29 Marzo 2024 - 07:49

Tar Lazio respinge ricorso gestori contro circolare ADM su sostituzione nulla osta

Cassazione: accolto ricorso Ctd per illegittima esclusione dai bandi di gara dell’operatore estero Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto oggi due ricorsi presentati dalle associazioni dei gestori Sapar,

21 Marzo 2017

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Cassazione: accolto ricorso Ctd per illegittima esclusione dai bandi di gara dell’operatore estero

Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha respinto oggi due ricorsi presentati dalle associazioni dei gestori Sapar, Agge, Criga rappresentati dall’avv. Marco Ripamonti e quello di altre aziende di gestione rappresentate dall’avv. Generoso Bloise contro la circolare emessa dall’Agenzia dei Monopoli avente ad oggetto la determinazione delle modalità operative per procedere alla sostituzione dei nulla osta attualmente attivi con altri sostitutivi di quelli in essere come stabilito nella legge di Stabilità 2016.

I ricorrenti ritenevano che ADM avesse indebitamente integrato il dato normativo, con disposizioni che si porrebbero in contrasto con il principio di concorrenza e, comunque danneggerebbero gli investimenti degli operatori commerciali.

Le circolari impugnate – a detta del Collegio del tribunale amministrativo laziale – appaiono legittime nella misura in cui hanno individuato il “tetto” nel numero di apparecchi AWP in esercizi alla data del 31.12.2015 «oltre il quale è precluso il rilascio di ulteriori titoli autorizzatori».

Per quanto poi riguarda quello che le ricorrenti configurano come una sorta di attribuzione al concessionario di un “asset” commerciale, da collocare a suo piacimento, in danno del bene – azienda, pertinente ai gestori, pare al Collegio che esse obliterino il fatto che i concessionari sono responsabili dell’attivazione e della gestione operativa della rete telematica, ragione per cui, come già evidenziato, l’Agenzia “rilascia” il nulla osta per la messa in esercizio deli apparecchi da collegare alla rete esclusivamente ai soggetti affidatari delle concessioni … ADM non poteva conculcare le valutazioni di questi ultimi in ordine alla necessità di sostituire i titoli autorizzativi relativi agli apparecchi dismessi per le esigenze di funzionamento della rete di cui sono responsabili.

Inoltre, la previsione di un termine in cui tale facoltà può essere esercitata, nonché la successiva confluenza dei titoli disponibili in una sorta di “basket” necessario a garantire “eguali possibilità a tutti i concessionari” rappresentano, in realtà, misure proconcorrenziali, idonee a stimolare la concorrenza anche tra i gestori grazie alla possibilità di attivare nuovi apparecchi fino alla concorrenza del tetto individuato dal legislatore.

 

Di seguito la sentenza completa:

1. Le associazioni ricorrenti espongono di essere rappresentative delle imprese che operano nel mercato delle macchine da gioco lecite, disciplinate dal comma VI, lett. a) dell’art. 110 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza.

Le società ricorrenti, dal canto loro, rappresentano di essere operatori diretti nel relativo mercato, oltre che consorziate alle prime.

Le singole aziende sono proprietarie degli apparecchi di cui sopra, denominati AWP, apparecchi obbligatoriamente collegati alla rete telematica statale.

Essi, per essere utilizzati sul mercato, soggiacciono ad un doppio vincolo di natura pubblicistica.

Da un lato, devono essere dotati di software preventivamente validati dall’amministrazione finanziaria, dall’altra, devono essere collegati alla rete abilitata dalla Agenzie delle Dogane e dei Monopoli che viene gestita mediante concessionari individuati all’esito di procedure ad evidenza pubblica.

In relazione al primo profilo l’amministrazione, in conformità a quanto previsto dall’art. 38, comma 3, della l. n. 388/2000, deve preventivamente verificare e certificare la regolarità degli apparecchi mediante un procedimento di verifica tecnica che viene definito con l’emissione da parte della stessa amministrazione di un certificato di esito positivo della verifica tecnica e con l’emissione del nulla osta di distribuzione in favore del produttore che intende commercializzare l’apparecchio oggetto di verifica.

Il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 12.3.2004, n.86, disciplina la gestione telematica degli apparecchi da divertimento e intrattenimento.

All’esito di una procedura ad evidenza pubblica sono stati selezionati i 13 concessionari (Admiral Gaming Network, Sisal, Snai, Gamenet, Circa, Lottomatica, Codere, Intralot, NTS, Netwin, HBG, BPLUS e Cogetech) ai quali sono state affidate in concessione l’attivazione e la conduzione operativa delle rete telematica del gioco lecito, a seguito di sottoscrizione di apposita convenzione.

Gli aderenti alle società ricorrenti e le società ricorrenti, hanno acquistato i predetti apparecchi, dotati della certificazione attestante l’esito positivo della verifica tecnica e chiesto al concessionario che fosse, suo tramite, emesso da AAMS il nulla osta di messa in esercizio per ciascun apparecchio acquistato.

Il cit. decreto ministeriale n. 86/2014 ha previsto che, per gli apparecchi installati successivamente alla data di individuazione dei concessionari di cui al comma 1, AAMS rilascia il relativo nulla – osta di messa in esercizio esclusivamente mediante identificazione dell’apparecchio e correlazione al concessionario con il quale lo stesso sarà collegato telematicamente.

