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Stabilità, scontro frontale (e decisivo?) col settore degli apparecchi

Quello che può sorprendere alla lettura dell’art.48 della Legge di Stabilità 2016 – relativamente ai commi inerenti gli apparecchi – è che dopo tanto parlare dell’applicazione del Preu sul residuo

26 Ottobre 2015

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Quello che può sorprendere alla lettura dell’art.48 della Legge di Stabilità 2016 – relativamente ai commi inerenti gli apparecchi – è che dopo tanto parlare dell’applicazione del Preu sul residuo di cassa, la base di riferimento continua ad essere il totale della raccolta, tecnicamente il coin-in.

 

Quando la prima ipotesi andò a prospettarsi in fase di discussione del decreto di attuazione della delega fiscale, si ipotizzavano aliquote Preu del 50% per le slot e del 45% delle Vlt,che pur superando i livelli di prelievo vigenti sarebbero stati ben accetti dalle categorie a condizione che tale aumento assorbisse la famigerata norma dei 500 milioni introdotta dalla Stabilità 2015.

 

Successivamente, nella relazione presentata da Adm al Ministero dell’Economia, è stata ufficialmente proposta la sostituzione di tale prelievo con l’applicazione del Preu sul cassetto nella ragione, per le slot, del 58% per il 2016 e del 59% per il 2017, e per le Vlt rispettivamente del 48% e del 49%. Un modo artificioso quanto grossolano per mascherare il mantenimento di quel pesante balzello, con l’aggiunta di un ulteriore aggravio per la filiera: la sommatoria degli introiti da comma 6A e 6B sarebbe stata di 660 milioni (500+160) nel 2016 e di 746 milioni nel 2017.

 

Ma nel momento in cui – come è oggi – l’abolizione di questa addizionale è cosa tutt’altro che certa, è del tutto evidente che le aliquote del 15% sul coin-in delle slot e del 5,5% sull’incasso lordo delle Vlt, rappresenterebbero un colpo ancora più grave, diciamo pure quello finale, almeno per la parte bassa della filiera, in quanto il livello di tassazione supererebbe la soglia della sostenibilità.

 

Oltre al fatto puramente fiscale, infatti, bisogna tener conto di altri due aspetti dagli effetti devastanti per i conti economici dei gestori. In primo luogo, in senso cronologico, la riduzione “ad intermittenza” degli orari di esercizio delle slot disposta dalle tante ordinanze comunali, che ha prodotto danni ormai non più recuperabili per l’industria. Sappiamo bene, dai dati ADM-Libro Blu, che dalle 410mila macchine in possesso di N.O. di esercizio siamo passati alle 377mila del 2014 e sappiamo anche che su questo non ha minimamente inciso la diminuzione di un punto della percentuale di restituzione (avvenuto a partire dal 1/1/13), in quanto l’esercizio 2013 si è chiuso con livello di vincite pari al 74,9%, mentre nel 2014 questo indice si è ridotto di solo 0,3 punti (74,6%).

Ora, poiché la raccolta slot, fra 2013 e 2014, non ha subito variazioni significative, la deduzione più logica è proprio quella di partenza: che in questi anni il fattore negativo più incidente, e purtroppo ad effetto permanente, sia stato l’azione di contrasto dei Comuni, che strada facendo ha trovato un validissimo sostegno nella campagna stampa sempre più fortemente denigratoria nei confronti del settore, messa in atto dalle entità più disparate.

 

Venendo all’anno corrente, l’introduzione dell’addizionale da 500 milioni ha comportato un’ulteriore, pesante riduzione del parco Awp, stimabile come quota minima al 20%. E per quanto i conseguenti tagli effettuati dagli operatori abbiano naturalmente riguardato apparecchi a bassa redditività, il risultato finale, per ciascun conto economico, è la riduzione del volume d’affari. Nel periodo da gennaio a luglio, infatti, gli apparecchi hanno già perso, alla voce “entrate erariali” (e quindi anche alle altre) il 6,2% rispetto al 2014 (precisiamo che questo è un dato aggregato Awp+Vlt, da cui non è possibile scorporare il dettaglio del comma 6A, che però si presume sia ben più pesante).

 

In sostanza, vogliamo augurarci che l’attuale formulazione dell’art.48 non sia altro che la base di partenza per una discussione che porti ad una più ragionevole definizione del regime fiscale degli apparecchi, tenendo conto che la suddetta addizionale agisce – nel caso in cui dovesse permanere – sull’intero parco macchine e quindi, più il loro numero diminuisce, più aumenta il carico per ogni singolo apparecchio.

Ora, a vantaggio della filiera, potrebbe esserci – come tutti si augurano – una pronuncia positiva del Tar rispetto alle eccezioni di legittimità costituzionale della norma da tutte le concessionarie. Che intanto il Tribunale non abbia concesso la sospensiva (perciò la rata in scadenza a fine ottobre dovrà essere pagata) non deve indurci a pronosticare una sentenza necessariamente negativa. Anzi, vogliamo credere che rispetto ad una violazione così smaccata e gravosa del trattato, che è andata di fatto a modificare le condizioni economiche del bando, per altro all’indomani della firma dei contratti, il Tar non debba avere dubbi sul da farsi.

 

In aggiunta, lo accenniamo soltanto, la norma dei 500 milioni fa riferimento a un “aggio” che in realtà non è contemplato dalla convenzione di concessione – la quale, come tutti sanno, parla semplicemente di “remunerazione” – andando ad alterare lo stesso meccanismo della concessione. Dal 21 ottobre è scattato il count-down dei 30 giorni verso l’emanazione della sentenza: inutile dire che essa, di qualsiasi segno sia (tra il si e il no, vi è anche il rimando alla Corte Costituzionale), avrà certamente degli effetti sulla manovra prevista in Stabilità.

 

Tornando alla stretta attualità e alla questione Preu, a nostro avviso non mancheranno comunque delle spinte per recuperare il principio della tassazione sul margine, perché ciò avrebbe degli effetti oltremodo benefici per il mercato Vlt. Prima di tutto, sul piano finanziario, si verrebbero a ridurre notevolmente, se non ad estinguere, le tipiche situazioni di sofferenza dovute a fasi in cui le vincite pagate sono così elevate da impedire al gestore di stornare dagli incassi la quota Preu. In secondo luogo, il Preu sul cassetto consentirebbe ai terminali comma 6B di concedere maggiore intrattenimento al giocatore, senza che questo lo paghi (come avviene attualmente, visto che il cosiddetto rigioco è parimenti tassato).

 

Non da ultimo, anche alla politica farebbe comodo migrare alla tassazione sul margine, per una pura questione di immagine: quante volte abbiamo sentito e visto speculare sul fatto che gli apparecchi pagano tasse molto più esigue rispetto ad altri giochi, mistificando agli occhi dell’opinione pubblica che, nella fattispecie, la tassa grava sulla raccolta e non sul residuo? Insomma, fa certamente più effetto dire che una slot paga il 58% di tasse che non il 13 o il 15%! Sembrerà una banalità, ma nel clima di “caccia ai mostri e ai fantasmi” che pervade il gioco pubblico italiano, pure un artifizio così banale (diciamo pure sciocco) può avere un effetto positivo (per quanto minimale).

 

 

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