24 Aprile 2024 - 19:57

Amusement, alla ricerca dell’identità perduta

Dall’ATEI alla EAG, dall’Enada Primavera alla FEE. Quanto è accaduto anni fa a Londra, può ora ripetersi entro i nostri confini, anche perché le analogie sono molte. Come si ricorderà,

22 Marzo 2017

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Dall’ATEI alla EAG, dall’Enada Primavera alla FEE. Quanto è accaduto anni fa a Londra, può ora ripetersi entro i nostri confini, anche perché le analogie sono molte.

Come si ricorderà, nel già lontano 2009, il fronte dell’amusement, stanco di vedersi ridurre gli spazi all’Earls Court – fino ad essere relegato al ballatoio che corre nella parte superiore della struttura espositiva – per lasciare il passo ai ben più remunerativi settori casino e online, decise di “evadere” trasferendosi in un vicino albergo, dove, in contemporanea all’ATEI, diede vita alla IGX Expo, supportata dalla rivista Intergame e dalla associazione Bacta. Un tentativo coraggioso ma di successo, visto che l’anno dopo sarebbe nata la EAG, con sede all’ExCel, in date leggermente differite rispetto ad ICE.

 

 

Ebbene, pure nel caso italiano c’è un malessere di fondo da parte dell’industria dell’intrattenimento. La principale differenza sta nel fatto che l’Associazione di riferimento, la Sapar, si è trovata – suo malgrado – dall’altra parte della barricata.

Prima ancora di analizzare i perché e i per come della vicenda, è necessario fare qualche passo indietro. Che le aziende, e gli operatori, dediti all’amusement non sopportino più di dover pagare anch’essi le conseguenze degli attacchi frontali che il settore del gaming sta subendo da qualche anno a questa parte, è un fatto risaputo. Così come è risaputo che l’Amministrazione ha sempre snobbato il comparto, se non peggio, lo guarda con diffidenza e sospetto. Ed è altrettanto noto che nelle fiere nostrane il coin-op tradizionale ha finito pian piano per passare in secondo ordine, non per colpe specifiche di qualcuno bensì per un fatto naturale quanto inevitabile.

 

Così, alla fine, tanto tuonò che piovve. Le acque cominciarono ad incresparsi nel mese di dicembre, quando Tiziano Tredese fece circolare una sua “riflessione pre-natalizia” sulle fiere italiane, con alcune proposte per aiutare le aziende dell’amusement, ipotizzando, in caso di mancato accoglimento, anche la possibilità di “pensare a una esposizione alternativa” per i soli comma 7.

 

Da allora si è andati avanti con carteggi e messaggi vari fino alla EAG di Londra, dove alcune delle principali aziende di comparto hanno preso la decisione di fare il “grande passo”. Poi, in data 31 gennaio, è stata indirizzata a Sapar e a Italia Exhibition Group (nato dalla fusione fra Rimini Fiera e Fiera di Vicenza) una lettera, firmata da 6 importanti aziende, nella quale, constatato che “il comparto degli apparecchi senza distribuzione di vincite in denaro non è stato investito né dal processo di liberalizzazione previsto dalla Direttiva Servizi 123/2006/CE, né tantomeno dagli improcrastinabili interventi di razionalizzazione e riordino normativo”; rilevato inoltre che “da ultimo l’art. 22 L.R. Emilia Romagna n.25/2016 ha vietato ai minori l’utilizzo di tali apparecchi, e in particolare quelli denominati ticket redemptions”, e considerando infine “lo stato di assoluta paralisi in cui versa da molti anni il settore in questione”, ci riserviamo di non partecipare alla prossima edizione di Enada Primavera”.

 

A ben vedere, non tanto di “riserva” si trattava, ma di una decisione già presa, visto che rimanevano una quarantina di giorni per mettere su la nuova fiera, per darle un nome, per trovarle una location, per fare il tamtam pubblicitario, e via dicendo.

 

La Italia Exhibition Group, il 16 febbraio, ha risposto comunicando il “Documento programmatico – Progetto di sviluppo e valorizzazione del settore amusement”, concordato con Sapar, dove si garantivano all’amusement: una maggiore visibilità prima e durante la fiera; allestimenti coordinati; operazioni speciali di comunicazione adeguato; eventi e convegni specialistici, ecc. In più, si parlava di un contributo per le spese pubblicitarie affrontate dalle aziende in questione.