Le società ricorrenti hanno quindi stipulato con i rispettivi concessionari un contratto di natura privatistica avente ad oggetto la gestione del gioco lecito tramite AWP.

L’obbligo della previa validazione del software di gestione e quello di collegamento alla rete telematica, scaturisce dall’interesse dello Stato, a) a garantire una percentuale di restituzione del giocato in vincita e b) assicurare sul residuo della raccolta un prelievo erariale adeguato.

Sino al 31.12.2015, il 74% delle giocate è stato dalla legge destinato alle vincite; al residuo 26% doveva essere detratto il PREU (prelievo erariale unico sulle giocate), che è variato nel tempo – nel 2015, ad esempio, era del 13% – lo 0,8% dovuto a titolo di canone di concessione oltre il canone di rete, sicché il ricavo dell’apparecchio per l’operatore si è sempre determinato per differenza.

La legge di stabilità 2016 ha introdotto il contingentamento delle macchine in essere, la maggiorazione del prelievo erariale e della facoltà di utilizzare software con minore restituzione della giocata, a compensazione (parziale) dell’aumento del PREU.

L’immediata efficacia dell’aumento del PREU ha posto i proprietari degli apparecchi nella necessità – pena la gestione in perdita delle loro attività – di procedere senza ritardo alla sostituzione delle schede in essere con altre che, riducendo il pay out, assorbissero in parte l’aumento del PREU.

ADM ha disciplinato il procedimento di rilascio dei nuovi nulla osta sostitutivi, articolandolo in un prima fase di “urgenza”.

La circolare impugnata, riguarda invece la fase a regime.

I ricorrenti ritengono che ADM abbia indebitamente integrato il dato normativo, con disposizioni che si porrebbero in contrasto con il principio di concorrenza e, comunque danneggerebbero gli investimenti degli operatori commerciali.

Deducono:

A. Illegittimità della circolare per essersi, con tale atto, determinata la scissione tra apparecchi e nulla osta. Violazione dell’art. 1, comma 922 della l. n. 208/2005. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche.

ADM avrebbe innestato nella disciplina un principio “eversivo” del sistema e degli interessi delle aziende che operano nel settore.

Infatti la circolare ha consentito, sempre nell’ambito della “sostituzione” degli apparecchi complessivamente in esercizio al termine dell’anno 2015”, anche l’esame di richieste di emissione di n.o.e. che non presentino identità di “concessionario – proprietario – gestore – possessore”.

Tale disciplina, secondo i ricorrenti, avrebbe reso il titolo “astratto”.

Sarebbe in particolare illegittimo assumere che il concessionario possa acquisire nuovi nulla osta in derivazione della “dismissione” e non della “sostituzione” degli apparecchi.

In pratica, verrebbe attribuito ai concessionario un asset comnerciale (nuovi nulla osta) da collocare sul mercato in funzione del conseguimento di un suo maggiore utile.

Inoltre, la circolare avrebbe omessi di valutare che l’apparecchio è la cellula fondamentale delle filiera di gioco sicché non è concepibile una procedura di circolazione dei nulla osta scollegata dai singoli apparecchi.

B. Illegittimità della circolare impugnata atteggiandosi le modalità di sostituzione dei nulla osta ivi disciplinate in termini di compromissione della libertà di iniziativa economica e di scelta del concessionario in violazione dell’art. 41 Cost. e dei principi di cui all’art. 101 del TFUE richiamati nella stessa convenzione di esercizio.

Secondo i ricorrenti il legislatore ha inteso temperare l’introduzione del tetto nel rilascio dei n.o.e. con la libera sostituibilità di quelli in essere esclusivamente in funzione della tutela dell’avviamento commerciale delle aziende che hanno investito nel settore.

La legge avrebbe quindi stabilito che i nulla osta degli apparecchi non sostituiti dovessero essere considerati “esauriti” con conseguente riduzione del numero complessivo degli stessi e, pertanto, riservando la sostituzione soltanto a quelli ancora suscettibili di sfruttamento economico.

Alle imprese del settore sarebbe dunque stata sottratta la libertà di scegliere il concessionario al quale l’operatore deve rivolgersi per avviare nuove macchine.

C. Illegittimità della circolare impugnata per essere stati ivi introdotti profili di espropriazione dell’avviamento commerciale, il cui sacrificio nemmeno risulta funzionale alla tutela di un interesse pubblico superiore (che si esaurisce nell’obbligo di collegamento alla rete).

La circolare avrebbe imposto agli operatori di restare vincolati allo stesso concessionario mentre al concessionario è stato attribuito un nuovo asset commerciale rappresentato dagli apparecchi dismessi e non sostituiti.

In particolare, sarebbe illegittima la creazione di un plafond di nulla osta da assegnare (con l’avviamento ad esso compenetrato) al concessionario.

Si sarebbe in pratica passati da un regime di libera acquisizione dei nulla osta (in cui i concessionari svolgerebbero la funzione di un mero adiectus solutioni causa), all’attribuzione degli stessi ai concessionari.

