29 Marzo 2024 - 09:56

Corte di Cassazione: “La ludopatia non va assimilata alla tossicodipendenza e non è alla base di comportamenti devianti”

La ludopatia non va assimilata alla tossicodipendenza e non è alla base di comportamenti devianti di un soggetto. Lo ha dichiarato la Corte di Cassazione intervenendo nel ricorso presentato contro 

12 Gennaio 2018

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La ludopatia non va assimilata alla tossicodipendenza e non è alla base di comportamenti devianti di un soggetto.

Lo ha dichiarato la Corte di Cassazione intervenendo nel ricorso presentato contro  l’ordinanza del Tribunale di Bari emessa nei confronti di un soggetto colpevole di furto.

Per la Corte, “la necessità di procurarsi il denaro per pagare i debiti di gioco, contratti nel contesto del suo documentato stato di ludopatia non era indicativa della unicità del disegno criminoso, inteso come rappresentazione degli elementi essenziali dell’illecito che si sarebbe successivamente commesso già al momento della realizzazione del primo reato, esprimendo al contrario uno stile di vita delinquenziale, né implicando la scelta di pagare i debiti di gioco con i proventi di reati la predeterminazione a grandi linee dei reati in oggetto.

 

Come ricorda la Cassazione: “La legge Balduzzi del 2012 ha introdotto un programma di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza ‘con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da ludopatia, intesa come patologia che caratterizza i soggetti affetti da sindrome da gioco con vincita in denaro, così come definita dalla Organizzazione mondiale della sanità (G.A.P.)’, la ludopatia, pur potendo avere in comune con la tossicodipendenza la dipendenza dal gioco d’azzardo, non diversamente peraltro da altre situazioni che creano dipendenza come il tabagismo, l’alcolismo e la cleptomania, affonda le proprie radici in aspetti della psiche del soggetto e non presenta, al momento attuale, quegli aspetti di danno, che l’esperienza ha dimostrato essere alla base dei comportamenti devianti cui, nell’ambito della discrezionalità legislativa, la modifica normativa sopra indicata ha inteso porre un rimedio», pervenendosi al rilievo conclusivo che «in definitiva, l’estensione dei livelli di assistenza alle persone affette da ludopatia non ne ha comportato l’assimilazione alla tossicodipendenza, né consente, per la differenza che si riscontra tra le situazioni di base, il ricorso all’analogia».

 

“La necessità di procurarsi denaro per pagare i debiti da gioco – conclude -, indicata come movente dei comportamenti illeciti del ricorrente, non è dimostrativa sul piano giuridico della riconducibilità degli stessi a un’unica ideazione criminosa posta a base di un originario e unitario programma criminoso, esprimendo piuttosto la inclinazione criminosa del medesimo in termini di scelta di vita ispirate alla sistematica consumazione di illeciti, non predeterminati nelle loro linee essenziali, per reperire, sussistendone l’occasione o l’opportunità, denaro/provvista economica”.

 

 

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