19 Aprile 2024 - 16:56

VLT: anche per i concessionari è ora di scendere in piazza!

Se le AWP stanno per affogare, le VLT navigano in acque tempestose. La Legge di Bilancio ha colpito pesantemente anch’esse, dopo che il Decreto Dignità aveva portato il relativo Preu

29 Gennaio 2019

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Se le AWP stanno per affogare, le VLT navigano in acque tempestose. La Legge di Bilancio ha colpito pesantemente anch’esse, dopo che il Decreto Dignità aveva portato il relativo Preu al 6,25%.

Questa annotazione iniziale non vuole essere un contrappeso alle accese polemiche in corso in questi giorni contro le comma 6B e, conseguentemente, le lobby di potere politico ed economico che sottende questo mercato, ma soltanto un tentativo di evidenziare – come già abbiamo fatto per le AWP – un dato oggettivo, che andremo a sviluppare con dati e commenti, evidenziando come, ancora una volta, il governo e i suoi accoliti dimostrino di vivere su un pianeta molto lontano dalla realtà, e pretendono comunque di pontificare come se fossero gli unici depositari della verità.

Poi, se rapportiamo il tutto al Decretone, dove vengono tartassate le sole comma 6A, allora la caccia agli inciuci e ai “curiosi” intrecci fra gaming e politica è anche comprensibile, purché si portino elementi incontrovertibili a sostegno di certe tesi.

Ma almeno su un aspetto non può esserci discussione: il “direttorio” di Palazzo Chigi (ormai dobbiamo chiamarlo così, per non dire di peggio) è in preda a una follia galoppante, causata da una drammatica contraddizione di fondo: da un lato vuole distruggere il comparto AWP tradizionale, dall’altro esige l’impossibile, in termini di tasse, da tutti gli apparecchi (VLT comprese) per finanziare i suoi visionari provvedimenti (leggasi Quota 100 e Reddito di cittadinanza).

 

Analisi dei dati storici

 

 

Come è a tutti noto, le comma 6B, sin dall’inizio, sono state impostate con una percentuale di restituzione più alta rispetto a quella minima prevista dalla legge.

Questo per mitigare l’aggressività di un sistema che ha subito denunciato un fortissimo squilibrio fra costo della giocata e vincita massima di sala (senza considera il superjackpot nazionale da 500k euro, che è una roba straordinaria), e di fatto non ha un ciclo strutturalmente simile a quello delle AWP, entro il quale la suddetta percentuale deve essere rispettata.

Addirittura, i primi tempi si viaggiava oltre il 90%. I concessionari potevano permetterselo perché il Preu scontava soltanto il 2% sul coin in[1], e cioè, grossomodo, il 20% sul residuo di cassa – sempre ovviamente al netto degli altri balzelli.

Una percentuale così bassa ha creato scandalo sia all’interno che all’esterno del settore, gettando subito ombre lunghe sul “caso” VLT. Ma parametrare tout court il 4% a regime delle comma 6b) con il vigente 12% delle comma 6a) sarebbe un errore madornale, tenendo presente in primis che la percentuale di vincita minima era più alta di 10 punti (85% contro 75%), e in secondo luogo che nelle VLT il Preu si applica sul bet e non sul coi-in come nel caso delle AWP.

D’altra parte, il vertiginoso balzo in avanti fatto dalla raccolta nel 2012 e il relativo assestamento rivelatosi negli anni seguenti, combinati con la contemporanea flessione della raccolta slot, dimostra due cose: che le VLT hanno attirato nella loro sfera i giocatori “hardcore” dediti alle AWP (e forse anche quelli che giocavano su apparecchi illeciti), e che la loro collocazione negli esercizi art.88 è stata, almeno sino ai giorni attuali, un bel salvacondotto rispetto alle leggi regionali e alle ordinanze comunali anti-apparecchi.