D. Illegittimità della circolare per esseri a mezzo della stessa attribuita una posizione privilegiata in capo al concessionario in violazione dell’art. 106 TFUE riconoscendo al concessionario il potere di gestire nulla osta non sostitutivi di apparecchi in esercizio mediante assegnazione a nuovi clienti (in tal modo discriminando tra operatori dello stesso segmento commerciale).

Ai concessionari sarebbero stati attribuiti diritti speciali o esclusivi, rispetto ai noleggiatori che operano sullo stesso mercato.

In particolare, la circolare impugnata consente solo ai concessionari la ripartizione dei nulla osta revocato e/o decaduti, senza considerare la posizione dei terzi raccoglitori delle giocate, quale parte essenziale della filiera del gioco, al pari degli stessi concessionari.

L’apparente tutela concorrenziale tra concessionari si risolverebbe, in definitiva, nel pregiudizio dei terzi raccoglitori delle giocate, quali proprietari degli apparecchi sui cono collegati i nulla osta decaduti o revocati.

Si è costituita, per resistere, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Si è costituita anche, con comparsa di stile, la società Admiral Gaming Netwotk.

La difesa erariale ha depositato una relazione di chiarimenti degli uffici, che si può così sintetizzare.

L’Agenzia ha in primo luogo emanato disposizioni atte a consentire il rapido rilascio di nulla osta che restituiscono vincite con pay out inferiore a quello previgente, allo scopo di agevolare gli operatori nel fronteggiare l’aumento del PREU.

Tenuto conto delle previsioni dell’art. 1, comma 922 della legge di stabilità 2016, il rilascio di un titolo autorizzatorio non può che seguire la cessazione di efficacia di un corrispondente titolo autorizzatorio, da realizzarsi mediante la dismissione dell’apparecchio che prevedeva un pay out maggiore.

La procedura straordinaria, individuata con la predetta circolare, ha previsto la possibilità per i concessionari di presentare, con unica istanza, la dichiarazione di dismissione di un certo numero di apparecchi e di richiedere contestualmente il rilascio di un corrispondente numero di n.o.e. assicurando la priorità nella trattazione delle richieste presentate in conformità a questa procedura rispetto ad istanze di altro genere.

In tale ottica è stata prevista quale condizione imprescindibile la contemporanea richiesta di dismissione e di rilascio, in sostituzione di precedenti titoli, e la riferibilità degli stessi al medesimo proprietario/gestore/possessore, senza tuttavia escludere la possibilità di presentare richieste ordinarie.

Dopo ulteriori disposizioni finalizzate a semplificare le procedure di sostituzione, è stata adottata la circolare impugnata che rappresentata l’atto conclusivo dell’attività amministrativa volta ad impartire le istruzioni operative resesi necessaria a seguito delle novità introdotte dalla legge di stabilità 2016.

In attuazione del tetto massimo stabilito dalla leggi di stabilità, la circolare si è limitata a dettare la disciplina delle modalità di “sostituzione”.

In tale quadro, non è ipotizzabile la lamentata “scissione” tra sostituzione del nulla osta e titolarità dell’apparecchio, atteso che ciascun titolo autorizzativo (in cui sono indicati il concessionari cui viene rilasciato e il proprietario/possessore dell’apparecchio che intrattiene un rapporto contrattuale con quel concessionario) è riferito ad uno specifico apparecchio, contraddistinto da un codice identificativo.

Pertanto, il rilascio di un titolo autorizzativo sostitutivo, non può che seguire la cessazione dell’efficacia di un corrispondente titolo, da realizzarsi mediante dismissione dell’apparecchio.

L’amministrazione ricorda poi che, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del d.m. 12.3.2004, il nulla osta per la messa in esercizio è rilasciato esclusivamente ai concessionario (in tal senso, viene richiamata Cass., Sez. Un., ordinanza n. 13330 dell’1.6.2010).

Secondo l’interpretazione data dall’Agenzia, l’intento del legislatore è stato quello di fissare un tetto massimo per il rilascio di nuovi nulla osta, con l’obiettivo di mantenere stabile nel corso dell’anno il numero di nulla osta in esercizio, individuato al 31.12.2015.

L’Agenzia ritiene inoltre che le proprie istruzioni non abbiano inciso sulla libertà di scelta dei gestori, ai quali non viene precluso di migrare da un concessionario ad un altro, alla ricerca di migliori condizioni, sia pure all’interno della soglia massima stabilita.

Secondo le evidenza numeriche disponibili, ad oggi risultano sostituiti più del 75% degli apparecchi giocanti, mentre le quote di mercato dei concessionari sono in continua evoluzione.

Viene ancora sottolineato che i nulla osta relativi ad apparecchi dismessi, ma non sostituiti nei termini fissati, non restano nella disponibilità del singolo concessionario, bensì vengono resi disponibili settimanalmente per tutti e 13 i concessionari, nella proporzione di un tredicesimo ciascuno.

Non sono stati attribuiti ai concessionari diritti speciali e/o esclusivi, diversi da quelli derivanti dal rapporto concessorio in essere.

In vista della pubblica udienza del 22 febbraio 2017, parte ricorrente ha depositato una memoria conclusionale, ribadendo le proprie argomentazioni.

Il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla pubblica udienza del 22.2.2017.

2. E’ controversa la legittimità delle disposizioni con cui l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha disciplinato gli adempimenti conseguenti all’art. 1, comma 922, della l. 28 dicembre 2015, n. 208, c.d. legge di stabilità 2016.

