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Rostan (LeU): “Contro Gap, divieto pubblicità misura blanda”

“La materia del gioco d’azzardo va completamente riscritta. Il disturbo da gioco d’azzardo- afferma Michela Rostan del Gruppo LeU -, come è stato opportunamente corretto con uno degli emendamenti approvati

30 Luglio 2018

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“La materia del gioco d’azzardo va completamente riscritta. Il disturbo da gioco d’azzardo- afferma Michela Rostan del Gruppo LeU -, come è stato opportunamente corretto con uno degli emendamenti approvati in Commissione – ed io stessa ne ho presentati diversi in questo senso – è una vera patologia sociale. Bene non chiamarla più “ludopatia”, perché qui il gioco, l’elemento ludico, non esiste, non c’entra nulla. Siamo di fronte ad un insidioso virus sociale, che si insinua nella vita delle persone e la fa esplodere. Il dramma delle famiglie dei malati è assoluto: soldi che spariscono in casa, strozzini che bussano alla porta, banche che premono, risparmi andati in fumo, l’unica casa familiare perduta, gente sfrattata, distrutta da se stessa.

Il livello di devastazione sociale del disturbo da gioco d’azzardo è pari alla tossicodipendenza, ma su slot machine e videolottery, cioè sugli apparecchi che distruggono la vita delle persone, lo Stato ritiene di fare cassa. Facciamo bene attenzione. Qui non è in discussione il diritto al gioco, non è in discussione il diritto al divertimento. Con l’azzardopatia il gioco e il divertimento non c’entrano nulla. Il disturbo da gioco d’azzardo è una spirale autodistruttiva, che configura patologie di carattere medico.

Lo Stato può promuovere il diritto al gioco, può sostenerlo, ma non può sostenere una patologia subdola e distruttiva come l’azzardo. Purtroppo, in questi anni le politiche hanno spinto sull’azzardo, per garantire allo Stato entrate facili e alle società guadagni importanti. Con un volume d’affari di 86 miliardi di euro l’anno, siamo di fatto diventati la più grande sala da gioco d’Europa e del mondo: 56 mila videolottery installate fanno impressione. Nella spirale dell’azzardopatia finiscono oltre un milione e mezzo di italiani l’anno. Le multinazionali del gioco che traggono profitto dalle debolezze dei giocatori si arricchiscono. Lo Stato incassa quasi 10 miliardi l’anno di introiti fiscali e la gente si rovina con una patologia che, tra l’altro, alimenta fenomeni criminali strettamente connessi, come l’usura, lo strozzinaggio e il riciclaggio di denaro sporco.

Di fronte a tutto questo era necessario, da parte del Governo, costruire un piano complessivo, che nel tempo, facendo gradualmente fronte alle mancate entrate fiscali, portasse alla cancellazione di slot machine e videolottery, un testo unico sul gioco d’azzardo, che intervenisse con decisione sulla materia, nella direzione della tutela dei cittadini, soprattutto di quelli più deboli.

Invece, in questo decreto dignità, ci si limita a vietare ogni forma di pubblicità, peraltro in modo differito nel tempo, molto parziale. In sostanza si dice: andate a rovinarvi la vita, fatelo pure, fate quello che vi pare, ma noi facciamo finta di non saperlo, togliamo anche la pubblicità, così il quadro dell’ipocrisia e dell’omertà è completo.

Mi sembra una misura da considerare nella migliore delle ipotesi blanda, insufficiente e inadeguata, rispetto all’enorme portata della questione. Inoltre, con lo stesso provvedimento, si aumentano le tasse, proprie su slot machine e videolottery. Aumentare il prelievo erariale unico spingerà i gestori a tentare di aumentare il volume di affari e porterà più giocatori nelle sale e non meno.

E lo Stato, da una parte, vieta la pubblicità e, dall’altra, pensa di continuare a fare cassa sulla pelle della gente, con una contraddizione stridente, un curioso paradosso che segna, secondo me, una certa confusione politica e anche culturale sul tema, di cui evidentemente non si ha adeguata conoscenza.

