lavoro in corso e delle sfide che il settore è chiamato ad affrontare, tra responsabilità sociale, innovazione e dialogo con le istituzioni.

“Fondazione Fair – spiega Caroli – nasce quasi due anni fa, voluta da uno dei principali operatori del gioco. Non è una Corporate Foundation; è una fondazione che sta coinvolgendo tutti gli stakeholders proprio per promuovere, eh, la ricerca scientifica su quelli che sono gli strumenti che possono rendere il gioco healthy e prevenire situazioni patologiche.
Noi, come fondazione, abbiamo realizzato, appunto, in questi primi anni di attività, diversi studi scientifici proprio per capire innanzitutto quali sono i comportamenti e anche le aspettative dei giocatori stessi”.

Il problema è cominciare, prima di tutto, a studiare il comportamento dei giocatori. Eppure sono ormai 15-20 anni che i giornali pubblicano, perché vengono ovviamente forniti cifre e dati sui comportamenti dei giocatori, come se tutti avessero già saputo 20 anni fa di che cosa si trattava.
“Sì, beh, diciamo che i dati sono i dati su quelle che sono le quantità di giocatori problematici. In realtà è proprio in questi ultimissimi anni che si è capita l’importanza di prevenire comportamenti patologici e quindi, a tal fine, capire quali sono le caratteristiche dei giocatori che poi possono sfociare in comportamenti patologici.
Così come è in questi anni che gli operatori hanno iniziato a investire in maniera significativa su strumenti, anche tecnologici, proprio per orientare e indirizzare il comportamento dei loro clienti, dei giocatori, verso un gioco che sia responsabile e prevenire, ripeto, comportamenti negativi.”

Però si è parlato molto di intelligenza artificiale, di tecnologia, di app che aiuterebbero il giocatore ad autocontrollarsi, ma queste sono tecnologie che si applicano al giocatore online. E poi c’è il gioco fisico. Quale dei due fa più paura e a quale si può applicare la tecnologia in maniera più efficace?
“Questo è un ottimo punto. Perché il gioco online, per un verso, è il gioco più rischioso, dove sono più possibili comportamenti negativi, perché si gioca da soli, si può giocare in qualsiasi ora. Stando online, anche in tanti altri contesti, si perde il senso del tempo.
D’altro canto, invece, nel gioco online si applicano molto meglio gli strumenti tecnologici, tra cui appunto le applicazioni di intelligenza artificiale, anche per anticipare comportamenti negativi.
L’altra questione fondamentale è quella di far evolvere in modo positivo i luoghi fisici dove si gioca. E lì c’è un tema molto importante anche di formazione degli operatori, di incentivazione degli operatori sul territorio, dei retailers, a svolgere personalmente un’azione un pochino anche di controllo, di persuasione, su chi loro stessi possono notare avere comportamenti non positivi.
E su questo, ancora una volta, i grandi operatori, i grandi concessionari che gestiscono reti enormi sul territorio stanno lavorando in maniera importante; ma ancora di più dovranno lavorare nel far sì che le loro reti distributive siano efficaci, appunto, nel prevenire comportamenti.”

Ovviamente, quando si parla di best practice, di soluzioni, di ricerca di rimedi per prevenire e poi per risolvere i problemi, si fa confronto con tutti gli altri Paesi.
Qual è la posizione dell’Italia dal punto di vista della prevenzione, della conoscenza della problematica? Ma poi qual è la posizione dell’Italia sulla conoscenza da parte della politica?
“Mah, dunque, non ho dati di affronto sui comportamenti e sugli orientamenti della politica. Posso dire che in Italia noi abbiamo alcuni grandi concessionari che sono anche parte di gruppi mondiali, che hanno portato in Italia davvero best practice sul fronte della prevenzione di comportamenti patologici e hanno realizzato investimenti, e stanno realizzando investimenti significativi.
Credo quindi che in Italia gli operatori italiani si siano allineati; anzi, alcuni di questi sono sicuramente dei front runner, come si potrebbe dire, anche a livello europeo.
L’altro aspetto importante è che in Italia la recentissima normativa ha sicuramente fatto dei passi avanti molto significativi, appunto, anche sul bilanciamento tra, diciamo, esigenze diverse.
Da un lato, l’esigenza di favorire un mercato che è importante, che è un mercato che sviluppa risorse significative; e dall’altro, l’esigenza di far sì che questo mercato non generi poi delle problematiche; ovvero una parte di questo mercato non abbia poi, appunto, patologie che sono molto gravi e non sono accettabili dal punto di vista non solo della sanità pubblica, ma anche proprio dell’etica e della giustizia sociale.”

Ecco, però lei dice “si sta arrivando a un punto di equilibrio”. Eppure ancora oggi si leggono notizie, si leggono titoli allarmistici.
“Beh, allora appunto, i titoli sono spesso allarmistici perché vanno a cogliere il caso singolo.
Quello su cui bisogna lavorare, e questo è uno degli obiettivi della Fondazione Fair, è su dati statistici, su dati robusti che non sono l’episodio singolo. Alcuni dati sono stati citati dal direttore Mario Lollobrigida.
In realtà la percentuale di giocatori problematici, quindi non che hanno sviluppato completamente una patologia, è una percentuale di pochissimi punti sul totale.
È chiaro che, essendo il totale molto grande, perché parliamo di 17-18 milioni di giocatori, anche una percentuale di uno o due punti significa molte decine di migliaia di persone.
E quindi c’è da lavorare su queste, vanno diminuite. C’è un altro grande tema da ricordare, e cioè che molta parte di questi giocatori patologici sono giocatori perché giocano nel gioco illegale.
E quindi occorre, da un lato, sviluppare nel gioco legale gli strumenti di prevenzione, ma allo stesso tempo colpire sempre più duramente il gioco illegale.”

Il gioco illegale però arriva dall’estero. Non è facile intervenire per le forze dell’ordine italiane che non possono andare all’estero.
“Ci sono poi tutta una serie di problematiche tecniche, però come principio generale bisogna intervenire.
Beh, bisogna probabilmente lavorare sempre di più sull’oscuramento dei siti da dove essi vengono, a prescindere da dove essi vengono.
Questo credo si possa fare sicuramente, e ci sono dati che confermano che si sta lavorando in maniera significativa.
Naturalmente questo è un po’ come in altri campi: un continuum. Non si finirà mai.”

 

Giampiero Moncada – PressGiochi