2.1. Giova premettere il quadro normativo di riferimento, principiando dal complesso di disposizioni recate, per il settore di interesse, dalla legge di stabilità 2016, secondo cui:

«La misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, è fissata in misura pari al 17,5 per cento dell’ammontare delle somme giocate, a decorrere dal 1º gennaio 2016. A decorrere dalla stessa data, la percentuale destinata alle vincite (pay-out) è fissata in misura non inferiore al 70 per cento» (art. 1, comma 918);

«A decorrere dal 1º gennaio 2016 è precluso il rilascio di nulla osta per gli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del citato testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, che non siano sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio» (art. comma 922);

«Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è disciplinato il processo di evoluzione tecnologica degli apparecchi di cui all’articolo 110, comma 6, lettera a), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. I nulla osta per gli apparecchi di cui al citato articolo 110, comma 6, lettera a), non possono più essere rilasciati dopo il 31 dicembre 2017; tali apparecchi devono essere dismessi entro il 31 dicembre 2019. A partire dal 1º gennaio 2017 possono essere rilasciati solo nulla osta per apparecchi che consentono il gioco pubblico da ambiente remoto, prevedendo la riduzione proporzionale, in misura non inferiore al 30 per cento, del numero dei nulla osta di esercizio relativi ad apparecchi attivi alla data del 31 luglio 2015, riferibili a ciascun concessionario. Le modalità di tale riduzione, anche tenuto conto della diffusione territoriale degli apparecchi, il costo dei nuovi nulla osta e le modalità, anche rateali, del relativo pagamento sono definiti con il citato decreto ministeriale» (art. 1, comma 943).

2.2. Va altresì ricordato che, nel settore di cui verte, per effetto dell’art. 39, d.l. n. 269 del 30 settembre 2003, conv. in l. 24 novembre 2003, n. 369, è venuta da tempo meno la possibilità di una forma di gestione del gioco diverso da quella telematica, non essendo più prevista la possibilità che, una volta realizzata la “rete”, un soggetto possa aspirare a gestire gli apparecchi in argomento in virtù della sola titolarità del nulla osta di cui all’art. 22 della l. 27 dicembre 2002 n. 289.

Può essere utile richiamare, al riguardo, quanto statuito da questa stessa Sezione (sentenza n. 4296 del 31.5.2005), subito dopo l’entrata in vigore del regolamento di cui al d.m. n. 86 del 12.3.2004, secondo cui «il legislatore primario si è fatto carico di un disegno ampiamente innovativo della regolamentazione del sistema del gioco aggiornando, alla luce delle innovazioni tecnologiche e di costume, alcune norme del testo unico di pubblica sicurezza degli anni ’30.

Nel vecchio sistema, i gestori dei giochi di cui al comma 6 dell’art. 110 del TULPS, acquistavano dai produttori o dagli importatori, gli apparecchi da divertimento ed intrattenimento, ottenevano il nulla osta ministeriale per il riconoscimento che si trattava di giochi leciti, li distribuivano nei pubblici esercizi, ripartivano con i titolari degli stessi i proventi del gioco.

La nuova legge è frutto di un complesso processo legislativo che è giunto alla formulazione definitiva in virtù dell’articolo 39, comma 12, del D.L. n.269 del 30 settembre 2003 che ha radicalmente modificato le modalità del gioco introducendo una gestione telematica degli apparecchi e della gestione del gioco lecito e prevedendo la individuazione, con procedure ad evidenza pubblica, di concessionari delle reti dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato».

La Sezione ha proseguito osservando cha la ratio storica della riserva esclusiva ed originaria a favore dello Stato nel settore di attività economica relativo al gioco (rinvenibile nell’art. 1, del d.l.gs 14 aprile 1948 n.496), «risiede nei rilevanti interessi coinvolti nel gioco, quali le esigenze di contrasto del crimine e, più in generale, di ordine pubblico, di fede pubblica, la necessità di tutela dei giocatori, di controllo di un fenomeno che è suscettibile di coinvolgere flussi cospicui di denaro a volte di provenienza illecita e non a caso le norme sul gioco sono inserite nel TULPS.

Si tratta dunque di una attività che lo Stato ha sempre ritenuto di proprio esclusivo monopolio ex articolo 43 della Carta Costituzionale e sulla quale ha escluso la libertà di iniziativa economica», in quanto trattasi di servizio pubblico suscettibile di concessione in gestione a terzi.

Nello stesso senso la Corte di Cassazione a Sezioni Unite la quale (sentenza n. 23721 del 26.4.2004) «ha messo in evidenza che la finalità perseguita dello Stato è stata sempre quella di canalizzare il gioco in circuiti leciti e controllabili, al fine di prevenire la possibile degenerazione criminale, bruciando il terreno alla criminalità organizzata che da quel fenomeno ha sempre tratto storicamente introiti e nuovi affari illeciti.

L’articolo 22 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 prevedeva che proprio per una più efficace azione di prevenzione e contrasto dell’uso illegale di apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento, nonché per favorire il recupero del fenomeno dell’evasione fiscale, la produzione, l’importazione e la gestione degli apparecchi e congegni da divertimento ed intrattenimento, idonei al gioco lecito, erano soggetti a regime di autorizzazione da parte del Ministero “in attesa del collegamento in rete obbligatorio entro il 31 ottobre 2004 per la gestione telematica degli apparecchi.”