L’azzardo in Italia, anche per i volumi d’affari, è una partita ghiotta delle multinazionali, che controllano i concessionari, stritolano i gestori e strutturano una sorta di monopolio, speculando da due lati, quello dei giocatori, vere vittime sacrificali, ed anche quello dei gestori. Le multinazionali sono diventate al tempo stesso proprietari, produttori e gestori. In altre parole, nella lunga filiera del gioco, il danno non si scarica solo sul giocatore fragile, ma anche sul gestore piccolo, che diventa così socialmente ed economicamente debole.

E lo Stato cosa fa? Sta a guardare e conta le entrate, mentre nelle slot suonano le monetine della povera gente, povera gente davvero, perché è dimostrato che più sei indigente più si ha il rischio di cadere nell’inganno dell’azzardo. Un adolescente che vive in una famiglia povera ha sette porte in più una possibilità di diventare da grande giocatore d’azzardo di un adolescente che cresce in una famiglia benestante, lo ha dimostrato una ricerca scientifica di un team di ricerca padovano.

Lo stato di bisogno fa precipitare nell’illusione, e c’è chi lucra. Il “decreto dignità”,- continua Rostan –  su un tema che con la dignità, il rispetto, l’umanità e la tutela delle persone ha molto a che fare, in che misura merita di usare questo termine con le norme annacquate ed inconsistenti che propone? Liberi e Uguali ha portato su questo articolo, in Commissione affari sociali, nelle altre Commissioni di competenza, e porterà anche in Aula, una serie di suoi emendamenti attraverso i quali aveva anche dato inizialmente la disponibilità per un’inversione di tendenza del provvedimento, che, però, ci dispiace dirlo, non è stata recepita, anzi ha trovato di fronte a sé un muro. Alcuni di questi emendamenti riferiti all’articolo 9 sono di fatto stati assorbiti dal testo, come la cancellazione del nome “ludopatia” per indicare invece la patologia dell’azzardo; l’uso della tessera sanitaria per accedere a slot e videolottery, in modo da essere certi di non aprire l’azzardo ai minori. Però ci sono altre proposte che sono in campo secondo noi importanti, anzi importantissime, rispetto alle quali vi chiediamo al riguardo un’attenta riflessione; una su tutte, quella sulle distanze: non vanno collocati, questi apparecchi infernali, in prossimità di luoghi sensibili. Mi riferisco a luoghi dove stazionano più frequentemente categorie che possiamo considerare a rischio, come scuole e case di cura, e non ci devono essere nei dintorni degli sportelli ATM, bancomat, per il prelievo del denaro, perché è evidente che mettere accanto alle slot un bancomat significa allungare una tentazione terribile per il malato di azzardo patia. È inammissibile che strutture imponenti, arredate ad hoc con luci ed atmosfera tipo casinò possano ancora essere presenti vicino a luoghi sensibili come le scuole. I minori, qui, nonostante il divieto, riescono ad entrarci. Allora, solo quando queste macchine infernali verranno messe al bando e sostituite con apparecchi a piccole vincite, veramente il gioco d’azzardo sarà debellato. Per cui, nessuna ipocrisia. Il capitolo delle distanze, certo, delle restrizioni, va naturalmente coordinato con le regioni e con i comuni, ma c’è la necessità di una linea guida nazionale che fissi i paletti e che esista. Dunque limitazioni di orari, limitazioni di distanze, misure che allontanino il giocatore, che lo scoraggino, che lo mettano in guardia rispetto ai pericoli. Non solo, quindi, divieto di pubblicità, ma anche pubblicità progresso, sensibilizzazione, lavoro culturale e preventivo. Bisogna spiegare che videolottery e slot machine non sono giochi, sono malattie. Certo è difficile per lo Stato spiegarlo, se poi ci guadagna 10 miliardi l’anno. Lo Stato stesso ha una forte dipendenza da questi giochi. Ma bisogna lentamente smantellare questa grande contraddizione, questo colossale business sulla pelle della gente, e chiudere anche questa grande ipocrisia, a cominciare dal fatto che si parla di dignità quando, con tutta evidenza, della dignità delle persone nel provvedimento si fatica a trovare traccia. Allora facciamo davvero un “decreto verità”, signor Presidente e signori del Governo, e diciamo le cose come stanno, una volta per tutte”.

 

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