20 Aprile 2024 - 11:29

I confini del divieto di pubblicità indiretta

L’ampio spazio già dedicato dalla testata al divieto di pubblicità non ci scoraggia a tornare sul tema sollecitati dall’incertezza ancora imperante, in attesa che si concluda il procedimento avviato dall’AGCOM

12 Dicembre 2018

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L’ampio spazio già dedicato dalla testata al divieto di pubblicità non ci scoraggia a tornare sul tema sollecitati dall’incertezza ancora imperante, in attesa che si concluda il procedimento avviato dall’AGCOM con la delibera n. 579-18 (questionario sulle modalità attuative dell’art 9 del cd. “Decreto Dignità”), nonché dalla recente pubblicazione della Direttiva Ue 2018/1808 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018 che modifica la Direttiva sui servizi di media audiovisivi 2010/13/UE e contiene espliciti riferimenti al gioco d’azzardo.

 

Prima di soffermarci su alcuni aspetti concreti che attengono al divieto, – scrivono gli avvocati Chiara Sambaldi e Andrea Strata – con riguardo alla cornice nazionale, merita segnalare una pronuncia resa dal Tar del Lazio in ordine alla estensione al settore dei tabacchi delle procedure di rimozione dai siti web dell’offerta di gioco in difetto di titolo autorizzatorio o abilitativo (sentenza n. 9772 del 5 ottobre 2018).

 

Nel caso di specie le società di commercializzazione in via telematica di sigarette elettroniche e liquidi vaporizzabili contenenti o meno nicotina, hanno sostenuto l’assimilazione dal punto di vista della pericolosità per la salute umana, del gioco rispetto alle sigarette elettroniche. Il fine era quello di rilevare l’irragionevolezza della scelta del legislatore di vietare (a differenza di quanto previsto per i giochi) la commercializzazione online (a distanza) di tutti i prodotti da fumo incluse le sigarette elettroniche (art. 1, commi 75 lett. A), 76 Legge 27 dicembre 2017 n. 205)

 

L’obbligo di commercializzazione mediante rivendite autorizzate (esclusa, quindi, la modalità on line) è stato esteso a tutti i prodotti del fumo elettronico contenenti o meno nicotina, ad eccezione dei dispositivi meccanici ed elettronici comprese le parti di ricambio.

 


Decreto Dignità. L’Agcom avvia consultazione per l’attuazione del divieto alla pubblicità dei giochi


 

Il giudice amministrativo ha evidenziato la ragionevolezza della scelta del legislatore di prendere in considerazione la pericolosità delle sigarette elettroniche in rapporto al potenziale pregiudizio per la salute della dipendenza da fumo, ritenendo tale dipendenza più grave rispetto alla cd. “ludopatia” ed introducendo conseguentemente, regole più restrittive per la vendita dei prodotti del fumo elettronico rispetto a quelle dettate per l’offerta di giochi.

 

Il divieto totale di pubblicità introdotto dal Governo in materia di giochi (da tempo vigente per i prodotti da tabacco) non riesce, quindi, a collocarsi in modo coerente nel quadro normativo di riferimento, anzi sembra contrastare con i cardini della disciplina nazionale vigente, in particolare laddove la stessa consente la commercializzazione a distanza dei giochi con vincita in denaro.

 

Passando alla cornice europea, – proseguono i legali – la recente Direttiva 2018/1808 offre interessanti spunti di riflessione laddove, con riferimento al gioco d’azzardo, si preoccupa in primis della tutela della libera prestazione dei servizi sancita nel Trattato. In questa direzione si pone il passaggio del considerando n. 10 laddove si legge testualmente al terzo capoverso: “Le misure adottate da uno Stato membro per attuare il proprio regime nazionale in materia di tutela dei consumatori, anche per quanto concerne la pubblicità del gioco d’azzardo, dovrebbero essere giustificate, proporzionate all’obiettivo perseguito e necessarie ai sensi della giurisprudenza della Corte.”

 

È quindi ribadito, ma non ve ne era bisogno, che il divieto di pubblicità non si sottrae al vaglio di verifica dei requisiti di necessità, adeguatezza e proporzionalità.