Con la disposizione posta dal richiamato articolo 39 del D.l.vo n.269 del 2003 il legislatore ha previsto la individuazione di uno o più concessionari della rete e che: “Tale rete o reti consentono la gestione telematica, anche mediante apparecchi videoterminali, del gioco lecito”.

Tale disposizione, per quanto sintetica, ha fatto venir meno la possibilità di qualsiasi diversa forma di gestione del gioco lecito, non consentendo la possibilità che, una volta realizzata la rete telematica, un soggetto possa aspirare a gestire gli apparecchi in argomento in virtù della sola titolarità del nulla osta di cui all’articolo 22 della legge 289 del 27 dicembre 2002.

Con l’effetto, che solo al concessionario può essere riconosciuta la possibilità di richiedere l’autorizzazione per la gestione del gioco».

La Sezione ebbe anche ad osservare, all’epoca che «non si tratta di una novità del nostro ordinamento atteso che anche per tutti gli altri giochi leciti viene utilizzato lo strumento della concessione ( cfr. ad es. art.1 legge 2 agosto 1982 n.528), strumento ormai tipico nel sistema dei giochi (Lotto, Superenalotto, Tris, Totocalcio, Gratta e Vinci, tutti affidati in concessione).

Il concessionario agisce come Amministrazione e si sostituisce ad essa assumendo, secondo l’insegnamento della Cassazione penale, la veste di incaricato di pubblico servizio.

D’altro canto è a sua volta controllato dalla P.A. concedente.

Le apparecchiature, che restano di proprietà dei gestori, sono collegate in rete con il nuovo concessionario che ne risponde nei confronti della Amministrazione concedente […]».

I concessionari delle rete telematica sono pertanto, oggi, titolari unici dei nulla osta all’esercizio degli apparecchi di gioco lecito con il compito di assicurare che la rete telematica loro affidata contabilizzi le somme giocate, le vincite ed il prelievo erariale unico, nonché la trasmissione periodica di tali informazioni al sistema centrale (cfr. Cassazione penale, sez. II, 06/12/2013, sentenza n. 51882; Cassazione civile, Sezioni Unite, 01/06/2010, ordinanza n. 13330).

2.3. Le istruzioni oggetto dell’odierna impugnativa – dapprima in via transitoria, e, successivamente, a regime – hanno disciplinato gli adempimenti amministrativi conseguenti all’introduzione del tetto fissato dall’art. 1, comma 922, della legge di stabilita 2016, individuando, in primo luogo, il numero massimo di titoli autorizzativi rilasciabili per l’anno 2016.

Tale tetto, commisurato dalla norma primaria al numero di N.O.E. di apparecchi AWP attivi alla data del 31.12.2015, è stato calcolato dall’Agenzia in 418.210 unità.

L’amministrazione si è in particolare fatta carico, in relazione all’incremento del PREU, della necessità per gli operatori del settore di mettere rapidamente in esercizio gli apparecchi con pay out inferiore al 74%, introducendo una “procedura straordinaria”, a carattere temporaneo, a cui ciascun concessionario ha potuto accedere presentando una richiesta contestuale di dimissione/emissione di N.O.E. sostitutivi.

Nell’ambito di tale procedura è stata prevista, quali condizione imprescindibile «che siano contemporaneamente richiesti la dismissione e il rilascio di nuovi N.O.E. in egual numero e che gli stessi siano riferiti al medesimo proprietario/gestore/possessore».

L’esame delle istruzioni diramate il 18.1.2016 evidenzia, peraltro, che detta procedura straordinaria è consistita semplicemente nella fissazione di un ordine di «assoluta priorità delle richieste di emissione» di N.O.E. sostitutivi di nulla osta di apparecchi in esercizio, e che, comunque, anche in tale “contesto straordinario” è stato ammesso agli operatori di «avvalersi delle consuete procedure disponibili per il “subentro” di un proprietario/possessore/gestore ad un altro, senza alcuna variazione in ordine al concessionario di riferimento o all’apparecchio, nonché delle procedure concordate di trasferimento di apparecchi da un concessionario ad un altro».

A regime, è stato poi esplicitamente stabilito che «al termine della procedura straordinaria, come già preannunciato con la precedente nota n. 4379 del 18 gennaio u.s. gli Uffici gestiranno in ordine cronologico le richieste di emissione di N.O.E.– che presentino o meno identità di concessionario – proprietario/gestore/possessore, anche qualora non siano state concluse in precedenza – sempre nell’ambito della “sostituzione” degli apparecchi complessivamente in esercizio al termine dell’anno 2015, secondo i criteri che seguono [..]».

Con precedente nota del 2.2.2016, l’amministrazione aveva già ulteriormente semplificato la procedura di dismissione/sostituzione «consentendo di procrastinare la riconsegna del dispositivo di controllo e dei titoli autorizzatori successivamente alla presentazione dell’istanza (improrogabilmente entro venti giorni solari a decorrere da tale data)».