Negli anni, le VLT hanno subito anch’esse inattese variazioni di Preu – ricordiamo in primis l’anticipo al 2012 dell’aliquota del 4% per sopravvenute emergenze erariali – alle quali le concessionarie hanno risposto con un progressivo, ma leggero, abbassamento della percentuale di restituzione (tramite l’omologazione di sistemi di gioco con % win più basse), con l’ottimo risultato di non dissuadere il cliente, che anzi ha mostrato un crescente gradimento al gioco.

 

Su questo tema è doveroso un inciso. Nell’interazione fra Preu e residuo di cassa un ruolo determinante è rivestito dal rapporto contrattuale fra concessionari e gestore/esercente di sala. La casistica è talmente ampia da non permetterci di svilupparla in questa sede. In sintesi, basterà dire che in taluni format contrattuali si è innescato un meccanismo perverso per cui, all’aumento dell’aliquota diminuisce la parte di spettanza del “terzo”, anche in misura tale da oltrepassare la soglia della sostenibilità.

 

Tale argomentazione non inficia comunque il concetto di partenza, in quanto il residuo di cassa indicato in valore percentuale è un parametro assoluto, che non potrà mai corrispondere esattamente al dato che poi il concessionario stesso andrà a computare nel proprio conto economico.[2]

Tornando all’andamento della raccolta, indicatore del gradimento del pubblico, il trend crescente è stato interrotto solo nel 2014, a prescindere da ogni altra situazione, si è registrata guardacaso la maggiore diminuzione della percentuale di vincita.

Nell’anno in cui il Preu è salito al 5% (2013), i concessionari lo hanno di fatto tamponato di tasca propria, preferendo subire un forte balzo in avanti della quota di incidenza del Preu stesso sul residuo al netto delle vincite pagate (dal 37,31% al 47,98%), mantenendo pressoché inalterata la % di restituzione effettiva.

 

Nei due anni successivi la strategia, per forza di cose, ha cambiato rotta: il ritorno al giocatore è stato diminuito globalmente dell’1,09%, con la conseguente diminuzione dell’incidenza su residuo. Incidenza che è a sua volta aumentata nel 2016, con l’aliquota Preu al 5,5%, pur essendo stato lo 0,5% aggiuntivo quasi totalmente tamponato dalla riduzione della % di vincita di 0,47 punti.

Per quanto riguarda il 2017, in relazione al fatto che dopo il primo quadrimestre (arrotondato) il Preu è balzato al 6%, ai fini del calcolo annuale dobbiamo affidarci a una media ponderata della tassa, che corrisponde al 5,83%. I concessionari hanno ancora una volta subito tutte le conseguenze di tale inasprimento, senza incidere sulla percentuale di restituzione (una variazione minima può anche essere considerata fisiologica).

 

 

Per il 2018, invece, poiché la relazione del Servizio Bilancio dello Stato indica soltanto la raccolta (24,3 mld), ma non la cifra tornata a vincite, non possiamo determinare la relativa percentuale e, a ricaduta, l’incidenza sul residuo. In ogni caso, anche per l’anno appena concluso bisognerà misurarsi con un Preu medio (nei primi 8 mesi l’aliquota era ancora al 6% e negli ultimi 4 al 6,25%), che è pari al 6,08%.

Tirando le somme, il fatto più stridente è che negli ultimi 4 anni, mentre la raccolta VLT è salita del 9,47%, l’erario ha aumentato del 33% (arrotondato per difetto) i suoi introiti. E i concessionari hanno visto erodere il c.d. cassetto di almeno 5 punti.

 

 

Novità 2019 e quadro previsionale

Partiamo dall’inasprimento del Preu dettato dalla Legge di Bilancio, che incrementa di 1,25% (contro l’1,35% delle slot) gli aumenti calendarizzati dal Decreto Dignità.

 

7,50 per cento dal 1° gennaio 2019;

7,90 per cento dal 1° maggio 2019;

7,93 per cento 1° gennaio 2020;

8,00 per cento dal 1° gennaio 2021;

7,85 per cento dal 1° gennaio 2023.

