Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione – dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13
Sono infondate le questioni di legittimità costituzionale – sollevate in riferimento all’art. 117, commi secondo, lettera h), e terzo, della Costituzione – dell’art. 7 della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2013, n. 43, recante «Contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico», nella parte in cui vieta il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio di sale da gioco e all’installazione di apparecchi da gioco nel caso di ubicazione a distanza inferiore a cinquecento metri pedonali dai luoghi cosiddetti “sensibili” ivi indicati.
Lo ricorsa il Consiglio di Stato in un approfondimento pubblicato relativamente alla recente sentenza della Corte Costituzionale che si è espressa favorevolmente all’adozione delle distanze su sale giochi e scommesse in Puglia.
I.- Con la sentenza in epigrafe la Consulta ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar di Lecce (cfr. sez. I, ordinanza 22 luglio 2015 n. 2529) stabilendo che la Regione non ha invaso la competenza dello Stato.
In primo luogo, con riferimento alla presunta violazione della legislazione esclusiva in tema di ordine pubblico e sicurezza, la Corte, ribaltando l’impostazione posta a base dell’ordinanza di rimessione, ha assodato che il legislatore regionale non è intervenuto per contrastare il gioco illegale, né per disciplinare direttamente le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco leciti e nemmeno per individuare i giochi leciti, avendo, invece, perseguito in via preminente finalità di carattere socio-sanitario, come tali estranee alla materia dell’ordine pubblico.
In secondo luogo, con riferimento alla dedotta violazione dei principi fondamentali posti dallo Stato nella materia di competenza concorrente della «tutela della salute», la Corte, dopo aver richiamato il diritto vivente in punto di legittimità degli interventi di contrasto della ludopatia basati sul rispetto di distanze minime dai luoghi “sensibili” senza la necessità della previa definizione della relativa pianificazione a livello nazionale, ha escluso la violazione anche di questo parametro.
II.- In materia di sale da gioco e di distanze da luoghi sensibili, anche con riferimento alla liberalizzazione delle attività commerciali, si segnala:
III.- La giurisprudenza della Corte di giustizia UE, con riferimento a diversi limiti introdotti dal legislatore nazionale, ha riconosciuto che gli obiettivi attinenti, da un lato, alla riduzione delle occasioni di gioco e, dall’altro, alla lotta contro la criminalità mediante l’assoggettamento a controllo degli operatori attivi in tale settore e l’incanalamento delle attività di gioco d’azzardo entro circuiti legali, rientrano tra quelli riconosciuti come idonei a giustificare restrizioni alle libertà fondamentali nel settore dei giochi d’azzardo (cfr. sentenza 6 marzo 2007, C- 338, 359, 360/04, Placanica, punti 46 e 52, in Foro it., 2007, IV, 249, con nota di PALMIERI; successivamente sez. IV, 16 febbraio 2012, C-72 e77/19, Costa e Cifone, id., 2013, IV, 240, con nota di LEOTTA, cui si rinvia per ogni ulteriore riferimento di dottrina e giurisprudenza).
Per quanto riguarda in specie il primo di questi obiettivi, il settore dei giochi d’azzardo in Italia è stato per lungo tempo caratterizzato da una politica di espansione finalizzata ad aumentare gli introiti fiscali e dunque, in tale contesto, non è possibile invocare alcuna giustificazione fondata sugli obiettivi della limitazione della propensione al gioco dei consumatori o della limitazione dell’offerta di giochi.
Per quanto riguarda poi il secondo degli obiettivi invocati, risulta da una giurisprudenza consolidata che le restrizioni imposte dagli Stati membri devono soddisfare il principio di proporzionalità, e che una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato soltanto se i mezzi impiegati sono coerenti e sistematici.
In tale contesto, le norme sulle distanze minime sono state imposte unicamente ai nuovi concessionari, ad esclusione di quelli già insediati. Pertanto anche se un regime di distanze minime tra punti di vendita potrebbe essere di per sé giustificato, non si può ammettere che simili restrizioni vengano applicate in circostanze in cui esse penalizzerebbero unicamente i nuovi concessionari che fanno ingresso sul mercato (cfr. in materia di proporzionalità delle limitazioni alla libertà di impresa, Corte giustizia CE, 13 dicembre 2007, n. 250/06, United Pan-Europe, in Foro it., 2009, IV, 49, secondo cui: “Una normativa nazionale può imporre agli operatori via cavo di diffondere i programmi televisivi trasmessi dagli organismi designati dalle autorità statali quando persegue un interesse generale e non è sproporzionata rispetto all’obiettivo”).
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