E’ stato quindi previsto che «in caso di cessazione di efficacia di N.O.E. per qualunque ragione (dismissione, risoluzione contrattuale, confisca, furto, incendio o cessione all’estero dell’apparecchio, e quant’altro, fatta eccezione per i casi di revoca e decadenza […]) il concessionario deve presentare la comunicazione di dismissione […] nel termine fissato dalla vigenti disposizioni e contestualmente richiedere il rilascio dell’eventuale N.O.E. sostitutivo entro 30 giorni dal termine previsto per la comunicazione di dismissione e, comunque non oltre quaranta giorni dalla “data evento” della predetta dismissione, consegnando la documentazione prevista […].

Nel caso in cui il concessionario non presenti la richiesta di N.O.E. sostitutivi entro il termine sopra indicato […] il numero dei titoli autorizzatori dismessi sarà considerato disponibile, ai sensi del comma 922, per il rilascio, a tutti i concessionari, di N.O.E. sostitutivi, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 3, comma 5, del d.m. 12 marzo 2004, n. 86, con le modalità più avanti illustrate […]. In relazione alle pratiche di dismissione presentate agli Uffici dei monopoli competenti a far data dal 1° gennaio 2016, non accompagnate dalla contestuale richiesta di rilascio di N.O.E. sostitutivi […] i concessionari potranno richiedere il corrispondente rilascio di titoli autorizzatori fino al numero massimo di dismissioni effettuate entro e non oltre il 30 maggio 2016 […]. Nel caso di revoca e decadenza di N.O.E. […] il corrispondente numero di titoli autorizzatori sarà considerato disponibile per il rilascio a tutti i concessionari […] non potendo più essere considerati nella disponibilità del concessionario titolare in quanto revocato o decaduti. […].

Tenuto conto del “tetto” fissato dal comma 922 […] per il rilascio di N.O.E. sostitutivi di quelli revocati o decaduti, è necessario garantire eguali possibilità a tutti i concessionari ed evitare altresì fenomeni distorsivi delle dinamiche concorrenziali. A tal fine il rilascio dei predetti titoli autorizzatori potrà avvenire nel numero massimo di un tredicesimo del numero di N.O.E. disponibili rilevato su base settimanale e comunicato ai concessionari. […].

L’Agenzia effettuerà un attento monitoraggio delle operazioni di gestione dei N.O.E. da parte dei concessionari, in particolare quelle che riguardano un consistente numero di N.O.E. al fine di evitare l’elusione delle disposizioni volte a sottrarre alla disponibilità del mercato N.O.E. altrimenti destinati alla decadenza. […]».

3. Ciò posto, va in primo luogo evidenziato che le imprese ricorrenti non hanno in alcun modo dimostrato l’attitudine lesiva delle disposizioni testé sintetizzate, la quale è da ricondursi, semmai, alla progressiva riduzione dell’offerta di gioco programmata dal legislatore.

Per quanto occorrer possa, pare al Collegio che le disposizioni recate dalla legge di stabilità 2016 si iscrivano pienamente nelle coordinate tracciate nella sentenza n. 56 del 2015, con la quale, con riferimento al settore delle VLT, affine a quello qui in esame, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 79, della legge n. 220 del 2010, in riferimento agli artt. 3, 41, comma primo, e 42, terzo comma, Cost. (tali norme, come noto, hanno previsto l’aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessioni per l’esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici, in modo che i concessionari siano dotati dei nuovi “requisiti” e accettino i nuovi “obblighi” prescritti, rispettivamente, nelle lettere a) e b) del comma 78, e che i contenuti delle convenzioni in essere siano adeguati agli “obblighi” di cui sopra).

Nel caso richiamato, si è posto in particolare in rilievo che «il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., ma non già in termini assoluti ed inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che dà luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico».

Ne consegue che «non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto».

Secondo la Corte «A maggior ragione ciò vale per rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme censurate, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor più, si può aggiungere, ciò deve essere vero, allorché si verta in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore.

Proprio in ragione dell’esigenza di garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato e di padroneggiare i rischi connessi a questo settore, la giurisprudenza europea ha ritenuto legittime restrizioni all’attività (anche contrattuale) di organizzazione e gestione dei giochi pubblici affidati in concessione, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale, quali sono certamente quelli evocati dall’art. 1, comma 77, della legge n. 220 del 2010 (contrasto della diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia; tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e dei consumatori, specie minori d’età; lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore), e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08)».

Con riferimento alla violazione dell’art.41, comma 1, Cost., la Corte ha ricordato di avere costantemente negato che sia «configurabile una lesione della libertà d’iniziativa economica allorché l’apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all’utilità sociale», oltre, ovviamente, alla protezione di valori primari attinenti alla persona umana […] purché, per un verso, l’individuazione dell’utilità sociale «non appaia arbitraria» e, «per altro verso, gli interventi del legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue» (ex plurimis, sentenze n. 247 e n. 152 del 2010; n. 167 del 2009).