 

In sostanza, l’ente fieristico e l’associazione la parte loro l’avevano fatta. Ma ormai, per la controparte, era tardi per un ripensamento (eventuale) e così, in quattro e quattr’otto, è nata la FEE, nel Palazzo dei Congressi di Riccione.

 

A quanto risulta, la Fiera ha colto nel segno. Come dice Tiziano Tredese: “Abbiamo visto tutti sorridere, sia gli espositori che i visitatori, non tanto per gli affari che sono stati conclusi ma per il clima che si è creato. Abbiamo visto gente che non incontravamo da anni, venuta appositamente per vedere il nuovo flipper o magari l’ultima guida, anche se per molti di questi operatori il core business rimane quello delle slot.” Off-the-records, si può aggiungere che la FEE è costata così poco agli espositori da incidere sui rispettivi bilanci quanto una gita aziendale.

 

Adesso, però, viene il bello: avrà questo gruppo di aziende la forza di andare avanti e di attirare nella propria sfera anche quelle – e non sono certo poche – che hanno comunque preferito rimanere a Enada Primavera? Oppure, non è che il loro obiettivo ultimo è stato solo di “sollevare un caso” per poi avviare un tavolo di trattativa?

A nostro avviso, i margini per una ricomposizione dello strappo teoricamente ci sarebbero, considerando innanzitutto il fatto che nella riunione tenutasi a Rimini Fiera, subito dopo la chiusura di Enada Primavera, gli organizzatori e l’associazione hanno posto l’accento non tanto sul danno economico subito, quanto su quello di immagine, perché oggi il settore del gaming tutto può permettersi tranne che apparire diviso. Quindi, c’è la volontà di ritrovare l’armonia e recuperare l’unità di intenti.

 

Sul versante dell’intrattenimento, però, al primo posto non c’è tanto la questione commerciale – di per sé la più facile da risolvere – né una volontà specifica di scissione associativa. Si può parlare, invece, di un problema di “identità”, ovvero di dissociarsi definitivamente dal mondo degli apparecchi con vincita in denaro, così inviso alle istituzioni, ai media e all’opinione pubblica. Unitamente, si pone un problema di rappresentanza: nell’ambiente dell’amusement, infatti, si è consolidata la sensazione che nessuna associazione di categoria abbia chissà quale interesse a sostenere la propria causa; pertanto, la soluzione che si sta prospettando è quella di “mettersi in proprio”, per poi trovare il referente più adatto.

 

Referente che potrebbe essere la ASGI. L’organismo presieduto da Cristina Zanotti, che sino ad oggi ha lavorato solo in funzione degli esercenti di sala giochi, ha non a caso modificato il proprio assetto aprendosi a tutte le figure professionali del comparto; e per dare più evidenza al cambiamento si è ridenominata New ASGI.

“Alla FEE – spiega Cristina Zanotti – abbiamo partecipato da semplici invitati, ma chiaramente l’obiettivo è di diventare noi l’organismo di rappresentanza del settore dei giochi di puro intrattenimento. Del resto, ai produttori e ai distributori serve un’interfaccia politica per portare avanti le proprie battaglie, sia in ambito nazionale che di Comunità Europea”.

 

La vecchia idea di uscire dalla sfera ADM per entrare in quella del MISE, per poi accedere a una normativa più confacente, senza tanti lacci e laccioli, è tornata quanto mai di attualità. Il decreto tecnico comma 7, fermo ormai da tempo sui tavoli della burocrazia e dato ormai per imminente, rischia di dare la mazzata finale a flipper, videogiochi, redemptions e compagnia cantante.

 

“Vogliamo la liberalizzazione – aggiunge Cristina Zanotti – e per questo cercheremo di seguire tutte le strade possibili. La FEE ha dato un segnale forte in tal senso e, a mio avviso, è destinata a durare nel tempo. Tornare all’Enada? Direi proprio di no, semmai potremmo valutare la possibilità di tornare a Rimini, come manifestazione separata, che cominci al termine di quella del gaming. Sia chiaro, questo è solo un mio pensiero, da presidente uscente ASGI per altro, ma in giro mi sembra di cogliere una certa condivisione. Da parte nostra, nessuno vuole criminalizzare il gioco a vincita, fin quando si svolge nel rispetto delle regole. Però l’amusement non ha nulla a che fare con questo mondo e vuole staccarsene completamente. Chi è venuto a Riccione, avrà senz’altro respirato un’aria diversa, c’era tanta solidarietà e sembrava come essere in famiglia. Cose ormai impossibili da trovare nell’ambiente del gaming”.

 

 

Marco Cerigioni – PressGiochi

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