 

Gli studiosi del Servizio Bilancio dello Stato hanno osservato, nella relazione di accompagno alla manovra finanziaria, quanto segue.

“Considerato l’aumento già intervenuto con il D.L. n. 87/2018, è probabile che i concessionari riducano la percentuale destinata alle vincite a partire dal mese di aprile, allorché dovranno aggiornare tutti i sistemi di gioco alle nuove regole tecniche fissate dal d. d. 4 aprile 2017, anche in relazione agli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio.”

“Ciò darebbe luogo ad un aumento del prezzo del gioco, circostanza che potrebbe comportare una riduzione della domanda. Tale effetto è stato già considerato in sede di relazione tecnica relativa al DL “dignità” (n. 87/2018) nella quale era stata stimata una riduzione di raccolta del 3% con riferimento all’anno 2018.

La riduzione del payout da 85% a 84% non avrà impatto sull’immediato, considerato che il payout medio del settore è oggi attestato tra l’87% e 1’88%. Sulla base dei dati dei primi nove mesi del 2018, è possibile calcolare il citato decremento del 3% rispetto a livelli di raccolta più attendibili (in sede di relazione tecnica del DL “dignità” la raccolta 2018 era stata, invece, stimata in linea con quella del 2017).

Considerando, pertanto, una raccolta 2018 pari a 24,3 miliardi di euro e tenendo conto che la riduzione del payout non interverrà prima del mese di aprile 2019, può stimarsi una raccolta 2019 pari a 23,8 miliardi di euro.

Per gli anni successivi al 2019, per i quali l’effetto di decremento dovuto alla riduzione del payout si verificherà per l’intero anno, la relazione tecnica stima una raccolta di 23,6 miliardi di euro.

L’incremento del PREU, pari all’1,25% delle somme giocate, quindi, darà una differenza in aumento del gettito pari a 297 milioni per il 2019 e 295 per gli anni 2020 e successivi.”

 

L’osservazione iniziale è l’unica sensata. Anche perché i concessionari, prima di portare in omologa nuovi sistemi con % win più basse, devono attendere i necessari tempi tecnici, che non sono così brevi come si potrebbe pensare. Allora, si può ragionevolmente arguire che l’uscita di tali sistemi ribassati andrà a coincidere con l’aggiornamento sopra accennato. Anzi, diciamo di più: vuoi vedere che non è per niente un caso che l’ulteriore incremento Preu sia stato fissato proprio il 1° maggio?

Poi, in che misura questa riduzione avverrà è difficile da preventivare. Come abbiamo visto in tabella, il concessionario deve, sempre e comunque, cercare di mantenere i sottili equilibri fra lui e il giocatore. Per quest’ultimo, infatti, è molto più immediato percepire una riduzione del payout sulle VLT che non sulle slot. Ergo, ridurre drasticamente di un punto il payout (e non aumentare il “prezzo del gioco”, come i bottegai di Palazzo Madama hanno scritto), sarebbe eccessivo.

La lettura del paragrafo successivo è utile per farci qualche risata. Allora, pensate un po’: “l’intellighenzia” politica, ragionando (si fa per dire) sugli effetti del Decreto Dignità, aveva preventivato un assurdo decremento del 3% della raccolta nell’anno 2018, per effetto dell’aumento dello 0,25% del Preu scattato il 1° settembre.

Sinceramente, all’epoca, questa argomentazione ci era sfuggita, e chiediamo ammenda, perché l’avremmo massacrata a dovere. Invece, guardate un po’ cosa è successo: nel 2018 la raccolta ha subito si una variazione del 3%, ma col segno + davanti, non quello meno!!!

 

 

Questo è sempre causa del parlare senza conoscere. E tuttavia sarebbe bastato studiare l’andamento dei dati degli anni precedenti per rendersi conto, nell’immediato, di quanto fosse sballata quella previsione.

