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Divieto pubblicità. Servizio Studi del Parlamento: “Valutare l’opportunità di salvare la normativa vigente”

“Si valuti l’opportunità di riconsiderare la clausola di salvezza della normativa vigente a fronte dell’introduzione di un generale divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta e comunque effettuata su

16 Luglio 2018

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“Si valuti l’opportunità di riconsiderare la clausola di salvezza della normativa vigente a fronte dell’introduzione di un generale divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta e comunque effettuata su qualunque mezzo.”

Lo affermano i Tecnici del Servizio Studi del Parlamento nella relazione tecnica realizzata al Decreto dignità.

 

L’articolo 9, facendo salve le restrizioni già introdotte dal legislatore, vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, comunque effettuata e su qualunque mezzo; per i contratti di pubblicità in corso al 14 luglio 2018 si prevede che continui ad applicarsi la normativa previgente, fino alla loro scadenza, e comunque per non oltre un anno dalla medesima data. La disposizione, a partire dal 1° gennaio 2019, estende il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse anche alle sponsorizzazioni.

La violazione dei divieti comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore a 50 mila euro per ogni violazione. Viene innalzata, infine, la misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi idonei per il gioco lecito per provvedere agli oneri derivanti dall’articolo.

 

Riportiamo per completezza la relazione integrale del Servizio Studi di Camera e Senato.

 

 

L’articolo 9, facendo salve le restrizioni già introdotte dal legislatore, vieta qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse, comunque effettuata e su qualunque mezzo; per i contratti di pubblicità in corso al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame) si prevede che continui ad applicarsi la normativa previgente, fino alla loro scadenza, e comunque per non oltre un anno dalla medesima data. La disposizione, a partire dal 1° gennaio 2019, estende il divieto di pubblicizzare giochi e scommesse anche alle sponsorizzazioni. La violazione dei divieti comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore a 50 mila euro per ogni violazione. Viene innalzata, infine, la misura del prelievo erariale unico sugli apparecchi idonei per il gioco lecito per provvedere agli oneri derivanti dall’articolo.

 

L’articolo 9, al comma 1, introduce il divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, che riguardi giochi o scommesse con vincite di denaro, in qualsiasi modo effettuata e su qualunque mezzo, incluse le manifestazioni sportive, culturali e artistiche, le trasmissioni televisive o radiofoniche, la stampa quotidiana e periodica, le pubblicazioni in genere, le affissioni e internet.

 

Questo divieto, a carattere generale, si affianca alle restrizioni già introdotte dal legislatore alla pubblicità di giochi e scommesse, che vengono espressamente fatte salve. Si tratta in particolare: della disciplina che vieta i messaggi pubblicitari concernenti il gioco con vincite in denaro nelle trasmissioni televisive e radiofoniche e nelle pubblicazioni rivolte ai minori (art. 7, comma 4, D.L. n. 158 del 2012, c.d. decreto Balduzzi);

Sono inoltre vietati i messaggi pubblicitari di giochi con vincite in denaro su giornali, riviste, pubblicazioni, durante trasmissioni televisive e radiofoniche, rappresentazioni cinematografiche e teatrali, nonché via internet, che incitano al gioco ovvero ne esaltano la sua pratica, ovvero che hanno al loro interno dei minori, ovvero che non avvertono del rischio di dipendenza dalla pratica del gioco. La pubblicità dei giochi che prevedono vincite in denaro deve riportare in modo chiaramente visibile la percentuale di probabilità di vincita che il soggetto ha nel singolo gioco pubblicizzato
della disciplina che impone formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita, sui tagliandi dei giochi, sulle slot machine e sulle videolottery (art. 7, comma 5, D.L. n. 158 del 2012, c.d. decreto Balduzzi);

della disciplina che, presupponendo la legittimità della pubblicità di giochi e scommesse, ne vieta specifiche modalità: ad esempio, vieta la pubblicità che incoraggia il gioco eccessivo o incontrollato, che nega che il gioco possa comportare dei rischi, che omette di rendere esplicite le modalità e le condizioni per la fruizione di incentivi o bonus, che presenta o suggerisce che il gioco sia un modo per risolvere problemi finanziari o personali, ovvero che costituisca una fonte di guadagno o di sostentamento alternativa al lavoro, che induce a ritenere che l’esperienza o l’abilità del giocatore permetta di ridurre o eliminare l’incertezza della vincita, che si rivolge o fa riferimento ai minori, che rappresenta l’astensione dal gioco come un valore negativo, che fa riferimento a servizi di credito al consumo immediatamente utilizzabili ai fini del gioco (art. 1, comma 938 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016);
della disciplina che vieta la pubblicità di giochi con vincita in denaro nelle trasmissioni c.d. generaliste, nella fascia oraria dalle 7 alle 22 di ogni giorno (art. 1, comma 939 della legge n. 208 del 2015, legge di stabilità 2016).
Sono esclusi dal divieto i media specializzati, nonché le lotterie nazionali a estrazione differita, le sponsorizzazioni nei settori della cultura, della ricerca, dello sport, della sanità e dell’assistenza. Con il D.M. 19 luglio 2016 sono stati individuati i media specializzati ai fini della pubblicità di giochi con vincite in denaro.