Questi principi, secondo la giurisprudenza costituzionale, devono essere osservati anche nella disciplina legislativa di un’attività economica considerata quale pubblico servizio, che è pur sempre espressione del diritto di iniziativa economica garantito dall’art. 41 Cost., con la particolarità che al regime di ogni servizio pubblico è connaturale l’imposizione di controlli e programmi per l’indirizzo dell’attività economica a fini sociali, sicché in tali ipotesi «[…] la individuazione da parte del legislatore dell’utilità sociale può sostanziarsi di valutazioni attinenti alla situazione del mercato» e «può dar luogo ad interventi legislativi tali da condizionare in qualche modo le scelte organizzative delle imprese», sempre che l’individuazione dell’utilità sociale non appaia arbitraria e che gli interventi del legislatore non perseguano l’individuata utilità sociale mediante misure palesemente incongrue, ed in ogni caso che l’intervento legislativo non sia tale da condizionare le scelte imprenditoriali in grado così elevato da indurre la funzionalizzazione dell’attività economica di cui si tratta sacrificandone le opzioni di fondo» (sentenza n. 548 del 1990).

Il contrasto con l’art. 41 Cost. di limiti, vincoli e controlli imposti dal legislatore all’attività del concessionario, anche in costanza del rapporto, non discende dunque dal solo fatto che l’intervento normativo censurato incide, anche in modo rilevante, sull’organizzazione imprenditoriale del concessionario, condizionandone le scelte e i programmi di investimento, ma, in applicazione dei principi espressi dalla giurisprudenza della Corte, perché sussista, richiede che a questi effetti limitativi della libertà d’impresa si accompagni l’arbitraria individuazione dell’utilità sociale perseguita dal legislatore o la palese incongruità delle misure adottate per perseguirla».

Con riguardo all’art. 42 Cost., la Corte ha infine ricordato che «rientra «nell’ambito della tutela della proprietà, accanto alla fattispecie dell’espropriazione formale, il complesso delle situazioni, le quali, pur non concretando un trasferimento totale o parziale di tale diritto, ne svuotino il contenuto» (ex plurimis, sentenze n. 92 del 1982, n. 89 del 1976, n. 55 del 1968). Questo principio, tuttavia, opera esclusivamente nei confronti delle ablazioni reali, cioè di quelle espropriazioni che concernono i beni, con l’imposizione di limiti e vincoli che li svuotino del loro contenuto. Mentre esso non è applicabile alle prestazioni (o ablazioni) obbligatorie (sentenza n. 290 del 1987)».

Le considerazioni testé riportate appaiono traslabili anche al complesso delle disposizioni della legge di stabilità 2016, in quanto:

– dal punto di vista dell’ “affidamento” l’intervento del legislatore si iscrive in un contesto normativo da tempo caratterizzato da esigenze di riordino (cfr., da ultimo, ad esempio, l’art. 14 della legge n. 23 del 2014) in funzione della «tutela della fede, dell’ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica»;

– relativamente ai “fini sociali” perseguiti, essi consistono nel miglioramento della sicurezza pubblica, della tutela dei giocatori e nella razionalizzazione dell’offerta presente sul territorio;

– per quanto concerne le garanzie recate dell’art. 42 Cost., non viene operato né l’esproprio dei beni acquistati ai fini della raccolta del gioco, né, comunque, del patrimonio in essi investito, essendosi il legislatore limitato a rimodulare l’offerta di un settore al quale, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, è connaturato l’intervento pubblico in funzione di indirizzo e tutela tanto degli interessi dei consumatori quanto di quelli erariali.

All’operatore del settore non resta perciò che adattarsi, modulando diversamente la propria capacità di iniziativa economica.

Pare poi al Collegio che, in tale processo, il legislatore si sia attenuto al principio di gradualità e proporzionalità indicato dalla Corte Costituzionale, non imponendo ex abrupto la dismissione degli apparecchi attualmente in uso, bensì attraverso step successivi, destinati a venire a compimento solo nel 2019, e, comunque, affidando alla normazione secondaria la concreta individuazione delle misure necessarie a realizzare il processo di evoluzione tecnologica del settore.

Anche l’innalzamento del PREU – in disparte il fatto che, come già evidenziato, si tratta di un intervento più volte attuato dal legislatore negli ultimi anni – è stato accompagnato, a fini di riequilibrio, ancorché parziale, da una corrispondente riduzione del pay – out.

3.1. Ciò posto, pur dubitando dell’effettivo interesse delle ricorrenti ad impugnare disposizioni di cui non hanno dimostrato la concreta, o, quantomeno, immediata lesività, l’esame delle istruzioni dettate dall’Agenzia, nell’esercizio della sue funzioni di vigilanza e tutela della filiera del gioco lecito, ne evidenzia la conformità all’attuale assetto ordinamentale del settore nonché l’aderenza alla ratio che ispira la norma introdotte dalla legge di stabilità 2016.

Al riguardo, deve in primo luogo evidenziarsi che il legislatore, ai fini del contingentamento dei titoli autorizzativi in esame, non ha dettato criteri diversi e/o ulteriori da quelli ricavabili dalla disciplina che si è in precedenza riportata e che, come si è visto, si incentra sul regime concessorio.

Va pertanto respinto il principale assunto sviluppato dalla ricorrenti, e cioè che il nulla osta di esercizio costituisca una sorta di asset patrimoniale di loro pertinenza

Pare poi al Collegio che, in alcun modo, che le disposizioni dettate dall’Agenzia non siano in grado di incidere, ex se, sulla libertà negoziale dei gestori, né comunque che esse abbiano introdotto principi “eversivi” del settore, operando una sorta di scissione tra titolo autorizzativo e apparecchio da mettere in esercizio.