Comunque sia, quando si dice una cavolata (siamo in fascia protetta!) a proprio svantaggio, c’è almeno la possibilità di tirare un sospiro di sollievo più avanti, fino ad affermare che ora “è possibile calcolare il citato decremento del 3% rispetto a livelli di raccolta più attendibili”.

Lo diciamo ironicamente, perché i politici e i loro addentellati possono sì prendersi in giro fra di loro, ma non farlo con noi addetti ai lavori. E che diamine!!

 

Poi, avete visto come hanno giustificato l’errore primario? Dicendo che si erano basati sui dati 2017! Insomma, visto che eravamo già oltre la metà del 2018, una telefonatina ai Monopoli per sapere come stava andando la raccolta si poteva pure farla, o erano già tutti in ferie?

 

Il passaggio successivo è in perfetta coerenza con tutto il precedente. Secondo il Servizio Bilancio dello Stato, visto che il payout non scenderà prima di aprile, la raccolta 2019 sarà inferiore di solo 500 milioni rispetto al 2018. Eppure, sbagliando sbagliando, vuoi vedere che stavolta ci hanno indovinato, senza nemmeno sapere come, ovviamente? Sarebbe il più grande dei paradossi, ma forse ci siamo.

 

Si ipotizza una perdita dell’1,24% del coin-in, che corrisponderebbe più o meno a quella che abbiamo già ricordato, registratasi fra il 2013 e il 2014, quando i concessionari abbassarono la % di restituzione di 0,88 punti. Forse, nell’arco dei 12 mesi questa potrà anche oltrepassare di poco il punto.

Attenzione però, perché qui spunta un arcano. Prima dicevamo che i concessionari non possono rischiarsela troppo nel ridurre il payout, per non provocare effetti dissuasivi. Ma alla luce dei recenti fatti si potrebbe anche ragionare diversamente. Atteso che per le dirimpettaie AWP si prospetta un vero e proprio “annus horribilis”, non si esclude che i concessionari possano godere, magari non subito ma nel corso del tempo, di un’ulteriore fuga di giocatori dalle slot e quindi, in previsione di ciò, agire in maniera più audace sulla percentuale di restituzione. Sono cose che sarà interessante verificare nel corso del tempo, anche perché probabilmente le strategie varieranno da concessionario a concessionario.

Di sicuro, lo scenario è nuovo, essendo la prima volta che la % minima di restituzione è stata ritoccata dalla legge. Ma ancor di più lo è perché da settembre 2018 al 1° maggio 2019, cioè nell’arco di soli 8 mesi, l’incremento del Preu è pari quasi al 30%, che è una roba mai vista su questo fronte. In sostanza, i gestori di rete dovranno cambiare le loro strategie, e in fretta!

Morale, visto che pure le “protette” VLT sono finite nel mirino del governo, anche per i concessionari (tutti meno che uno, ci mancherebbe…) è giunta l’ora di scendere in piazza a protestare! E senza perdere tempo!

 

 

 

Il grafico prende in considerazione quattro delle voci inserite nella tabella precedente, per rendere più immediata la percezione dei differenziali riscontrati. Si precisa, per quanto riguarda l’aliquota Preu, che negli anni 2017 e 2018 è stato calcolato un dato di media, essendo intervenute nel corso degli stessi ulteriori modifiche di aliquota.

 

Marco Cerigioni – PressGiochi

 

 

 

 

[1] Più precisamente, l’aliquota era stata fissata al 4%, venendo poi applicata in maniera agevolata al 2% per gli anni 2010-2011 e al 3% per il 2012, in considerazione degli elevati investimenti che i concessionari hanno compiuto per l’acquisto dei diritti e per lo start up (allestimento sale). Poi, l’aliquota del 4% è stata anticipata al 2013

[2] Conto economico che, del resto, contempla altre voci, fra cui il famigerato 0,8% su cui torneremo in un prossimo articolo, in quanto l’oggetto della nostra riflessione ha un raggio più ristretto e mirato.