 

Si ricorda infine che le norme introdotte dalla predetta legge di stabilità 2016 (commi 937-940) demandano a un decreto ministeriale (non emanato) l’attuazione ai principi previsti dalla Raccomandazione della Commissione europea 2014/478/UE la quale incoraggia gli Stati membri a realizzare un livello elevato di protezione per i consumatori, gli utenti e i minori grazie all’adozione di principi relativi ai servizi di gioco d’azzardo on-line e alla correlata attività di pubblicità e sponsorizzazione. Detti principi mirano a salvaguardare la salute e a ridurre al minimo gli eventuali danni economici che possono derivare dal gioco d’azzardo eccessivo o compulsivo.

 

Si valuti l’opportunità di riconsiderare la clausola di salvezza della normativa vigente a fronte dell’introduzione di un generale divieto di qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta e comunque effettuata su qualunque mezzo.

 

La normativa vigente, che il decreto-legge fa espressamente salva («fermo restando quanto previsto….»), infatti, nel presupporre la liceità del messaggio pubblicitario di giochi e scommesse non appare compatibile con il divieto generale introdotto dal decreto-legge.

Per i contratti di pubblicità in corso al 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del decreto-legge in esame), continua ad applicarsi la normativa previgente (c.d. decreto Balduzzi e legge di stabilità 2016) fino alla loro scadenza, e comunque per non oltre un anno dalla medesima data, procrastinando dunque l’efficacia del divieto fino a tale data (comma 5).

 

A partire 1° gennaio dal 2019, inoltre, il divieto si estende anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni, programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale, comprese le citazioni visive e acustiche, e la sovraimpressione del nome, marchio, simboli, attività o prodotti. Sono esclusi dal divieto le lotterie nazionali a estrazione differita, le manifestazioni di sorte locali, lotterie, tombole e pesche o banchi di beneficenza (di cui all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 2001, n. 430), e i loghi sul gioco sicuro e responsabile dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Il comma 2 dell’articolo 9 introduce sanzioni amministrative pecuniarie a carico del committente della pubblicità, del proprietario del mezzo o del sito di diffusione o di destinazione e dell’organizzatore della manifestazione, dell’evento o dell’attività, che violino i divieti del comma 1. A tali soggetti si applica la sanzione pecuniaria del pagamento di una somma pari al 5% del valore della sponsorizzazione o della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore, per ogni violazione, a 50 mila euro.

Anche nella previsione di sanzioni amministrative, il decreto-legge fa salva la normativa vigente di cui al citato D.L. n. 158/2012 (articolo 7, comma 6), in base alla quale il committente del messaggio pubblicitario del gioco con vincite in denaro rivolte ai minori e il proprietario del mezzo con cui il medesimo messaggio pubblicitario è diffuso vengono sanzionati entrambi con una sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 mila euro. Analoga sanzione si applica per la violazione delle disposizioni introdotte dalla legge di stabilità 2016 relative a caratteristiche del messaggio e fasce orarie di trasmissione (ex art. 1, comma 940, legge n. 208/2015). L’inosservanza dell’inserimento di formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, invece, dà luogo all’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50 mila euro, irrogata nei confronti del concessionario.

 

Dalla clausola che fa salve le sanzioni amministrative previste dal Decreto Balduzzi, deriva che la violazione della disciplina sui messaggi pubblicitari rivolti ai minori (sanzionata con il pagamento di una somma da 100 a 500 mila euro) configura, con l’entrata in vigore del decreto-legge, anche una violazione del generale divieto di pubblicizzare giochi e scommesse (sanzionata con il pagamento di una somma pari al 5% del valore della pubblicità e, in ogni caso, non inferiore, per ogni violazione, a 50 mila euro), con conseguente cumulo giuridico di sanzioni. In merito, l’articolo 8 della legge n. 689 del 1981, espressamente richiamata dalla disposizione in commento, stabilisce al comma 1
che «salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un’azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo».

La previsione al comma 2 di una sanzione amministrativa calcolata in misura percentuale rispetto al valore della sponsorizzazione o della pubblicità rende impossibile individuare in astratto quale sia – tra l’art. 7, co. 6, del D.L. 158/2012 e l’art. 9 in commento – la violazione più grave.

 

Il comma 3 individua nell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni l’autorità competente alla contestazione e alla irrogazione delle predette sanzioni amministrative, ai sensi della legge n. 689 del 1981.
In base alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), l’applicazione della sanzione avviene secondo il seguente procedimento:
– accertamento, contestazione-notifica al trasgressore;
– pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa;
– archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento da parte dell’autorità amministrativa;
– eventuale opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale); accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);
– eventuale esecuzione forzata per la riscossione delle somme.