In primo luogo, la sostituzione dei nulla osta di esercizio che presentino identità di concessionario – proprietario/possessore/gestore, è stata specificamente disciplinata nel contesto della “procedura straordinaria” che ha preceduto le previsioni a regime.

Essa ha portato (secondo i dati forniti dall’Agenzia, nella relazione in atti) alla quasi integrale sostituzione degli apparecchi già autorizzati con quelli abilitati a restituire un pay out inferiore.

Va poi osservato che, anche nell’ipotesi in cui non vi sia contestualità tra “sostituzione” e “dismissione”, non è ipotizzabile la lamentata “scissione” tra sostituzione del nulla osta e titolarità dell’apparecchio, atteso che, come dimostrato nella relazione in atti, ciascun titolo autorizzativo (in cui sono indicati il concessionario cui viene rilasciato e il proprietario/possessore dell’apparecchio che intrattiene un rapporto contrattuale con quel concessionario) è sempre riferito ad uno specifico apparecchio, contraddistinto da un codice identificativo.

Pertanto, il rilascio di un titolo autorizzativo sostitutivo non può che seguire la cessazione dell’efficacia di un corrispondente titolo, da realizzarsi mediante dismissione dell’apparecchio.

Non è poi chiaro come l’Agenzia abbia impedito alle imprese ricorrenti, o comunque a quelle operanti nel settore, di negoziare migliori condizioni contrattuali, ovvero di passare da un concessionario ad un altro.

In primo luogo, la legge di stabilità 2016, all’art 1, comma 922, qui, in rilievo, si è limitata a stabilire un tetto al rilascio dei nulla – osta, precludendo il rilascio di ulteriori autorizzazioni se non in sostituzione di titoli relativi ad apparecchi attivi alla data del 31.12.2015.

La riduzione del numero dei titoli rilasciabili, in rapporto agli apparecchi attivi alla data del 31.7.2015, è invece disciplinata dal successivo comma 943 e la sua attuazione, come già detto, è stata affidata ad un decreto ministeriale non ancora emanato.

L’interpretazione sistematica di tale compendio normativo porta ad escludere che i nulla osta degli apparecchi non immediatamente sostituiti debbano essere considerati “esauriti” con conseguente riduzione del numero complessivo degli stessi.

Le circolari impugnate appaiono dunque legittime nella misura in cui hanno individuato il “tetto” nel numero di apparecchi AWP in esercizi alla data del 31.12.2015 «oltre il quale è precluso il rilascio di ulteriori titoli autorizzatori».

Per quanto poi riguarda quello che le ricorrenti configurano come una sorta di attribuzione al concessionario di un “asset” commerciale, da collocare a suo piacimento, in danno del bene – azienda, pertinente ai gestori, pare al Collegio che esse obliterino il fatto che i concessionari sono responsabili dell’attivazione e della gestione operativa della rete telematica, ragione per cui, come già evidenziato, l’Agenzia “rilascia” il nulla osta per la messa in esercizio deli apparecchi da collegare alla rete esclusivamente ai soggetti affidatari delle concessioni (cfr. l’art. 3, comma 5, del d.m. n. 86/2004).

Ne consegue che, nel caso di specie, ADM non poteva conculcare le valutazioni di questi ultimi in ordine alla necessità di sostituire i titoli autorizzativi relativi agli apparecchi dismessi per le esigenze di funzionamento della rete di cui sono responsabili.

In tale ottica, la previsione di un termine in cui tale facoltà può essere esercitata, nonché la successiva confluenza dei titoli disponibili in una sorta di “basket” necessario a garantire “eguali possibilità a tutti i concessionari” rappresentano, in realtà, misure proconcorrenziali, idonee a stimolare la concorrenza anche tra i gestori grazie alla possibilità di attivare nuovi apparecchi fino alla concorrenza del tetto individuato dal legislatore.

Non è poi condivisibile, a parere del Collego, l’argomentazione secondo cui l’ “apparente” tutela concorrenziale tra concessionari si risolverebbe nel pregiudizio dei terzi raccoglitori delle giocate, quali proprietari degli apparecchi sui sono collegati i nulla osta decaduti o revocati.

L’interpretazione propugnata dalle ricorrenti comporta infatti una evidente “barriera” all’entrata di nuovi operatori del settore della raccolta.

Per quanto riguarda gli operatori già attivi, inoltre, in alcun modo l’amministrazione potrebbe loro garantire l’effettiva messa in esercizio per tutti gli apparecchi in cui decidano di investire.

La possibilità di collegare un apparecchio alla rete telematica dipende infatti dell’esito delle trattative negoziali con i concessionari, e quindi dalla capacità dei gestori di competere sul mercato.

Ne consegue che, a parere del Collegio, la redistribuzione del plafond di titoli autorizzativi disciplinata da ADM, in assenza di contrarie indicazioni normative, costituisce un’equa modalità attuativa conseguente alla riduzione dell’offerta di gioco voluta dal legislatore, non contrastante né con i principi generali della concorrenza né con quelli specifici del settore in esame.

4. In definitiva, per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere respinto.

Appare tuttavia equo, in ragione della novità delle questioni, compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio e gli onorari di difesa.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in premessa, lo respinge.

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