28 Marzo 2024 - 12:11

Carai (SerD Olbia): “176 famiglie attualmente seguite nel programma di terapia dal GAP”

Salvatore Carai, direttore del SerD di Olbia, interviene analizzando le problematiche relative al gioco d’azzardo patologico nell’isola sarda.  “Il comportamento dei giocatori – prosegue il direttore del SerD –  persistente,

19 Gennaio 2016

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Salvatore Carai, direttore del SerD di Olbia, interviene analizzando le problematiche relative al gioco d’azzardo patologico nell’isola sarda.  “Il comportamento dei giocatori – prosegue il direttore del SerD –  persistente, ricorrente, ossessivo e compulsivo, che compromette le attività personali, familiari e lavorative. Da attività piacevole ed eccitante, può diventare una dipendenza grave e distruttiva (tossicomania legale senza sostanze stupefacenti). Può irrompere nella vita delle persone alterando il loro normale stile di vita, con gravi ripercussioni nell’ambito delle relazioni personali e familiari, e nel lavoro, determinando pericolose conseguenze economiche e legali”. La Sardegna è la prima regione d’Italia per numero di slot machine in relazione alla densità della popolazione (22 ogni 10mila abitanti) e la Gallura si piazza al secondo posto (dopo la provincia di Nuoro) in classifica (29 macchinette ogni 10mila abitanti). Questo, solo per quanto riguarda le slot machine, ma l’isola è anche fra le quattro regioni in cui le famiglie arrivano ad investire il 10 per cento del proprio reddito nel gioco d’azzardo: si stima una spesa media di 1.500 euro a persona. A quanto sembra state oltre 380 le richieste di aiuto arrivate fino a oggi al SerD da quando, nel 2004, sono stati istituiti al suo interno i gruppi terapeutici rivolti a pazienti con disturbo da gioco d’azzardo patologico. Da allora sono state prese in carico 176 famiglie, coinvolte, insieme al giocatore, nel programma terapeutico. Attualmente sono una cinquantina i giocatori seguiti dai gruppi di terapia: hanno un’età tra i 20 ed i 65 anni, sono prevalentemente maschi, e fanno lavori estremamente diversi (dipendenti, liberi professionisti, artigiani e commercianti). Vengono seguiti da tre gruppi che si riuniscono due volte la settimana, condotti da medici e psichiatri psicoterapeuti, psicologi psicoterapeuti e assistenti sociali. “Il giocatore patologico- continua Carai- ritiene, erroneamente, di poter smettere in qualsiasi momento. Sono invece quasi sempre i familiari dei ‘giocatori patologici’ che, per primi, colgono i segni della patologia in atto e si rivolgono, dopo numerosi e vani tentativi di dissuasione, ad uno specialista come l’unica, e spesso l’ultima spiaggia, per riuscire a modificare un comportamento che ha portato la famiglia al dissesto economico, con un accumulo di ipoteche e debiti che, in alcuni casi, non potranno mai essere onorati”. Per lo psicoterapeuta l’azione fondamentale per combattere la patologia è la terapia di gruppo. Formulata la diagnosi ed un programma terapeutico mirato, comincia per il paziente e la sua famiglia un percorso che cerca di portare ad un profondo cambiamento nello stile di vita. Tra gli interventi viene anche formulato un vero e proprio piano di rientro finanziario con una nuova gestione dei soldi attraverso la nomina di un tutor finanziario. «È essenziale – conclude Carai – la consapevolezza della malattia e la totale adesione al programma terapeutico».