 

Sorgono allora spontanee alcune domande: se il gioco non è nocivo o rischioso per la salute come il tabacco perché si è introdotto un divieto totale di pubblicità? Tale divieto è coerente con la scelta del legislatore di autorizzare la commercializzazione a distanza di giochi? Tale divieto è proporzionato rispetto alla finalità di contrasto della dipendenza da gioco alla luce dei dati scientifici nazionali sulla diffusione della dipendenza? Il legislatore nazionale persegue effettivamente una politica di riduzione del rischio della diffusione della dipendenza da gioco?

 

Dalla Direttiva citata emerge in verità che il settore in oggetto, dal punto di vista della tutela dei consumatori, non viene assimilato ai settori connotati da maggior rischiosità per la salute, in ottica comunicazionale e promozionale (tabacco, bevande alcoliche, farmaci, cibi contenenti sostanze potenzialmente nocive se consumate in eccesso).

 

Al considerando n. 30 si afferma che “È importante tutelare efficacemente i minori dall’esposizione a comunicazioni commerciali audiovisive connesse alla promozione del gioco d’azzardo. In tale contesto, a livello dell’Unione e nazionale, esistono vari regimi di autoregolamentazione o di coregolamentazione intesi a promuovere il gioco d’azzardo responsabile, anche nelle comunicazioni commerciali audiovisive”.

 

Risulta, quindi, con sufficiente chiarezza che nella materia in oggetto, fermi i principi contenuti nella raccomandazione della Commissione 2014/478/Ue (per la tutela dei consumatori e degli utenti dei servizi di gioco d’azzardo online e per la prevenzione dell’accesso dei minori ai giochi d’azzardo online), l’esigenza che emerge, ad oggi, come prioritaria è quella di tutelare le libertà Ue e facilitare un consumo responsabile di gioco d’azzardo.

 

Passando ai profili pratici e al tentativo di individuare i confini del divieto di pubblicità indiretta, contenuto nel “Decreto Dignità”, in mancanza di una definizione codificata e di previsioni applicative di dettaglio (in attesa che si concluda il procedimento avviato dall’AGCOM), risulta arduo, allo stato, poter prescindere da una valutazione sistematica della ratio della disciplina e dal contesto normativo, sopra descritto, in cui il divieto introdotto si pone.

 

Non appare condivisibile e plausibile che il divieto di pubblicità possa intendersi esteso sino ad includere ogni attività di comunicazione identificativa, senza contenuto promozionale, necessaria per la distinzione del gioco legale da quello illegale e finalizzata a diffondere presso il pubblico degli utenti la denominazione e il marchio degli operatori legali ed autorizzati.

 

La promozione dell’azienda e dell’immagine aziendale rientra nel cd. corporate adevertising, è una comunicazione strategica e va distinta dalla promozione dei prodotti e dei servizi offerti dall’azienda stessa, specie quando chiaramente indirizzata a valorizzare la qualifica di operatore legale e migliorare la reputazione aziendale, fortemente compromessa nel contesto mediatico e di mercato in cui le aziende del settore si muovono.

 

Ne deriva che il marchio aziendale, a parere di chi scrive, seppur in attesa delle prescrizioni dell’Agcom, che è prudenziale attendere per la prossimità della loro pubblicazione, potrebbe essere utilizzato unitamente al logo “gioco sicuro e responsabile” dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, al di fuori delle sedi in cui è offerto il gioco, anche associato, per ipotesi, a servizi all’utenza di natura diversa dal gioco stesso, che evochino i valori di legalità e responsabilità in ambito sociale, ambientale e culturale.

 

Nel concreto, si ritiene che una società di gioco ben possa creare delle sinergie strategiche con aziende di altri settori, per sviluppare idee di reciproco interesse, sempre nel rispetto dei parametri indicati dall’Europa. Per fare un esempio pratico, una società di gioco potrebbe concedere i propri spazi all’interno delle sale per svolgere una mostra culturale, artistica o l’inaugurazione di un libro, senza che tutto ciò possa essere ritenuto, a parere di scrive, “pubblicità indiretta” al gioco, come tale vietata dal “Decreto Dignità”.

 

In favore di tale prospettazione, anche in ottica contenziosa, – concludono Sambaldi e Strata – soccorre quanto rilevato in apertura del presente articolo, vale a dire il necessario inquadramento della materia nella cornice eurounitaria che seppur carente di una direttiva specifica è costituita dai principi fondamentali contenuti nel Trattato interpretati dal Giudice dell’Unione, come ricordato dalla recente Direttiva 2018/1808 del 14 novembre 2018.

 

 

 

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