Dal punto di vista del procedimento, occorre innanzitutto che la violazione sia accertata dagli organi di controllo competenti o dalla polizia giudiziaria (art. 13). La violazione deve essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 giorni (art. 14); entro i successivi 60 giorni l’autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16). In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all’autorità competente; quest’ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l’ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (cd. ordinanza-ingiunzione, art. 18). Entro 30 giorni dalla sua notificazione l’interessato può presentare opposizione all’ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso all’autorità giudiziaria competente (art. 22, 22-bis). In base all’art. 6 del decreto-legislativo 150/2011, l’autorità giudiziaria competente sulla citata opposizione è il tribunale. L’esecuzione dell’ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un’ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento. Il giudice ha piena facoltà sull’atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito. In caso di condizioni economiche disagiate del trasgressore, l’autorità che ha applicato la sanzione può concedere la rateazione del pagamento (art. 26) Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).

 

Il comma 4 destina le risorse provenienti dalle sanzioni amministrative comminate in base ai commi precedenti, all’apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero della salute, finalizzate ad incrementare il Fondo per il contrasto al gioco d’azzardo patologico istituto in base alle norme della legge di stabilità per il 2016.

Per contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo patologico, a partire dal 2015, sono state stanziate quote nell’ambito delle risorse destinate al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, pari a 50 milioni di euro dalla legge di stabilità 2015 (comma 133, art. 1, Legge n. 190/2014), riservandone una parte, nel limite di 1 milione per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, alla sperimentazione di software per monitorare il comportamento del giocatore e generare messaggi di allerta. Era previsto il riparto annuale della quota alle regioni e alle province autonome all’atto dell’assegnazione delle risorse ad esse spettanti a titolo di finanziamento del fabbisogno sanitario standard regionale, con verifica dell’effettiva destinazione delle risorse e delle relative attività assistenziali che costituiva adempimento ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del SSN nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA. Contestualmente, veniva trasferito dall’Agenzia delle dogane al Ministero della salute il già costituito Osservatorio per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave.

Dal 2016, la legge di stabilità 208/2015 (art. 1, commi 918-946 e 948), nell’ambito di numerose disposizioni in materia di giochi ha poi istituito presso il Ministero della salute (cap. 4386, Missione Tutela della salute (20), programma Prevenzione e promozione della salute umana (20.1)) un apposito fondo per il gioco d’azzardo patologico (GAP) con dotazione propria di 50 milioni di euro annui, a decorrere dal 2016, finalizzato a garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da ludopatia, in base alla definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità. La somma è ripartita in ragione delle quote di accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato:
– per il 2016, tali quote sono state individuate con l’Intesa del 14 aprile 2016 in sede di Conferenza Stato-regioni e province autonome (qui il successivo decreto di riparto del 6 ottobre 2016);
– per il 2017, non essendo stata raggiunta la prescritta Intesa, a causa della mancata attivazione del flusso informativo per la rilevazione dell’utenza con gioco d’azzardo patologico, si è convenuto di ripartire le quote in ragione delle percentuali d’accesso al finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard del 2016 (qui il decreto di riparto 2017). Tale quota è stata tuttavia decurtata dell’accantonamento di 5 milioni effettuato in ottemperanza alla nota MEF del 27 ottobre 2017 con la quale si applicano le riduzioni delle dotazioni finanziarie previste dal D.L. n. 148/2017 (art. 20, comma 5, lett. a)).

 

Il comma 6, introduce una norma di copertura finanziaria.

La misura del prelievo erariale unico (PREU) sugli apparecchi idonei per il gioco lecito (articolo 110, comma 6 lettere a) e b) del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), vale a dire quelli dotati di attestato di conformità rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e obbligatoriamente collegati alla rete telematica, slot machine, e quelli facenti parte della rete telematica che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa, videolottery, è fissata rispettivamente nel 19,25 per cento e nel 6,25 per cento dell’ammontare delle somme giocate a decorrere dal 1 ° settembre 2018, e nel 19,5 per cento e nel 6,5 per cento a decorrere dal 1 ° maggio 2019.

 

Precedentemente, l’articolo 6, del decreto legge del 24 aprile 2017, n. 50, aveva fissato la misura del prelievo erariale unico rispettivamente per gli apparecchi slot machine e videolottery al 19 e al 6 per cento dell’ammontare delle somme giocate.

 

Nel comma 7, si prevede che agli oneri derivanti dai divieti di cui al comma 1, pari a 147 milioni di euro per l’anno 2019 e 198 milioni a decorrere dall’anno 2020, si provveda mediante quota parte delle maggiori entrate derivanti dalla misura del PREU sugli apparecchi idonei per il gioco lecito, stabilita al comma precedente.

 

 

 

Le relative coperture finanziarie sono reperite come segue: quanto a 4,5 milioni per l’anno 2018, a 42,5 milioni di euro per l’anno 2019, a 2 milioni di euro per l’anno 2020 e a 36 milioni di euro a decorrere dall’anno 2021, mediante quota parte delle maggiori entrate di cui all’articolo 9, comma 6.

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